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18/09/2025 06:00:00

Birgi e gli F-35: polemiche, opportunità e timori per il futuro della Sicilia Occientale

 Dopo decenni in cui il 37° Stormo di Birgi ha ospitato prima gli F-104, poi gli F-16 e attualmente gli Eurofighter Typhoon, lo scalo militare diventerà la sede del secondo polo globale di addestramento per i caccia F-35, gemello della Luke Air Force Base in Arizona. Una scelta che riporta la Sicilia occidentale al centro di scenari militari internazionali e che apre un dibattito acceso: tra chi intravede nuove opportunità di crescita economica e chi, invece, teme un ritorno alla militarizzazione, con gravi ripercussioni sul turismo e sull’immagine stessa del territorio. I dubbi che in tanti si pongono riguardano la convivenza con l'aeroporto Civile Vincenzo Florio.

 

Una decisione calata dall'alto

L’annuncio è arrivato dal presidente della Commissione Difesa della Camera, Nino Minardo, ma la decisione sarebbe stata assunta già da tempo tra NATO, Stati Uniti e governo italiano. A far discutere, però, è il metodo: un progetto di questa portata non è stato oggetto di alcun dibattito pubblico né di condivisione con le istituzioni regionali e tantomeno locali. Un atto politico imposto dall’alto, senza ascoltare le esigenze del territorio. Le accuse si concentrano sul governo guidato da Giorgia Meloni, che ancora una volta avrebbe scelto di assecondare senza obiezioni le linee strategiche di Washington e del presidente Donald Trump. Senza alcuno spazio di confronto la provincia di Trapani si ritrova di fatto a subire questa decisione non di poco conto per il suo territorio.

 

Quello che si sa del progetto

Si sa ancora poco di cosa accadrà nella base che vedrà un raddoppio del personale impiegato, passando dagli attuali 2.000 a circa 4.000 tra militari, tecnici e addetti ai servizi. Si tratterà di una vera e propria cittadella internazionale. L’investimento previsto dovrebbe aggirarsi intorno ai 200 milioni di euro. Una parte dei fondi sarà destinata esclusivamente alle infrastrutture della base, ma ci saranno inevitabili ricadute anche sul settore civile: il rifacimento della pista dell’aeroporto Vincenzo Florio, ferma a quarant’anni fa, è uno degli interventi più attesi. «I lavori comporteranno la chiusura dello scalo – ha spiegato Salvatore Ombra, presidente di Airgest – ma solo in bassa stagione e per il tempo strettamente necessario».

 

 

Trapani vince il ballottaggio con Sigonella

La scelta di Birgi è ricaduta sul fatto che, a differenza di Sigonella, può contare sulla presenza di un aeroporto civile internazionale, considerato un valore aggiunto per agevolare gli spostamenti del personale e delle famiglie. «Questo ha fatto la differenza – conferma Ombra – ed è anche un’opportunità di sviluppo per il territorio, perché migliorerà le infrastrutture e potrà avere ricadute positive sull’indotto locale».

Dall’Aeronautica Militare, in attesa di dichiarazioni ufficiali, arrivano rassicurazioni: le esercitazioni dovrebbero svolgersi prevalentemente sul mare, lontano dai centri abitati, per ridurre al minimo le interferenze con i voli civili. Ma il timore che la convivenza tra traffico civile e militare possa diventare problematica resta forte.

 

Turismo in bilico?

Uno dei fronti più sensibili è quello turistico. Rosalia D’Alì, assessora a Trapani e presidente del Distretto Turistico della Sicilia Occidentale, non nasconde la propria apprensione: «Siamo di fronte a un disegno pesante che riguarda il nostro territorio e siamo molto preoccupati. In questi anni abbiamo lavorato con impegno per far conoscere Trapani e la Sicilia occidentale come destinazione turistica di qualità, cercando di superare l’immagine legata soltanto alla presenza militare. Avvisaglie di un ritorno alla militarizzazione c’erano già state quando la Difesa ha messo il veto su alcune aree vicino Trapani. Non dimentichiamo che durante la guerra in Libia abbiamo pagato un prezzo altissimo, con l’aeroporto che di fatto venne sottratto ai passeggeri civili».

Il timore è che gli sforzi degli ultimi anni vengano vanificati e che la provincia torni a essere percepita come una zona militare, più vicina agli scenari di guerra che a quelli del turismo internazionale.

 

Le voci della società civile: pacifismo e denuncia

Le preoccupazioni non arrivano soltanto dal mondo delle istituzioni e del turismo, ma anche dalla società civile e dai movimenti pacifisti. Corrado Carpinteri, tra i più attivi pacifisti trapanesi, ha usato parole durissime: «Siamo arrivati sull’orlo del baratro. Da un lato piangiamo per le vittime dei conflitti in corso, dall’altro lato incentiviamo nuove guerre e nuovi massacri. Non possiamo continuare su questa strada, bisogna prendere coscienza del fatto che militarizzare il territorio significa partecipare a questo meccanismo di morte. Noi crediamo che non ci sia altra via se non quella del disarmo totale. L’unica alternativa è una pace vera, non la pace armata».

Sulla stessa linea anche Gianluca Fiusco, rappresentante della comunità della Chiesa Valdese, che sottolinea come la vicenda di Birgi non sia un fatto locale, ma un segnale globale: «Trapani torna a essere centrale in uno scenario di guerra, e questo significa rinunciare a 75 anni di pace costruiti dopo la Seconda guerra mondiale. Dobbiamo difendere il nostro territorio e il suo valore simbolico. I politici amano dire che la provincia di Trapani è la culla di pace al centro del Mediterraneo, ma di fronte a decisioni come questa rimangono inerti, e purtroppo anche la comunità trapanese spesso rimane in silenzio».

A queste voci si aggiunge quella di Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans, che ha commentato con ironia amara: «Gli F-35 sono macchine mortali, non ambulanze. È paradossale che Trapani e la sua comunità vengano consegnati alla guerra, mentre le nostre navi che salvano vite in mare vengono fermate nei porti. Spesso soccorriamo proprio i profughi che quelle stesse guerre producono: c’è un filo diretto tra le bombe e le persone che fuggono. Eppure, chi investe nella guerra viene premiato, chi salva viene punito».

 

Antonio Parrinello: "Impossibile la convivenza tra base per gli F35 a Birgi e l'aeroporto civile" 

 Parrinello, Ex Direttore del Parco Nazionale dell’Isola di Pantelleria, con una lettera aperta ai sindaci del trapanese, al presidente del Libero Consorzio e ai deputati locali lancia l'allarme sulla questione Birgi. "L'aeroporto non è soltanto una pista militare - afferma  -  ma è la porta di accesso della Sicilia occidentale, un presidio vitale per il diritto alla mobilità dei cittadini e un motore indispensabile per il turismo e l’economia agricola. Non possiamo consentire che il suo ruolo venga ridotto esclusivamente a funzione militare, oscurando la dimensione civile e sociale che deve restare al centro della sua missione". Ecco cosa ha detto intervenendo a Buongiorno24. 

 

 

 L'altra faccia della medaglia: le opportunità di sviluppo

Non mancano però posizioni di segno opposto. Alcuni operatori economici e rappresentanti del territorio vedono nella nuova base un’occasione di sviluppo. Giacomo Incarbona, presidente degli albergatori delle Egadi, invita a guardare al lato positivo: «Sapevamo già delle voci che circolavano, e bisogna considerare l’impatto dal punto di vista economico. Verrà realizzata una “scuola” per gli F-35 con personale da tutto il mondo,  senza dimenticare che ogni aereo impiega centinaia di  tecnici. Un’operazione di questo genere porterà sviluppo nel nostro territorio, e avrà ripercussioni positive. Ed è veramente difficile, con la base Ryanair alle porte, che si parli di chiusura dell’aeroporto». Il sindaco di Misiliscemi, Salvatore Tallarita, cerca di mantenere un equilibrio: "I militari sono tornati ad avere un’attenzione importante  alla base di Birgi, già sapevamo che il personale impiegato raddoppierà da 2000 a 4000 persone.  Siamo preoccupati, ci consoliamo magari con la nuova stazione che si sta realizzando accanto all’aeroporto di Birgi".

 

Tranchida: “Rischio militarizzazione della Sicilia, serve chiarezza sul futuro di Birgi”

Il sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida, lancia un allarme sulla trasformazione progressiva della Sicilia in presidio militare. «Io sono preoccupato perché, pur tifando tutti per la pace, vedo più sforzi per militarizzare che per affermare principi di dialogo e convivenza», ha dichiarato. Tranchida ricorda come Trapani ed Erice siano state storicamente “città di pace”, ma teme che la presenza crescente di basi e attività militari possa compromettere non solo i valori identitari del territorio, ma anche l’economia turistica. «La più grande industria del nostro territorio è il turismo. Se l’aeroporto di Birgi dovesse subire limitazioni a causa degli F-35, rischiamo di essere tagliati fuori dalle rotte civili e turistiche», avverte. Il sindaco chiede un impegno politico unitario per difendere la vocazione della Sicilia occidentale: «Non possiamo diventare una terra di conflitto. Il governo dia risposte: l’hub aeroportuale per la Sicilia occidentale va fatto subito, per garantire certezze ai flussi civili». 

 

 

Safina: "Garantire la piena operativa civile dell'aeroporto di Birgi"

In merito alla nascita a Trapani-Birgi di un nuovo polo internazionale di addestramento dei caccia F-35, il deputato regionale del Partito Democratico Dario Safina interviene esprimendo preoccupazione per le possibili ricadute sul futuro dello scalo civile.“Chiediamo al governo regionale – dichiara Safina – di attivarsi immediatamente per ottenere dal Ministero della Difesa e, per quanto di competenza, dalla NATO, precise garanzie che l’incremento delle attività militari non comporti alcuna limitazione all’operatività dell’aeroporto civile di Birgi. Il territorio ha investito notevolmente su questo scalo, che rappresenta un asset fondamentale per lo sviluppo economico, turistico e occupazionale della nostra provincia”. Il parlamentare trapanese ribadisce inoltre l’esigenza di una visione strategica di lungo periodo per il sistema aeroportuale dell’Isola: “Riteniamo prioritario giungere quanto prima a un accorpamento degli aeroporti della Sicilia occidentale, così da poter garantire una programmazione condivisa e uno sviluppo coordinato. In questo quadro, lo scalo di Trapani deve poter crescere insieme a quelli di Pantelleria, Lampedusa e Palermo, valorizzando appieno le potenzialità del territorio”. Safina conclude sottolineando come la tutela della vocazione civile di Birgi sia condizione imprescindibile per continuare a rafforzare il ruolo della Sicilia occidentale come porta di accesso strategica al Mediterraneo.

 

 Ryanair torna a Birgi: segnale di speranza per i voli civili

Quasi in contemporanea con l’annuncio della nuova base militare, è arrivata un’altra notizia: Ryanair ha confermato il ritorno della propria base a Trapani-Birgi, con l’obiettivo di raggiungere 1,5 milioni di passeggeri annui. Un segnale che sembra indicare che lo scalo non verrà sacrificato al solo uso militare, ma potrà continuare a svolgere un ruolo fondamentale per il turismo e per la mobilità della Sicilia occidentale.

 

Una trasformazione che segnerà i prossimi decenni

Il cronoprogramma è già definito: i lavori dovrebbero iniziare nel marzo 2026 e la nuova base diventare operativa nel marzo 2028. In gioco c’è molto più di una semplice infrastruttura: è una trasformazione che intreccia scenari geopolitici globali e ricadute locali, e che ridisegnerà l’identità della provincia di Trapani per i prossimi decenni.

La sfida sarà riuscire a bilanciare le opportunità – economiche, occupazionali, infrastrutturali – con i rischi concreti di un ritorno alla militarizzazione e con le esigenze del turismo. Una sfida che, al momento, il territorio sente di dover affrontare senza aver avuto voce in capitolo, ma che determinerà in modo decisivo il suo futuro.