La libertà di parola è un diritto fondamentale dell’individuo. La Costituzione italiana, all’articolo 21, primo comma, sancisce: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Negli ultimi giorni si sono svolte numerose manifestazioni a sostegno del popolo palestinese, con la partecipazione di oltre un milione di persone. L’apice è stato raggiunto sabato 4 ottobre a Roma, in una grande mobilitazione organizzata da associazioni palestinesi presenti in Italia, da movimenti studenteschi e sindacati di base.
Tuttavia, accanto alla protesta pacifica, si sono registrati episodi di devastazione, guerriglia urbana e l’esposizione di striscioni provocatori. Chi sono i protagonisti di tali azioni? Secondo il ministro dell’Interno Piantedosi, si tratta di gruppi antagonisti — anarchici, insurrezionalisti e collettivi estremisti dei centri sociali — che spesso agiscono in sinergia. Il loro obiettivo ultimo sarebbe quello di sovvertire l’ordine costituito.
Non è la prima volta che in Italia assistiamo a simili dinamiche. Il paradigma si riproponeva già al G8 di Genova, durante le proteste dei movimenti no-global, infiltrate dai cosiddetti black bloc, che misero la città a ferro e fuoco. La reazione delle forze dell’ordine portò poi a quella che è passata alla storia come la “macelleria messicana” della scuola Diaz, dove furono colpiti giornalisti e attivisti.
A Roma, in occasione delle recenti manifestazioni, è apparso uno striscione con la scritta: «7 ottobre, giornata della resistenza palestinese». È un messaggio che suscita forti perplessità, poiché la Resistenza italiana non pianificò né commise atti contro civili, donne o bambini. Da osservatore nasce dunque un interrogativo: simili espressioni rientrano davvero nella libertà di parola tutelata dalla Costituzione?
Norberto Bobbio ricordava che la libertà di parola è un diritto fondamentale non solo individuale, ma anche condizione essenziale di una società libera e democratica, in cui le idee possano circolare e confrontarsi, contribuendo così al progresso della collettività. Tuttavia, nelle democrazie moderne, la libertà di espressione non è un valore assoluto: è regolata dalla legge e incontra limiti precisi nei casi di calunnia, diffamazione, oscenità, pornografia e incitamento all’odio.
Il tempo che viviamo impone — come insegnava Bobbio — un confronto profondo e onesto, capace di trasformare la quotidianità. Senza questa riflessione, il rischio è quello di scivolare verso l’abisso dell’intolleranza e della violenza.
Vittorio Alfieri