La notizia dell'operazione della Guardia di Finanza di Palermo, che avevamo raccontato, si arricchisce di un dettaglio che getta un'ombra su un simbolo dell'antimafia. L'imprenditore al centro dell'inchiesta non è un nome qualunque, ma Giuseppe Piraino, noto per aver denunciato il racket e per le sue battaglie per la legalità.
L'uomo che un tempo filmò e denunciò l'estortore che gli chiedeva il pizzo, diventando un faro per la società civile palermitana, è oggi al centro di una tempesta giudiziaria. Giuseppe Piraino, noto imprenditore e paladino dell'antimafia, è indagato per aver messo a segno 15 truffe legate ai Bonus Edilizi. La Procura di Palermo, coordinata dalla DDA, lo accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e indebita compensazione di crediti inesistenti.
La Guardia di Finanza ha eseguito un provvedimento di sequestro preventivo per circa 3 milioni e 500 mila euro nei confronti del costruttore, legale rappresentante della ditta edile Mosina Costruzioni Srl. L'ammontare complessivo dei bonus inesistenti quantificato dagli inquirenti ammonta a circa 7 milioni di euro.
L'Exploit Sospetto del "Paladino"
Giuseppe Piraino, che di recente ha anche aderito al movimento Controcorrente dell'onorevole Ismaele La Vardera, era un nome solido, scelto dai condomini per l'affidabilità e il gran numero di cantieri attivi. Ma gli inquirenti tracciano un quadro aziendale molto diverso alla genesi della truffa.
La Genesità del Raggiro: Fino al 2020, prima dell'esplosione dei bonus, la Mosina Srl era una società a responsabilità limitata semplificata (S.r.l.s.) con un capitale sociale irrisorio (1.250 euro) e appena due dipendenti.
La Corsa al Bonus: Nel 2021, con la "massiva e sistematica sottoscrizione di commesse private", Piraino ha registrato un'esplosione del fatturato attivo. La corsa alla fatturazione anticipata entro fine 2021 ha portato all'assunzione di 42, e poi addirittura 97 dipendenti, un salto organizzativo vertiginoso per una piccola società.
L'Architettura del Fallimento e della Frode
Secondo l'accusa, il costruttore, pur di non perdere le agevolazioni (come l'aliquota del 90% del Bonus Facciate in scadenza), ha "deliberatamente e sistematicamente assunto un numero di commesse spropositato e incongruo rispetto all'assetto economico-patrimoniale della società".
L'indagine evidenzia che la società ha dovuto affrontare problemi serissimi, riconducibili a una gestione insostenibile:
Lavori non conclusi per mancanza di organizzazione nella gestione di così tante commesse.
Carenza di liquidità causata dall'applicazione di uno sconto in fattura quasi totale (90% del fatturato).
Creazione di un debito IVA di circa un milione di euro mai assolto.
A questo punto, Piraino avrebbe cercato di "portare a compimento i lavori aggiudicati e al tempo stesso di maturare crediti d'imposta milionari" con la fatturazione anticipata. L'inganno era evidente, dicono i PM: l'imprenditore si sarebbe "spesso limitandosi, per non perdere le agevolazioni, ad avviare le attività con il solo montaggio del ponteggio"2, inducendo così in errore l'ente erogatore (l'Agenzia delle Entrate) sulla sua reale capacità di completare le opere e, di conseguenza, ottenendo il riconoscimento del credito d'imposta inesistente.
La prova della "consapevolezza circa l'illiceità del comportamento" si ravvisa, per gli inquirenti, nel fatto che in almeno tre casi l'avvio dei lavori (consegna del cantiere) è stato retrodatato al 30.12.2021, proprio per non perdere l'agevolazione al 90%, come già avevamo sottolineato nella nostra inchiesta.
L'ombra della Totale Assenza di Remore
Il GIP di Palermo ha evidenziato in Piraino la "totale assenza di remore nella commissione dei raggiri". Un giudizio durissimo che stride con l'immagine pubblica dell'imprenditore. In questo caso, il paradosso è totale: chi ha combattuto il crimine economico della mafia è accusato di un crimine economico ai danni dello Stato.