Una battaglia legale lunga quattro anni si è conclusa con una vittoria storica per il diritto all’identità personale. Un giovane della provincia di Trapani ha ottenuto di sostituire il cognome paterno con quello materno, dopo che la Prefettura di Trapani aveva inizialmente respinto la sua richiesta.
La decisione è arrivata con una sentenza del TAR Sicilia – Palermo del 16 ottobre 2025, che ha preso atto della revoca in autotutela del provvedimento di rigetto da parte della Prefettura, dichiarando la cessazione della materia del contendere, ma condannando l’amministrazione al pagamento delle spese processuali.
La vicenda risale all’ottobre 2021, quando il giovane aveva presentato l’istanza di cambio cognome, motivandola con ragioni personali profonde. La risposta della Prefettura, però, arrivò soltanto nell’aprile 2023, con un decreto di rigetto basato sulla presunta “eccezionalità” della modifica, ritenuta ammissibile solo in presenza di motivazioni “oggettivamente rilevanti”.
Assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, il ricorrente ha impugnato la decisione davanti al TAR, sostenendo che il cognome costituisce un diritto della personalità e che il cambio può essere richiesto anche per motivi soggettivi e meritevoli di tutela, purché non contrastino con l’interesse pubblico.
La difesa ha richiamato l’articolo 89 del D.P.R. 396/2000 e un’ampia giurisprudenza che riconosce il valore identitario del nome come espressione dell’autodeterminazione personale.
Di fronte al ricorso, la Prefettura ha deciso di fare marcia indietro, revocando il provvedimento e accogliendo la richiesta del giovane, che ha così potuto finalmente assumere il cognome materno.
Il TAR, pur prendendo atto della revoca, ha ritenuto opportuno condannare la Prefettura alle spese legali, sanzionando un comportamento amministrativo ritenuto eccessivamente rigido e tardivo.
“È una vittoria che va oltre il singolo caso – commentano i legali – perché riafferma il principio che ogni persona ha diritto a essere riconosciuta per ciò che sente di essere, anche attraverso il proprio nome.”
La sentenza rappresenta un precedente importante: ribadisce che il cognome non è solo un dato anagrafico, ma una componente essenziale dell’identità e della dignità individuale.