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20/10/2025 08:04:00

I giovani, la violenza, la povertà educativa

I giovani non sono tutti violenti e non sono sempre convinti e decisi a rovinare la loro vita con anni di galera, ammazzando chi gli capita a tiro una sera d’autunno. Così, tra una litigata e l’altra.

Esistono quartieri difficili, a Palermo come a Marsala, come a Catania e a Messina, persino nel più piccolo paesino della Sicilia. Cambiano le percentuali, ma i ragazzi e le ragazze difficili ci sono ovunque.

Vanno emarginati e lasciati scivolare dentro la voragine della criminalità? Decisamente no. Ma c’è un filo sottile, sempre più visibile, che lega la povertà educativa alla violenza, all’abbandono, al degrado sociale. Ed è nelle periferie, tra i quartieri dimenticati, che bisogna cercare, perché è lì che i giovani sono senza punti di riferimento. Cosa assai più grave: sono senza sogni e pure senza alternative.

È anche facile da comprendere: quando le istituzioni, a tutti i livelli, si ritirano, lo spazio viene occupato da altro. Quindi via libera ai bulletti, e a tutte quelle che sono le strade del malaffare.

E quasi sempre ci si indigna dopo: dopo che è scappato il morto, c’è stato il pestaggio, l’accoltellamento. E quindi via a invocare più controlli e più telecamere. Ma non è questa la risposta. È impossibile pensare che accanto a ogni ragazzo venga messo un carabiniere o un poliziotto. È impensabile che le città vivano militarizzate, con zone rosse istituite che vanno bene per un periodo, ma se non si struttura un’alternativa è solo tempo che passa.


Cultura, tutto passa da lì

La vera sicurezza nasce molto prima: nasce dalla cultura, dall’educazione, dai luoghi dove un ragazzo può sentirsi parte di qualcosa di positivo. Questa è la vera necessità collettiva.

Animare teatri, biblioteche, portare la cultura nelle contrade, nelle periferie, nei quartieri difficili. Farlo gratis. La priorità dovrebbe essere quella di finanziare progetti educativi, laboratori, presìdi di socialità vera, non vetrine occasionali o eventi calati dall’alto.

Si riscoprono le borgate solo in campagna elettorale. E la colpa è di tutti.

C’è bisogno di opportunità e non di prediche. Salvare i giovani significa salvare il futuro di una città. È una scelta politica. Lo si dica chiaro. E si dica pure chiaro che un libro, un laboratorio, un campo sportivo possono fare più di mille ordinanze.


Zone rosse vs consapevolezza

Le zone rosse non curano, anestetizzano. Spostano il problema, non lo risolvono. Ci si sente rassicurati dagli agenti in giro, è ovvio. Ma ci saranno per sempre? No.

Bisogna andare a fondo alle cause profonde del disagio, perché è lì che si deve investire: in politiche di lungo periodo. Anche sui social, dove si formano opinioni, si alimentano rabbie e si diffondono paure, bisogna puntare sull’educazione digitale.


Rossana Titone