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28/10/2025 14:41:00

Favignana, assolti in appello l’imprenditore Francesco Russo e la compagna

Si chiude con una piena assoluzione la vicenda giudiziaria che aveva travolto l’imprenditore Francesco Russo e la compagna Giusy Maltese, accusati di una serie di reati legati a presunti subappalti illeciti nell’ambito di lavori pubblici alle isole Egadi.
I giudici della Corte d’Appello di Palermo, dopo un anno di processo, hanno assolto entrambi da tutte le imputazioni, accogliendo integralmente le deduzioni dei difensori, gli avvocati Donatella Buscaino e Giovanni Rizzuti.

Dall’arresto ai domiciliari all’assoluzione

La vicenda risale al gennaio 2024, quando Russo — già noto alle cronache per essere stato coinvolto e poi assolto dall’accusa di associazione mafiosa nell’operazione antimafia Scrigno del 2019 — era stato posto ai domiciliari con il braccialetto elettronico, mentre la compagna era stata colpita da un obbligo di dimora.

L’indagine, coordinata dalla Procura di Trapani e condotta dai Carabinieri, ruotava intorno a presunti subappalti irregolari per lavori di manutenzione pubblica a Favignana e Levanzo. Inizialmente, all’imprenditore erano contestati undici capi d’imputazione, tra cui quattro episodi di illecito subappalto, autoriciclaggio, intestazione fittizia di beni, truffa e perfino furto d’acqua.

Il gup aveva già escluso alcune accuse in primo grado, ma l’appello ha definitivamente cancellato ogni addebito: Russo e Maltese sono stati assolti con formula piena.

Le accuse cadute una dopo l’altra

Secondo l’accusa, Russo avrebbe eseguito lavori pubblici in violazione della normativa sui subappalti, servendosi di aziende intestate alla moglie e di imprenditori compiacenti. I proventi dei lavori sarebbero stati poi reinvestiti in beni immobili e mezzi.
L’impianto accusatorio, tuttavia, si è progressivamente sgonfiato: la difesa ha dimostrato che non vi erano elementi concreti di frode o intestazioni fittizie, e che le ditte coinvolte operavano legittimamente nel rispetto delle procedure.

Inoltre, come emerso durante il processo, molte delle contestazioni erano frutto di ricostruzioni induttive non suffragate da riscontri tecnici o contabili. Da qui la decisione dei giudici di annullare ogni condanna residua e dichiarare il fatto insussistente.

Un’indagine che aveva fatto discutere

All’epoca degli arresti, la vicenda aveva fatto molto parlare a Favignana. Russo era stato descritto come una sorta di “Mr. Wolf” dell’isola, un uomo capace di “risolvere problemi” — ma anche, secondo l’accusa, di crearne — nel settore dei lavori pubblici.
Gli inquirenti ritenevano che fosse riuscito a inserirsi in alcuni appalti del Comune, come la manutenzione dell’acquedotto e la scerbatura delle strade, sfruttando presunti subappalti mascherati.
Le ditte formalmente aggiudicatarie, come la Paglino Vincenzo di Alcamo e la Edil Sep di Montelepre, sarebbero state per l’accusa solo facciate.

Tuttavia, durante il processo, nessuna di queste ipotesi ha retto: gli appalti erano di modesto valore (30mila e 100mila euro) e non vi era prova di accordi illeciti o di vantaggi indebiti.

Il precedente dell’operazione “Scrigno”

Francesco Russo, 46 anni, era stato arrestato nel 2019 nell’ambito dell’operazione antimafia Scrigno, accusato di legami con esponenti di Cosa nostra trapanese. Anche in quel caso, dopo un lungo processo, era stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa.
I giudici avevano riconosciuto che non vi erano prove di appartenenza a un clan, pur confermando una condanna minore per danneggiamento, poi caduta con la mancata querela della parte offesa.