E’ definitiva la condanna subita dal 56enne marsalese Andrea Barraco per sostituzione di persona e truffa. La settima sezione della Cassazione ha, infatti, respinto il ricorso
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, che il 24 maggio 2023 aveva confermato la condanna emessa dal Tribunale di Marsala.
Il difensore dell’imputato aveva tentato di far annullare la sentenza d’appello sostenendo che la condotta del Barraco era stata posta in essere in danno della Vodafone e non della persona alla quale l’imputato si sarebbe sostituito per la stipulazione di un contratto per la fornitura di internet. E di conseguenza, secondo il legale, avrebbe dovuto essere la Vodafone a sporgere querela e non la persona il cui nome fu fornito dal Barraco per stipulare il contratto con la compagnia telefonica. Per i giudici della Suprema Corte, però, non v’è dubbio sul fatto che “la condotta fraudolenta posta in essere dal Barraco che fornì, invece del proprio, il nome di F.M. all’atto della stipulazione del contratto con la Vodafone, abbia creato un danno reale o quantomeno abbia determinato in capo a F.M. il pericolo di conseguire effetti patrimoniali dannosi, in quanto tale soggetto si è trovato ad essere parte di un contratto oneroso da lui non stipulato”.
E “a nulla rileva – proseguono i giudici della Cassazione - la circostanza che il contratto per la fornitura di internet era viziato perché è del tutto evidente che un contratto stipulato per effetto della commissione di un reato è nullo, ma ciò non impedisce di certo di configurare il reato di truffa che ne è stato alla base e che ha finito per creare un impegno economico (anche solo potenziale) a carico del soggetto che ne é risultato formalmente parte”.
“Il fatto – infine - che l’imputato, oltre ad aver dichiarato un falso nome, ebbe a fornire anche il numero (corretto) della propria carta di identità è del tutto irrilevante”. Il ricorso difensivo è stato, pertanto, dichiarato “inammissibile” e Barraco è stato, quindi, condannato anche al pagamento delle spese processuali e di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.