Si lavora alla Regione per la Finanziaria, lunedì si è tenuto il vertice di maggioranza e il presidente Renato Schifani ha dettato i tempi: bisogna approvare la manovra entro il 31 dicembre.
A presenziare all’incontro i segretari regionali e i capigruppo all’Ars di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Democrazia Cristiana, Mpa e Noi Moderati.
Cosa c’è in Finanziaria
Dovrebbe avere il via libera entro venerdì 31 ottobre, si tratta di un testo, almeno al momento, molto sintetico, pochi articoli che però riguarderanno il lavoro, l’economia, lo sviluppo della Sicilia. E poi ancora la decontribuzione per le imprese che assumono nuovo personale, le risorse impiegate saranno circa 200 milioni di euro. Ancora in dubbio sono gli articoli che riguardano l’editoria, c’è chi chiede un confronto con le parti in causa e poi anche la norma per il south working. Il testo poi arriverà in commissione Bilancio.
Malumori pare ci siano in maggioranza, non tutti condividerebbero il metodo del governatore, torna a profilarsi un’altra infornata di bocciature con il voto segreto, grazie ai franchi tiratori della maggioranza. E anche del voto segreto si è parlato, abrogazione che verrà affrontata a gennaio, con il nuovo anno.
Le riforme
Approvata la Finanziaria sarà la volta delle riforme, quattro in particolare sono i provvedimenti: Enti locali, Consorzi di bonifica, dirigenza regionale e modifica del regolamento sul voto segreto.
Calenda: commissariare la Sicilia
Durante una conferenza stampa alla Camera dei Deputati il senatore di Azione, Carlo Calenda, eletto in Sicilia ha lanciato la provocazione: “Commissariare la Regione Sicilia, ora! Lo Stato si occupi dei siciliani”.
Ha pure lanciato una raccolta firme, Calenda va fino in fondo: “Da pochi giorni è morta a Trapani una donna, a cui la sanità regionale ha consegnato il referto di un esame istologico otto mesi dopo l’intervento chirurgico, quando nel frattempo il tumore si era diffuso e non si poteva più intervenire.
Questa tragedia non può essere archiviata come un semplice caso di malasanità – nella sola provincia trapanese 3300 esami istologici sono stati dimenticati nei cassetti per mesi – e rappresenta la prova più emblematica del collasso della sanità siciliana e, più in generale, della cronica incapacità dell’amministrazione regionale di garantire ai cittadini il diritto di accesso ai servizi pubblici essenziali”.
Aggiunge: “La Sicilia vive da anni un declino che tocca ogni aspetto della vita civile: ospedali in disfacimento, liste d’attesa interminabili, trasporti locali fatiscenti, interi comuni senz’acqua potabile regolare, sistemi di raccolta dei rifiuti inefficienti, infrastrutture pericolose e burocrazie paralizzate, se non per un’opera di sistematica lottizzazione partitica di tutti i ruoli di maggiore responsabilità dirigenziale nel sistema pubblico e para-pubblico. Negli ultimi vent’anni la differenza tra il tasso regionale di mortalità evitabile e quello nazionale è triplicato. In Sicilia meno di una persona su due in età da lavoro è occupata, il tasso di occupazione è di oltre quindici punti inferiore alla media italiana e la percentuale di giovani che né studiano, né lavorano è la più alta d’Italia. La Sicilia è la regione con più chilometri di ferrovie a binario unico e la minore copertura fognaria d’Italia e, con la Calabria, è all’ultimo posto nella fornitura regolare di acqua potabile (le tre province con maggiori disservizi in Italia sono tutte siciliane) e per raccolta differenziata dei rifiuti. L’intera rete stradale e autostradale siciliana è in condizioni di degrado, quando non di abbandono, tra cantieri infiniti, disservizi ricorrenti (corsie uniche e alternate e interruzioni della circolazione) e ritardi nelle attività di manutenzione e negli adeguamenti di sicurezza”.
Ecco perché andrebbe commissariata la Sicilia: “L’articolo 120 della Costituzione stabilisce che lo Stato ha il dovere di intervenire, esercitando poteri sostitutivi nei confronti delle Regioni, quando si renda necessario fronteggiare “un grave pericolo per l’incolumità e la sicurezza pubblica” o per assicurare “la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”.
Ciò significa che lo Stato può – e deve – assumere temporaneamente le competenze regionali, sia amministrative che legislative, quando l’inerzia o l’incapacità locale impediscono il rispetto dei diritti fondamentali. La stessa Corte Costituzionale ha ribadito che tali poteri valgono anche per le Regioni a statuto speciale, le quali non sono affatto esentate dall’obbligo di garantire standard minimi di pari dignità, eguaglianza, e di giustizia sociale. Noi riteniamo che la situazione in cui versa oggi la Sicilia non solo autorizzi, ma imponga l’intervento sostitutivo dello Stato, a partire dal settore sanitario ed estendendosi a tutti i servizi pubblici fondamentali. Quando una Regione non assicura più ai propri cittadini i livelli essenziali di assistenza e il diritto alla salute, l’inadempienza non è più politica, ma costituzionale.
Chiediamo dunque al Governo della Repubblica di esercitare con urgenza i poteri sostitutivi previsti dagli articoli 120 e 126 della Costituzione, fino a valutare, nelle situazioni più gravi, lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Regione per gravi violazioni di legge e per il venir meno dei principi fondamentali della Repubblica.
Lasciare che questa situazione prosegua non significa, in realtà, rispettare l’autonomia della Regione siciliana, ma abbandonare milioni di cittadini a un destino di ingiustizia e disuguaglianza.
Rifiutiamo l’idea che i siciliani debbano essere considerati cittadini di serie B, “figli di un dio minore”, condannati a pagare con la vita e con la dignità le inefficienze, la corruzione e il disinteresse della classe politica locale.
Per questo chiediamo al Governo, al Parlamento e a tutte le istituzioni repubblicane di agire subito, nell’interesse dell’unità nazionale e della tutela dei diritti costituzionali di ogni cittadino e chiediamo giustizia, dignità e uguaglianza per la Sicilia e per l’Italia intera”.
La DC: riecco l’illuminato
Stefano Cirillo, segretario regionale della DC, risponde a Calenda: “L’’Illuminato’ torna così ad attaccare la Sicilia, ergendosi a moderno redentore dei Gattopardi. Qui, il richiamo a ‘Il Gattopardo’ viene spontaneo: «Noi fummo i leoni e i gattopardi; dopo di noi verranno le iene e gli sciacalli».
Parole che nel romanzo di Tomasi di Lampedusa descrivevano la decadenza, ma mai avrebbero immaginato che a rappresentare la Sicilia sarebbe arrivato il Senatore Calenda che sale sul pulpito romano per proporre di commissariare la Regione”.
Cirillo si sofferma sulla rappresentanza di Azione: “Zero parlamentari, zero radicamento sul territorio, ma infinite lezioni da impartire. Dice di voler ‘liberare la Sicilia’. Da chi, non è chiaro. Manca solo Angelica al suo fianco, e il nostro Don Calogero 2.0, versione Deluxe, sarebbe completo. Attendiamo soltanto Maurizio Crozza per la parodia: ‘il Gattopardo e il Senatore in Azione contro la Sicilia’. Un ‘liberatore’, caricatura perfetta, di cui, sinceramente, avremmo fatto volentieri a meno. Eppure, a differenza dei personaggi del film, il Senatore Calenda non è stato nominato dai piemontesi né imposto da qualche potere centrale. È stato eletto dai siciliani. Forse si aspettavano idee, progetti, visione, sviluppo, non una proposta di commissariamento per la Regione che lo ha mandato a Roma.
Noi siciliani abbiamo sopportato di tutto, Borboni, Garibaldini, governi ‘salvifici’ e colonizzatori di passaggio. Sopravviveremo anche a Lei ‘Senatore’, e alle Sue contraddizioni”.