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30/10/2025 06:00:00

Sicilia, l’isola che brucia e frana

Sicilia, 2025: un’isola in fiamme e in frantumi. Mentre la campagna antincendio registra cifre drammatiche e stabilisce un nuovo record nazionale, le colline franano, le coste arretrano e i comuni vivono nel rischio idrogeologico.


Dalle fiamme alle frane, dalle dune cancellate dal mare (ma soprattutto dall’uomo) alle strade inghiottite dal fango, la Sicilia si conferma una delle regioni più fragili d’Italia.
E mentre il governo regionale annuncia una dote da un miliardo e mezzo per la messa in sicurezza, i numeri dell’ISPRA raccontano una realtà diversa: una terra che ogni anno perde pezzi di sé, tra emergenze che si ripetono e prevenzione che resta sulla carta.
Nel Trapanese, poi, tra riserve in fiamme e coste che scompaiono, le ferite del territorio non sono più invisibili.

 

L’isola devastata dai roghi
La Sicilia, ancora una volta, guida la triste classifica degli incendi boschivi in Italia.
Secondo i più recenti dati dell’ISPRA 2025, sono andati distrutti oltre 4.068 ettari di territorio, di cui 37 chilometri quadrati di ecosistemi forestali.
In termini percentuali, quasi il 18% dell’intera superficie nazionale bruciata si trova sull’isola.
Un primato che non sorprende più nessuno, ma che ogni anno diventa più grave.

 

 

 


Le province più martoriate sono Agrigento, con 171 chilometri quadrati bruciati (il 19% del totale nazionale), Enna e Caltanissetta.
Ma anche il Trapanese ha pagato un prezzo alto: tra luglio e agosto, le fiamme hanno devastato boschi e macchia mediterranea tra Erice, Buseto Palizzolo e Castellammare del Golfo. Ma soprattutto i paradisi delle riserve di Monte Cofano e dello Zingaro, divorate ancora una volta dal fuoco quest’estate. Fiamme che hanno anche interessato zone litoranee tra Marsala, Petrosino e Mazara del Vallo. 
Qui, i roghi hanno colpito zone già compromesse dall’erosione costiera, amplificando la vulnerabilità del territorio.
“Gli incendi distruggono ecosistemi e riducono la capacità del suolo di trattenere l’acqua — spiega l’ISPRA — trasformando i versanti collinari in superfici impermeabili e instabili”.
È il primo passo di un circolo vizioso: brucia la vegetazione, si impoverisce il terreno, arrivano le piogge torrenziali e con esse le frane, gli smottamenti, le alluvioni.
In Sicilia, dove quasi il 40% dei boschi ricade in aree protette o nella rete Natura 2000, nemmeno i parchi riescono più a fare da barriera.

Il dissesto che avanza: la Sicilia fragile
Il Rapporto ISPRA sul dissesto idrogeologico è una radiografia impietosa di un’isola che vive in bilico.
Secondo l’Istituto, la Sicilia è tra le regioni italiane più esposte a frane, alluvioni ed erosione costiera, insieme a Calabria, Campania e Toscana.
I numeri parlano chiaro:
- il 91% dei Comuni siciliani (oltre 360 su 391) è classificato a rischio idrogeologico;


- più di 570 mila persone vivono in aree a pericolosità media o elevata;


- 115 mila edifici e oltre 9.000 beni culturali si trovano in zone esposte a rischio frane o alluvioni;


- più di 2.500 imprese sono a rischio interruzione o danneggiamento per eventi idrogeologici.


 

Le cause del disastro annunciato
L’ISPRA individua quattro cause principali:
- Abusivismo edilizio e urbanizzazione incontrollata, spesso in aree a rischio;


- Scarsa manutenzione di torrenti e corsi d’acqua minori;


- Deforestazione e incendi, che lasciano i terreni nudi e fragili;


- Cambiamenti climatici, che intensificano piogge estreme e siccità.


La combinazione di questi fattori trasforma ogni evento meteorologico in un potenziale disastro.
L’aumento delle temperature, unito all’impermeabilizzazione del suolo, amplifica i danni: bastano poche ore di pioggia intensa per sommergere interi quartieri o isolare paesi di montagna.
 

La costa che arretra
Un capitolo specifico del rapporto è dedicato all’erosione costiera, una delle emergenze più sottovalutate.
Oltre il 40% dei litorali siciliani è interessato da arretramento della linea di costa.
La provincia di Trapani è tra le più colpite:
- tra Marsala e Petrosino la spiaggia arretra fino a un metro all’anno;


- tratti di litorale a Tre Fontane, Torretta Granitola e Marinella di Selinunte presentano fenomeni di erosione cronica, con perdita di habitat naturali e rischi per abitazioni, strade e stabilimenti balneari.


Gli esperti dell’ISPRA parlano di “erosione accelerata”, dovuta anche a opere portuali, sbarramenti fluviali e assenza di una pianificazione integrata.
In alcune aree del Trapanese, la perdita di sabbia è talmente rapida che l’acqua raggiunge ormai i cordoli stradali.
 

Frane e alluvioni
Non solo coste.
Le aree interne della Sicilia occidentale — in particolare il Trapanese e parte del Palermitano — presentano un’elevata vulnerabilità ai fenomeni di dissesto.
Le colline di Erice, Buseto Palizzolo, Custonaci, Calatafimi Segesta e Salemi sono soggette a frane superficiali e scivolamenti del terreno.
Nel 2024, diversi episodi di cedimenti stradali e smottamenti hanno interessato la viabilità provinciale, con strade chiuse per mesi.
L’ISPRA ricorda che solo il 20% dei Comuni siciliani dispone di un piano di protezione civile aggiornato, mentre la maggior parte non ha mappe aggiornate del rischio idrogeologico.
Una carenza che pesa soprattutto nei piccoli centri, dove gli uffici tecnici sono spesso privi di personale e strumenti di monitoraggio.


Incendi e dissesto: un legame diretto
Il rapporto sottolinea come gli incendi non siano solo una tragedia ambientale, ma anche un moltiplicatore di rischio.
“Gli incendi contribuiscono in modo significativo all’aumento della pericolosità da frana e alluvione, soprattutto nelle regioni meridionali”.
In Sicilia, le aree bruciate nel 2023 e nel 2024 coincidono con molte delle zone oggi a maggiore rischio idraulico: le piogge intense cadono su suoli nudi e impermeabili, generando colate di fango e allagamenti improvvisi.
Nel Trapanese, le piogge di fine estate hanno già mostrato quanto questo equilibrio sia fragile: bastano due ore di temporale per trasformare una collina arsa in una valanga di fango.

 

 

Promesse e piani: 1,5 miliardi per fermare il dissesto
A fronte di questo quadro, la Regione Siciliana rivendica risultati e nuovi investimenti.
Secondo i dati diffusi dal Sole 24 Ore, dal 2010 al 2025 la struttura commissariale per il dissesto — guidata adessp dallo stesso presidente Renato Schifani — ha finanziato oltre 1.500 interventi per un totale di 1 miliardo e 52 milioni di euro.
Di questi, 793 milioni sono già impegnati e 571 milioni effettivamente pagati.
Ora è in arrivo una nuova dotazione da 1,5 miliardi di euro, che dovrebbe servire a finanziare progetti di messa in sicurezza, consolidamento dei versanti e protezione delle coste.
Schifani annuncia anche la riattivazione dell’Osservatorio regionale per il dissesto idrogeologico, un organismo tecnico che collaborerà con università e ordini professionali per pianificare interventi di lungo periodo.

 


Il commissario delegato Sergio Tumminello rivendica un cambio di passo amministrativo:
“Abbiamo costruito una macchina efficiente, capace di intervenire in modo rapido e concreto. I tempi medi di pagamento sono inferiori a 13 giorni”.
Eppure, dietro i numeri, restano molte ombre.
L’ISPRA segnala che gli interventi realmente conclusi sono una parte minima del fabbisogno, e che la prevenzione resta frammentata, senza un piano organico che unisca i diversi livelli di governo.
Molti progetti finanziati, soprattutto nel settore costiero e nella rete viaria interna, sono ancora fermi alla fase di progettazione.