Ponte sullo Stretto. Il No della Corte dei Conti e la rabbia del Governo. E in Sicilia...
La corsa del Ponte sullo Stretto di Messina, simbolo delle grandi opere promesse dal governo Meloni, si ferma — almeno per ora — davanti al parere negativo della Corte dei conti. I magistrati contabili non hanno concesso il visto di legittimità alla delibera approvata lo scorso agosto dal Cipess, il comitato che gestisce gli investimenti pubblici. Senza quella firma, il progetto non può essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale e dunque i lavori non possono iniziare. Non è una bocciatura definitiva, ma è comunque uno stop pesante, che apre un nuovo scontro tra governo e magistratura e che sottolinea i tanti dubbi sulla sostenibilità di un’opera faraonica.
Le ragioni dello stop La Corte dei conti, che ha il compito di controllare la regolarità dei conti dello Stato, ha ritenuto che la delibera presentasse criticità economiche, giuridiche e procedurali. Le motivazioni ufficiali e complete arriveranno nei prossimi giorni. Ma secondo quanto è emerso nell’ultima udienza il problema principale riguarda le coperture finanziarie e l’aumento dei costi: il progetto vale 13,5 miliardi di euro, ma secondo i giudici mancano elementi chiari su come verranno spesi i fondi e su chi garantirà la sostenibilità economica a lungo termine. Inoltre, la Corte ha segnalato aumenti di spesa non motivati, come i costi per la sicurezza passati da 97 a 206 milioni, e dubbi sulle deroghe ambientali: il parere negativo della Valutazione d’Incidenza Ambientale (VIncA) era stato superato dal governo dichiarando il ponte “infrastruttura di interesse militare”. C’è poi la questione del ruolo del Cipess, considerato un organo politico, e il mancato coinvolgimento dell’Autorità dei trasporti.
Per i giudici contabili, insomma, non tutto torna. Il loro è un controllo di legittimità, non di merito: non giudicano se il ponte serva o meno, ma se i conti e le procedure rispettano la legge.
La furia di Meloni: “Invasione dei giudici” La reazione del governo è stata immediata. La premier Giorgia Meloni ha parlato di “ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento”, accusando la Corte dei Conti di interferire con le scelte politiche e di “fermare il Paese”. Da Palazzo Chigi filtra la linea dello scontro: il governo ritiene che i magistrati contabili abbiano oltrepassato il loro ruolo di controllo, trasformando una verifica tecnica in una decisione politica. E non è un caso che la bocciatura sia arrivata nel giorno in cui il Senato approvava la riforma della giustizia: un tempismo che nel Governo molti hanno letto come un messaggio. Nel comunicato ufficiale diffuso dopo la riunione d’urgenza convocata a Palazzo Chigi, i toni sono stati più misurati: “Il governo – si legge – risponderà puntualmente a ciascun rilievo, dopo averne esaminato i contenuti”. Ma la linea è chiara: il Ponte si farà.
Salvini: “La casta giudiziaria non ci fermerà” Il più agguerrito è, naturalmente, Matteo Salvini, il ministro delle Infrastrutture che del Ponte ha fatto una bandiera personale. “È un danno per il Paese e per le imprese – ha detto – ma la casta giudiziaria non ci fermerà. Aspettiamo le motivazioni e risponderemo punto per punto. I cantieri partiranno comunque, solo con qualche mese di ritardo”. Il vicepremier leghista, dopo l’incontro con Meloni e Tajani, ha spiegato che i lavori slitteranno da novembre a febbraio, ma garantisce che l’opera “si farà nel rispetto delle regole e delle prescrizioni”. “È un secolo che se ne parla – ha aggiunto – ma adesso è il momento di farlo davvero. È un ponte che unisce la Sicilia alla Calabria e l’Italia all’Europa. Creerà migliaia di posti di lavoro e farà risparmiare tempo e inquinamento”.
Il governo valuta di forzare la mano Il governo ha già in mente la prossima mossa: ripresentare la delibera in Consiglio dei ministri, chiedendo alla Corte dei conti di rivedere la sua posizione. Se il parere restasse negativo, il Consiglio dei ministri potrebbe comunque dichiarare l’opera di interesse pubblico superiore e ottenere una registrazione “con riserva”: il progetto diventerebbe operativo, ma il governo se ne assumerebbe la responsabilità politica davanti al Parlamento. Una strada rischiosa ma percorribile, e che Salvini sembra intenzionato a seguire: “Non voglio pensare – ha detto – che qualcuno si voglia vendicare contro siciliani e calabresi per una riforma approvata dal Parlamento”.
Le reazioni della magistratura e le voci fuori dal coro La Corte dei conti ha replicato con una nota istituzionale dopo gli attacchi del governo Meloni: “Ci siamo espressi su profili strettamente giuridici, senza valutazioni sull’opportunità o sul merito dell’opera. Il rispetto della legittimità è presupposto imprescindibile per la regolarità della spesa pubblica”. Anche l’Associazione nazionale magistrati è intervenuta in difesa dei giudici contabili, parlando di “totale insofferenza al controllo di legalità da parte del governo”. Nel centrodestra, intanto, non tutti condividono lo scontro frontale. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha invitato a “ritrovare il dialogo con le istituzioni”, mentre il capogruppo di Forza Italia, Paolo Barelli, ha riconosciuto che “la Corte ha fatto il suo lavoro”. Più duro il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha colto l’occasione per rilanciare la sua battaglia contro “la giurisdizionalizzazione della politica”, cioè il potere crescente dei giudici sulle decisioni di governo.
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