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04/11/2025 08:00:00

Supplente siciliano in Emilia: “Vivo con la pensione di mia zia. Lo stipendio? A Gennaio"

Un viaggio di oltre mille chilometri, da Taormina a Imola, per rispondere alla chiamata di una supplenza. E la sorpresa, una volta preso servizio, è amara: lo stipendio arriverà – forse – solo a gennaio. È la storia di Rosario Longo, 47 anni, docente siciliano di Biologia, che insegna all’istituto tecnico e professionale Paolini-Cassiano di Imola.

«Mi è stato detto dal sindacato che il primo stipendio arriverà a fine gennaio, se tutto va bene», racconta il professore, che si dice “colpito nella dignità”: «Mi caricano di responsabilità delicate e poi mi pagano quando gli pare. Intanto vivo grazie alla pensione di mia zia disabile e agli aiuti della Caritas. Se non avessi una famiglia alle spalle avrei dovuto rinunciare».

 

“Ho rischiato di dormire per strada”

Rosario è partito in fretta, con una convocazione arrivata via mail e poche ore per decidere. «Ti chiamano il sabato e devi rispondere subito. Se non accetti entro 24 ore, perdi l’incarico. Siamo nel 2025, ma sembra di vivere in un sistema d’altri tempi. Nessuno ti aiuta a trovare casa, e senza un alloggio rischi di restare in mezzo alla strada».

Dopo giorni di ansia e ricerche, una stanza è arrivata solo grazie a un annuncio su Facebook. «Se lo Stato sapesse cosa comporta tutto questo – dice – dovrebbe almeno garantire un alloggio temporaneo ai supplenti appena arrivati. Invece ci si arrangia».

 

Il nodo dei pagamenti

Nonostante le promesse del Ministero dell’Istruzione e l’attivazione del nuovo cruscotto digitale “Supplenze brevi e saltuarie” sul portale SIDI, i ritardi nei pagamenti continuano a pesare. Secondo il sindacato Anief, «i supplenti brevi non vengono retribuiti dal Ministero ma dalle scuole stesse, che spesso non ricevono i fondi in tempo. I pagamenti slittano anche di due o tre mesi».

Una situazione che per molti precari significa vivere di prestiti o di aiuti familiari. «Io mi arrangio come posso, ma a 47 anni, con una laurea, un master e un passato nella ricerca, è umiliante dover sopravvivere grazie alla pensione di una zia disabile», denuncia Rosario.

 

“Il sistema delle supplenze è disumano”

Il professore non nasconde la rabbia per un sistema che definisce “devastante”. «È lo Stato che ha bisogno dei supplenti, non il contrario. Noi rispondiamo a una necessità pubblica, eppure veniamo trattati come un peso. È una svalutazione professionale».

Sull’abilitazione, altra questione cruciale per chi insegna, Rosario spiega: «Per ottenere l’abilitazione servono corsi da 3.000 euro, selezioni a numero chiuso e spese anche solo per fare domanda. È un meccanismo che discrimina: chi può permetterselo va avanti, gli altri restano indietro».

 

Tra dignità e speranza

Il suo incarico finirà il 20 dicembre, ma paradossalmente questo potrebbe rivelarsi un vantaggio burocratico, perché il servizio breve sarà valutabile nella riapertura delle graduatorie GPS. «Un assurdo che la dice lunga – conclude Longo –: ci si ritrova perfino a gioire per le storture di un sistema che non funziona».

Dietro la sua voce c’è la storia di tanti precari della scuola, costretti a spostarsi da una regione all’altra per stipendi che arrivano in ritardo, senza tutele né certezze. «Io tengo duro – dice – ma la mia dignità, quella sì, è stata messa alla prova».