Trapani, il caso Pala Shark si può risolvere in 30 giorni: basta portare le fatture quietanzate
La partita del Pala Shark non è affatto chiusa. Anzi, la soluzione è già nero su bianco nei documenti del Comune: basta consegnare le fatture quietanzate e la documentazione contabile completa entro 30 giorni. Tutto qui. Antonini può salvare la concessione “a mani basse”. Ma se non lo fa, scatterà la revoca definitiva.
Il Comune non chiude la porta, tutt’altro. Lascia aperta la strada più semplice: dimostrare, con prove certe, che le spese dichiarate sono state davvero pagate. “Senza prove di pagamento, nessun rimborso e nessuna trattativa può andare avanti,” si legge nei verbali dei tavoli tecnici. Il punto è tutto lì: la società deve mostrare che i lavori al Palazzetto non sono solo scritti nelle carte, ma effettivamente pagati. E può farlo solo attraverso “fatture quietanzate”, ossia attraverso fatture che provano il pagamento. Se, per esempio, la Trapani Shark ha speso 50 mila euro per il rifacimento dell’impianto elettrico, deve mostrare la fattura timbrata e il bonifico bancario. Senza quella prova, la spesa non esiste per la contabilità pubblica. Le fatture “pro forma”, come quelle pubblicate dal presidente Antonini (due per circa 2 milioni di euro), non sono documenti fiscalmente validi: sono solo preventivi o richieste di pagamento, non spese certificate. E la convenzione, all’articolo 8, parla chiaro: per riconoscere un euro servono documenti, collaudi, certificazioni e prove bancarie. E infatti, trattandosi di una concessione di lavori pubblici in un bene pubblico oltre le fatture quietanzate, si devono produrre la regolare esecuzione,i collaudi, la regolare conformità.
Il timore, nei corridoi di Palazzo D’Alì, è che si ripeta la scena già vista col Trapani Calcio, anch’esso di Antonini. Lì la FIGC ha deferito la società per non avere documentato in tempo i pagamenti di luglio e agosto e per averli effettuati da conti diversi da quello ufficiale della società. Tradotto: anche se i soldi escono, se i pagamenti non passano dai canali formali, non valgono. Ed è esattamente per questo che il Comune chiede fatture quietanzate e bonifici tracciabili.
Durante il tavolo tecnico dell’11 agosto 2025, il Segretario generale Giovanni Panepinto apre la seduta ricordando che “la società no profit che ha firmato la convenzione non esiste più”: la Trapani Shark SSD è diventata Srl il 13 giugno 2024, perdendo i requisiti per la gestione gratuita previsti dal decreto 38/2021. Il dirigente Orazio Amenta aggiunge che “la società non ha mai presentato il programma annuale di attività sociali previsto dalla convenzione, presupposto stesso del titolo concessorio” e che la convenzione, di fatto, non è più valida. Dai bilanci depositati emerge un quadro chiaro: 2.275.083 euro di investimenti complessivi, suddivisi in 704.882 euro della SSD, 1.457.645 euro della Sport Invest Srl e 112.555 euro della nuova Trapani Shark Srl. Due periodi distinti: prima e dopo la trasformazione societaria del 13 giugno 2024. Prima bilanci azzerati, con le entrate generate che non superino le spese per rispettare la condizione alla base stessa della convenzione ossia che operi una SSD senza scopo di lucro. Poi, il 13 giugno, bilanci che possono raccontare profitti.
Ma il Comune propone una via d’uscita concreta. Rilancia la cessione di ramo d’azienda, ideata e proposta dall’avvocato Roberto Schifani durante il tavolo tecnico del 10 giugno, che permetta a una nuova società sportiva dilettantistica (una SSD) di subentrare nella convenzione mantenendo la gestione del Pala Daidone. In pratica: la squadra gioca, il Palazzetto resta pubblico, e le spese sostenute nel 2024 possono essere compensate con lo scomputo di canoni o affitti futuri. Una formula che salva la continuità sportiva e rispetta la norma sul no profit. Parallelamente, la Sport Invest ha presentato una controproposta: un atto transattivo retroattivo al 14 giugno 2024, data della trasformazione societaria, che consentirebbe di riconoscere formalmente le spese e ridefinire i rapporti economici. Una procedura fattibile, spiegano i tecnici, purché supportata da pareri legali e dall’approvazione finale della Giunta comunale. Tanto fattibile da essere rilanciata dallo stesso sindaco Giacomo Tranchida durante la conferenza stampa dove ha presentato la possibile revoca della convenzione del Pala Daidone. Anche qui la condizione resta la stessa: prima i documenti, poi le decisioni.
Sul piano tecnico, la convenzione contiene già una clausola di rientro economico:
“La convenzione avrà durata fino a un massimo di 30 anni e comunque sino al rientro delle somme utilizzate per l’ammodernamento e la gestione dell’impianto, comprese le spese già effettuate dalla manifestazione d’interesse.”
Tradotto: il Comune non paga nulla ma riconosce le spese come parte della durata della concessione. Più spese certificate ci sono, più lunga è la gestione gratuita del Palazzetto. Una forma di compensazione in natura, legittima, ma che deve essere dimostrata sempre con carte, bonifici e collaudi.
Quindi tra le spese rendicontabili per la compensazione non ci sono solo quelle sostenute per mettere a nuovo il Palazzetto, ma anche le spese di gestione. Ovvero tutto quanto sostenuto dalla Ssd incluso i rimborsi per i giocatori della squadra, o di pulizia dello spiazzale. E paradossalmente anche la luce, l'acqua, l'Enel.
Il capitolo utenze verrebbe così chiuso. Inuna lettera del 22 maggio 2025, il dirigente Amenta ricostruisce i consumi: tra luglio 2023 e aprile 2025 la cabina elettrica ha registrato 529.444 kWh, di cui l’87,79% attribuito al Pala Shark. Applicando i dati, il costo stimato è di 122.342 euro su 139 mila totali. Una cifra oggetto di revisione al ribasso, per errori di calcolo da parte dell'Amministrazione. Una cifra che verrà stabilita calcolata in contraddittorio e, se si dovesse chiudere l'accordo, già destinata alla compensazione con gli investimenti riconosciuti. Anche la bolletta dell’acqua, appena volturata, è stata ridotta con lo stesso criterio.
Il quadro è chiaro: Antonini può risolvere tutto in 30 giorni. Basta presentare fatture quietanzate, bonifici, collaudi e documentazione tecnica. Da lì il Comune potrà validare le spese, applicare le clausole di compensazione previste dalla convenzione e chiudere la vicenda. Trenta giorni, conti alla mano. La partita, questa volta, non si gioca sul parquet, ma sui numeri e sulla trasparenza.
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