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13/11/2025 06:00:00

Gli Shark volano in Champions. Manca ancora ... la chimica

Trapani fa la storia. Il primo responso di Champions League arriva, anche se a due terzi del suo cammino. Battendo la Bnei Herzliya nel doppio confronto, gli Shark si sono assicurati l’ingresso ai play-in, che giocheranno sicuramente con i turchi del Tofas Bursa, battuti ieri sera nel confronto diretto con Tenerife.

Credo che la classifica di Coppa rispecchi in pieno le qualità tecniche dei roster: più completo quello degli isolani spagnoli, che nel campionato si concedono anche il lusso di staccare in classifica un Barcellona che va discretamente bene in Eurolega, ma è impelagato nei bassifondi della classifica e costretto anche a un cambio repentino del suo Head Coach.

Repesa, a classifica consolidata e con il minimo sindacale raccolto in Coppa, anche senza il decollo dei voli charter (sia in Turchia che nelle dune di Tenerife si potrà arrivare stanchi e trafelati, considerando che il risultato è in ghiaccio e non cambierà l’attuale scacchiera), archivia quindi la prima fase di Coppa. Ora gli Shark dovranno tuffarsi in campionato per risalire quelle posizioni che rispecchiano in modo evidente le capacità tecniche sciorinate finora, ma intaccate da una penalizzazione non certo maturata sul parquet.

Si può tranquillamente affermare che stiamo vedendo il remake di un film già visto l’anno precedente, pur in presenza di cinque nuovi arrivi. Trasferendosi altrove sia Robinson che Galloway — giocatori dalle spiccate attitudini offensive ma poco propensi a difendere — si pensava a una drastica inversione di rotta nelle filosofie strategiche. Invece gli Shark continuano a comandare la classifica dei punti segnati, ma risultano anche perforabilissimi in difesa.

Nihil sub sole novum, si potrebbe dire anche dopo la vittoria sugli israeliani, in cui si sono beccati 88 punti da una squadra modesta (ma potevano essere di più senza il deragliamento nel finale). Repesa ha ribadito un mantra che si reitera già da tempo e che affonda le sue radici nella meravigliosa cavalcata verso il gotha del basket nazionale: “Grande atmosfera e grande chimica”.

Pienamente d’accordo sul primo enunciato. La squadra viene seguita massicciamente anche nelle trasferte più impervie, con un entusiasmo che non presenta eguali nel panorama cestistico. Sulla chimica di squadra, ritengo che si debba ancora lavorare molto, poiché finora non tutti si sono mostrati squali predatori: qualcuno ha assunto la veste di pesce-pilota, una sorta di gregariato che non rientra proprio nelle corde di giocatori come Arcidiacono, Sanogo e Cappelletti.

A parte il lungo degente play americano — il cui cognome, nella gerarchia ecclesiastica, assume un rilievo tale da farlo diventare anche vicario del vescovo, ma che nelle gerarchie dei playmaker è scivolato già al terzo posto — occorre ribadire che anche gli altri due non si siano ancora espressi a livelli pari al loro valore tecnico.

Passi per Sanogo, alla prima esperienza in Europa dopo tanti match disputati nella G League, cioè al piano di sotto dell’NBA. Forse intorno al pivot americano si è generato un equivoco di fondo: strutturalmente è un erculeo con sovrabbondante massa muscolare, e tutto lasciava presagire un tipo intimidatore d’area e grande rimbalzista. Invece è uno che ama giocare a basket, tirando anche dalla lunga distanza quando le condizioni lo consentono, ed è discreto ai liberi. Quindi mano morbida, poco adusa a menare randellate sotto canestro.

Doveva essere la punta dell’iceberg, ben visibile ai compagni per trovare un sicuro punto di riferimento, invece spesso latita nella finalizzazione del gioco. La critica non è risolutiva nel giudizio, ma per Repesa costituirà un bel rompicapo trovargli una collocazione stabile in squadra, che superi gli attuali dieci minuti d’impiego.

Per Cappelletti discorso sicuramente diverso, perché è da una vita che gioca in Italia. Negli ultimi due campionati a Sassari era un punto di riferimento inalienabile per i sardi. Giocava venti minuti di media, si assumeva le proprie responsabilità e il bilancio di fine anno lo chiudeva con uno score personale di dieci punti di media a partita.

A Trapani, Repesa lo impiega a spizzichi e bocconi, mai concedendogli fiducia piena. Credo che il problema sia solo psicologico: tira poco, temendo di sbagliare ed essere immediatamente sostituito da un allenatore che peraltro lo stima molto, e poi avverte, in larga misura, una concorrenza agguerrita e dai nomi altisonanti come quelli di Notae e Ford, che gli stanno davanti di alcune spanne.

Ecco che qui si può chiamare in causa quella “chimica di squadra” tanto invocata da Repesa, ma che ancora non coinvolge l’intero roster. Chiaramente, dalla bocca del coach croato non uscirà mai una critica apertis verbis, con parole esplicite, poiché il Responsabile tecnico è un gentleman — poco all’inglese, ma dai valori legati al rispetto delle persone, prima che a quello degli atleti.

Ci sarà da lavorare, e con grande lena, per mettere tutti i giocatori sugli stessi blocchi di partenza. La vera chimica di squadra la vedremo al giro di boa, quando anche gli ultimi alibi saranno svolazzati chissà dove.

 

Il Sorcio Verde