Economia siciliana. Cosa dice Banca d’Italia, in cinque punti
La Sicilia continua a crescere, sì, ma è una crescita lenta. L’ultima pubblicazione di Banca d’Italia sull’economia della Sicilia è un aggiornamento semestrale, che è stato realizzato in collaborazione con filiali di banca, associazioni di categoria, istituti di credito e altri organismi specializzati. E – fondamentalmente – dice questo: la crescita della Sicilia è superiore alla media nazionale, in termini di prodotto (PIL) e occupazione. Ma dice anche che, qui sull’isola, l’economia migliora a rilento perché alcuni settori (li vedremo qui sotto) faticano a tenere il passo.
Ecco allora, in cinque punti, cosa c’è dietro ai numeri – per capire davvero come sta andando l’economia siciliana nel 2025.
1. L’economia siciliana cresce, ma perde slancio
Nei primi sei mesi del 2025, il prodotto regionale (PIL) ha registrato un +1,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un risultato che – ci dice Banca d’Italia – è superiore alla media del Mezzogiorno, e persino a quella nazionale. Detto in altre parole, la Sicilia è una dei pochi territori che, in Italia, cresce.
Sull’isola, infatti, le imprese restano solide. Del resto, circa 9 imprese su 10 prevedono di chiudere il 2025 in utile, vale a dire con un bilancio positivo. Per questo motivo, la liquidità nelle casse aziendali raggiunge i massimi storici – con un picco a giugno 2025 che si aggira intorno ai 22 miliardi di euro complessivi.
Intanto, i siciliani tornano a spendere di più, spinti da un reddito in leggero aumento e da una fiducia che, lentamente, si fa strada. Il reddito delle famiglie registra infatti un +2,1% (anche questo un dato superiore alla media nazionale) e così cresce anche la spesa quotidiana (+1,1%) segno che l’economia – pur con fatica – si muove.
Eppure, nonostante i segnali positivi, la corsa dell’economia siciliana inizia però a perdere ritmo. Alcuni settori chiave, come il petrolio, l’edilizia privata, il lavoro dipendente e il turismo interno, mostrano segni di rallentamento, e finiscono per frenare la crescita complessiva.
2. Il crollo del petrolio frena l’export siciliano
In Sicilia, l’esportazione di merci ha subìto un calo brusco. Si parla di un –11,2% rispetto all’anno precedente. Il motivo principale è il petrolio: nel primo semestre 2025, il settore petrolifero in Sicilia è crollato (-28%) e oggi vale meno della metà di tutto l’export regionale.
È vero però che gli altri mercati si muovono bene. Le esportazioni non petrolifere sono infatti aumentate del 15,2%, trainate dai comparti di elettronica, cantieristica navale e agroalimentare. In altre parole, la Sicilia vende all’estero soprattutto tecnologia e prodotti della terra, mentre il petrolio passa in secondo piano.
Soffre comunque il commercio con i Paesi extra-euro, e in particolare con gli Stati Uniti. Negli USA, infatti, le vendite siciliane sono diminuite di oltre il 50%. Anche se – secondo Banca d’Italia – il calo delle esportazioni, in questo caso, è temporaneo. Gli importatori americani hanno infatti anticipato gli acquisti in vista dell’aumento dei dazi previsto per la seconda metà dell’anno.
Il futuro dell’export siciliano si gioca qui. Ma le imprese siciliane restano fiduciose: una su due, tra quelle che esportano negli Stati Uniti, prevede di compensare il calo in America con nuove vendite in altri mercati.
3. Nelle costruzioni, l'edilizia pubblica fa da traino
Il settore delle costruzioni in Sicilia continua a muoversi su livelli alti, ma non in modo uniforme. A trainare sono invece, e soprattutto, i lavori pubblici – sostenuti dagli investimenti degli enti locali e, in larga parte, dal PNRR. I dati raccolti da Banca d’Italia mostrano infatti che un’impresa edile su due ha registrato un aumento degli ordini proprio grazie ai cantieri finanziati dal piano europeo.
Insomma, opere pubbliche e interventi di rigenerazione urbana hanno tenuto viva la domanda, compensando in parte la frenata di altri comparti.
Diversa, invece, la situazione dell’edilizia privata, che nel 2025 ha cominciato a rallentare. Le ore lavorate nel settore sono diminuite rispetto all’anno precedente, a causa della fine (o del ridimensionamento) dei bonus fiscali per la ristrutturazione e l’efficientamento energetico. Gli incentivi avevano spinto il settore verso livelli eccezionalmente alti nel 2024, e il loro ridimensionamento ha inevitabilmente fatto calare il ritmo dei lavori.
Nel complesso, quindi, l’edilizia resta uno dei pilastri dell’economia siciliana ma si regge sempre più sul motore pubblico. È lo Stato, con i fondi europei e nazionali, a tenere accesi i cantieri dell’isola.
4. Più lavoro, ma la disoccupazione resta altissima
Anche sul fronte del lavoro, la Sicilia continua a crescere: l’occupazione è aumentata del 2,9% rispetto all’anno precedente, e più della media nazionale. Ma dietro un numero così incoraggiante si nasconde una realtà più complessa.
Perché, secondo Banca d’Italia, a trainare la crescita occupazionale sono stati i lavoratori autonomi, il cui aumento ha compensato la frenata del lavoro dipendente specie nei servizi e nel turismo.
Il rallentamento del mercato del lavoro si vede soprattutto nella tipologia di contratto e nei settori coinvolti. I dati dell’Osservatorio INPS mostrano infatti che, nel primo semestre del 2025, le assunzioni nel settore privato (circa 68mila in tutto) sono rimaste praticamente stabili rispetto all’anno precedente. Ma è cambiata la loro composizione: sono diminuite le assunzioni a termine (-1,8%), così come quelle in apprendistato (-6,9%) e in somministrazione (-3,6%).
Diminuisce, insomma, il numero di dipendenti stagionali, un fenomeno dovuto alla contrazione di certi settori finora determinanti – come edilizia privata e turismo. Se fino al 2024 questi settori avevano retto il mercato del lavoro siciliano, oggi viaggiano a un ritmo più lento. E questo rappresenta un rischio per oltre metà degli occupati dell’isola.
La disoccupazione resta altissima comunque, ferma al 13,7%: è il doppio della media nazionale (pari 6,7%).
5. Pochi turisti italiani, e gli hotel si svuotano
Come già accennato, il turismo in Sicilia rallenta dopo un 2024 in forte crescita. Nel primo semestre del 2025, i pernottamenti totali sono diminuiti del 4% rispetto all’anno precedente, interrompendo un trend positivo che nel 2024 aveva segnato un +5,5%.
Ma il calo riguarda in particolare i turisti italiani. Come spiega Banca d’Italia, la presenza di turisti italiani in Sicilia ha registrato un -8,7% nel primo semestre 2025, mentre restano stabili i turisti stranieri. La contrazione ha interessato, però, soprattutto le province di Trapani e Ragusa, mentre Palermo e Siracusa – tra tutte – hanno chiuso il semestre con un leggero aumento.
Sul fronte dei trasporti, poi, i numeri restano incoraggianti. Il traffico nei porti siciliani è cresciuto del 7,1%, grazie al boom dei crocieristi. Il traffico aereo, invece, è rimasto stabile (+0,5%): il calo dei voli nazionali è stato compensato dall’aumento di quelli internazionali.
Un dato interessante riguarda il modo di viaggiare, che nei primi sei mesi del 2025 registra un cambio di rotta. Oggi i turisti che arrivano in Sicilia preferiscono infatti strutture extra-alberghiere (quindi case vacanze e B&B); gli alberghi tradizionali invece perdono terreno.
È il segno di un turismo che non si ferma, ma si trasforma: meno vacanze tradizionali, più turisti “mordi e fuggi” e nuove forme di ospitalità che incidono sull’economia complessiva.
Daria Costanzo