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22/11/2025 06:00:00

A Castelvetrano non c'era solo quel supermercato quando lo Stato ha perso

 Di quel supermercato che a Castelvetrano, ogni volta che riapre “lo Stato vince”, ne abbiamo parlato qui. Però è necessario spiegare meglio che cosa rappresenta oggi e, soprattutto, in quale contesto va visto. Almeno per evitare narrazioni semplificate che potrebbero tradursi in messaggi fuorvianti.

 

Il supermercato in questione fa parte di un sequestro di beni (poi diventato confisca) del valore di circa 700 milioni di euro ai danni di Giuseppe Grigoli, prestanome di Matteo Messina Denaro. Questo per dire che non si trattava soltanto di quel supermercato o dell’intero centro commerciale.

Nel novembre del 2008, fu uno dei sequestri più grossi dell’epoca: 12 società, 220 fabbricati, 133 appezzamenti di terreno… Per prima cosa dissero che le aziende non avrebbero subìto  ripercussioni negative né interruzioni di sorta, perché gli amministratori giudiziari avrebbero garantito  tutti i rapporti commerciali e contrattuali in essere, “specie quelli diretti a tutelare il personale dipendente”.

 

Le cose andarono diversamente. Anche perché il supermercato non era un’entità isolata, ma parte della Gruppo 6 GDO, che gestiva numerosissimi punti vendita in diverse province, tra cui Trapani, Agrigento e Palermo. Quasi 50 supermercati, molti dei quali affittati a terzi, che impiegavano complessivamente circa 500 lavoratori, con un patrimonio immobiliare stimato di più di 50 milioni di euro. E quando, nonostante l’amministrazione giudiziaria (non proprio ineccepibile) la Gruppo 6 andò in fallimento, con la chiusura di quasi tutti i punti vendita, le aziende fornitrici e l’indotto, centinaia di posti di lavoro andarono in fumo, con altrettante famiglie in mezzo a una strada.

 

Insomma, la perdita subìta è stata di proporzioni gigantesche. Ecco perché affermare che “lo Stato ha vinto” solo perché i sei dipendenti che appartenevano al vecchio organico sono stati riassunti all’ennesima riapertura (con l’ennesimo cambio di gestione) è un messaggio fuorviante. Per carità, è comunque un buon risultato di cui, legittimamente, i sindacati possono andar fieri. Ma è difficile pensare che un grande centro commerciale in un’area così strategica, a due passi dallo svincolo autostradale, possa rimanere senza supermercato.

 

Inoltre non si sa molto dei contratti di questi lavoratori e delle altre 25 assunzioni. Probabilmente ci saranno part time, stage, contratti a tempo determinato, a scadenza tra qualche mese… Ma è la libera impresa, nel rispetto (si spera) delle leggi. E le società che lo gestiscono non possono essere certo costrette ad assumere tutti a tempo indeterminato, per dimostrare che “lo Stato ha vinto”. Paradossalmente, tutto questo non fa che trasformarsi in un limite, che con la concorrenza ha poco o nulla a che vedere.

 

Ed è comodo dire che invece, prima, i lavoratori venivano sfruttati. Mentre adesso sono tutti in regola e godono di pieni diritti come negli altri supermercati. Siamo proprio sicuri?

L’unica cosa certa è che no, non è affatto vero che prima i lavoratori venivano sfruttati: quasi tutti concordano col dire che Grigoli pagava sempre gli straordinari e raramente negava le richieste di permessi. Cosa che, almeno durante l’amministrazione giudiziaria, era cambiata radicalmente.

 

Diciamocelo, queste vittorie di facciata nascondono una sconfitta. Anche questa, di proporzioni gigantesche, in cui non si è stati in grado di fornire una valida alternativa ad un’economia inquinata dalla mafia. 

 

Egidio Morici