«Io cristiani a morire non ne porto».
È una frase buttata lì, al telefono, senza sapere di essere intercettato. A dirla è Giuseppe Vincenzo Manuguerra, 49 anni, comandante di unità veloce della Liberty Lines. Parla di un traghetto che aveva viaggiato senza stabilizzatore, con un problema tecnico così serio da mettere a rischio passeggeri ed equipaggio.
È una frase che oggi assume il valore di una sintesi brutale di ciò che emerge dall’inchiesta della Guardia di Finanza: un sistema di avarie taciute, interventi di fortuna, omissioni strategiche, rapporti con enti di certificazione e una gestione delle criticità votata — secondo gli inquirenti — alla logica del “non far sapere”.
L’indagine: 46 indagati e due società
L’inchiesta, che vede 46 persone finite nel registro degli indagati (tra cui 7 dirigenti, 33 comandanti e 3 ispettori del Rina), coinvolge anche le società: Liberty Lines Spa e Sns – Società di Navigazione Siciliana
L’accusa: non segnalare le avarie a bordo delle unità veloci per evitare conseguenze sul servizio di collegamento con le isole minori, tra cui la possibile revoca della concessione regionale o problemi durante la partecipazione ai bandi pubblici.
55 avarie non dichiarate tra 2021 e 2022
Secondo il decreto di sequestro, nel periodo compreso tra il 2021 e giugno 2022 sono state accertate 55 avarie non dichiarate riguardanti 23 unità veloci della flotta:
- 13 aliscafi, 5 monocarene, 5 catamarani
Quadri elettrici incendiati, fumo in sala macchine, legionella oltre soglia
Gli investigatori hanno ricostruito casi che, se confermati, tracciano un quadro preoccupante:
- Quadri elettrici incendiati a bordo
- Fumo bianco in sala macchine causato dal sovraccarico del generatore
- Tunnel di dritta bucato e avaria occultata
- Legionella con valori «che dovevano essere cento e ne avevamo duemila»
- Comandanti che, intercettati, dicono:
«Io ho avuto l’incendio a bordo…»
«A te è andato a fuoco il quadro elettrico…»
«Facciamoci la croce che il Signore ci accompagna».
Tutto questo senza traccia nei documenti ufficiali di bordo, dove invece ogni evento rilevante deve essere certificato.
Il ruolo del Rina
Dalle intercettazioni emerge anche la posizione di un ingegnere del Rina, l’ente deputato alla certificazione tecnica dei mezzi.
Secondo gli inquirenti: sarebbe stato fatto viaggiare gratis con la fidanzata su una tratta per Marettimo, e avrebbe indicato alla compagnia le soluzioni per evitare la dichiarazione di un’avaria dopo la verifica di un tunnel bucato.
Perché si tacevano le avarie
Per gli investigatori la regola era una sola: non far emergere l’inefficienza della flotta.
Il rischio, paventato nelle comunicazioni interne, era che gli ispettori della Regione potessero rilevare troppe criticità e la società perdesse la concessione per i collegamenti marittimi.
Le visite ispettive del ottobre 2021 preoccupavano particolarmente: su un’unità erano stati richiesti 25 interventi, ma solo 5 risultavano eseguiti.
La giustificazione: “La plastica a mare”
In un episodio ricostruito dagli inquirenti, durante un viaggio dalle Eolie a Milazzo con oltre 100 passeggeri, i motori hanno rallentato più volte.
La giustificazione fornita alla Capitaneria:
«Era la plastica a mare a rallentare la navigazione».
Per la Procura non è vero: era l’ennesimo modo per coprire un’avaria tecnica.
Un sistema che non doveva emergere
L’inchiesta della Guardia di Finanza tratteggia un sistema dove: le avarie non venivano registrate, i rapporti con chi doveva controllare erano gestiti con confidenza,
- i pericoli erano taciuti, la sicurezza dei passeggeri non era garantita.
Intanto gli aliscafi continuavano a viaggiare, carichi di pendolari, studenti, residenti e turisti.
Proprio in mezzo all’estate.
Proprio quando — secondo gli stessi indagati — bastava «fare la croce» e sperare che tutto andasse bene.