L'inchiesta che oggi ha travolto la rete del narcotraffico marsalese ha un'origine quasi fortuita: tutto è cominciato da un'altra indagine, quella della Procura di Marsala, focalizzata sui furti agli sportelli Bancomat. È stato nel corso di queste prime e più circoscritte investigazioni che gli inquirenti hanno intercettato i primi indizi di qualcosa di ben più grande, scoprendo l'esistenza di una vera e propria associazione dedita al traffico illecito di stupefacenti.
La prospettazione accusatoria della DDA di Palermo ha quindi rivelato l'esistenza non di uno, ma di tre distinti cartelli del narcotraffico, tutti stabilmente radicati nel territorio e, elemento cruciale, operanti sotto l'ombra e il controllo della locale consorteria mafiosa.
Il cuore della gravità di questa operazione risiede nel legame simbiotico tra la droga e la mafia. Le indagini hanno dimostrato che l'approvvigionamento e la successiva cessione degli stupefacenti avvenivano sotto il costante beneplacito di RAIA Francesco Giuseppe, ritenuto al vertice della famiglia mafiosa di Marsala. Raia, in contatto costante con i capi dei tre gruppi, veniva regolarmente informato sui traffici illeciti.
Il prezzo di questo controllo era una percentuale fissa sulle vendite. Questi proventi illeciti non erano destinati solo all'arricchimento personale, ma venivano reindirizzati al rafforzamento del sodalizio mafioso, configurandosi come "fonte primaria del relativo sostentamento" per Cosa Nostra.
l primo gruppo venuto alla luce è quello riconducibile all'allevatore marsalese DONATO Salvatore, residente in Contrada Ciavolo. Donato, coadiuvato da TITONE Antonio mente dedita in particolare alla riscossione e alla rendicontazione dei proventi, dirigeva la distribuzione di cocaina verso le piazze di spaccio di Marsala e Mazara del Vallo.
L'indagine ha svelato la dinamica dei fornitori: inizialmente, la droga arrivava tramite LICARI Vincenzo Fabio. Successivamente, a causa di frizioni, subentrò SPARLA Vincenzo, destinato a diventare un punto di riferimento centrale.
Il gruppo si avvaleva di una solida struttura logistica per il trasporto e lo spaccio: MAGGIO Sergio operava stabilmente come autista di Donato, prima di essere sostituito da DE MARCO Vincenzo, detto "Natale" , a sua volta arrestato in flagranza il 6 luglio 2021. Dopo quest'ultimo, emerse PARRINELLO Maurizio, che univa i ruoli di autista e corriere all'attività autonoma di spaccio.
Un momento topico per gli investigatori fu l'arresto in flagranza dello stesso Donato il 17 settembre 2021, per possesso di armi e stupefacente. Posto agli arresti domiciliari, Donato trasformò la sua abitazione in un vero e proprio ufficio criminale.
Attraverso intercettazioni ambientali e video-monitoraggio, è stata ricostruita una fitta rete dedicata alla "spasmodica attività di recupero dei crediti". L'elenco dei partecipi si allungò includendo, per il territorio di Mazara del Vallo, INDELICATO Antonino, il genero FRAZZETTA Andrea, GANCITANO Antonino e BIANCO Pasquale. Ruoli logistici di recupero crediti erano svolti da PARRINELLO Maurizio, TITONE Antonio, e due nuove figure: LAUDICINA Pietro e SAPIA Filippo. Di particolare rilievo il ruolo di TANDARA Marioara, la governante di Donato, pienamente inserita e protagonista nelle dinamiche criminali, che supportava le comunicazioni e la rendicontazione.
Il progressivo allontanamento di Licari portò Donato e Titone a concentrarsi su SPARLA Vincenzo. Nonostante Sparla fosse agli arresti domiciliari, l'autorizzazione a gestire la sua pescheria in Via degli Atleti permise la creazione di un "vero e proprio crocevia dei traffici illeciti". La pescheria divenne luogo d'incontro privilegiato con i maggiori gestori di piazze di spaccio e persino con il capo mafia RAIA Francesco Giuseppe.
Le immagini di sorveglianza documentarono l'elevatissimo numero di transiti sospetti. Sebbene inizialmente fornitore del gruppo Donato, Sparla Vincenzo venne poi ricondotto a una successiva e autonoma associazione criminale, quella del cugino SPARLA Gioacchino.
Dopo il sequestro patrimoniale della pescheria, Sparla Vincenzo spostò la base operativa nella sua abitazione, dove vennero elaborate nuove strategie criminali. È in questo contesto che emersero il padre di Sparla, SPARLA Gaspare cl. 55, e il cugino SPARLA Gaspare cl. 69 , coinvolti in un grave atto intimidatorio: l'incendio di un noto bar marsalese. L'incendio fu ordinato da Sparla Vincenzo come ritorsione al rifiuto del titolare del bar, e fu materialmente commesso da GIACALONE Riccardo, un debitore coartato a estinguere il proprio debito di droga.
Nonostante i colpi subiti, le attività illecite non si arrestarono. Le indagini hanno ricostruito il dettaglio delle condotte del gruppo capeggiato dal cugino SPARLA Gioacchino, che operava con la tipica struttura delle associazioni dedite al narcotraffico, con piazze di spaccio protette da grate, porte blindate e sistemi di videosorveglianza.
Infine, si assistette all'ascesa della terza, e non meno efficiente, associazione, guidata da DARDO Francesco (altro cugino di Sparla Vincenzo) e RALLO Maurizio. Questo gruppo si accreditò presso le organizzazioni criminali calabresi , garantendosi un canale di approvvigionamento di ingenti e plurimi carichi di cocaina, destinati alle piazze di Marsala, Mazara del Vallo e Trapani.