×
 
 
06/12/2025 22:00:00

L'inchiostro di China di Sergio Di Paola tra Simbolo, Mito e Contemporaneità

 

Il vibrante successo della personale NVMINA di Sergio Di Paola, conclusasi da poco più di un mese, continua a risuonare nel panorama artistico romano e consolida l’artista palermitano come una delle personalità più originali e raffinate della scena contemporanea italiana. L'esposizione, evento di punta della decima edizione della Rome Art Week, si è svolta nello splendido Giardino d’Inverno di Palazzo Tittoni a Roma, grazie alla gentile concessione del Duca Luigi Catemario Tittoni di Quadri: un’ambientazione in cui l’eleganza barocca dialoga con la densità concettuale delle opere.

Il successo di pubblico – con numerose presenze dal mondo della cultura, della nobiltà, della moda e dello spettacolo – conferma la capacità di Di Paola di attrarre uno spettro ampio e trasversale di visitatori, colpiti da un linguaggio visivo che unisce la forza dell’immaginario contemporaneo al fascino sacrale del mito.

 

Una mostra come esperienza sensoriale

Durante l’anteprima del 19 ottobre 2025, l'incontro con l’artista, con il maestro Massimo Bomba e con Giulia Borghese ha trasformato la visita in un’esperienza immersiva. Le figure evocate sulle carte di Di Paola sembravano invitare a un confronto diretto con il sacro e con l’interiorità, temi cardine della sua ricerca.

L’artista predilige l’inchiostro di china su carta: una scelta che, lungi dall’essere un limite, diventa il suo campo privilegiato. Come osserva il curatore Massimiliano Reggiani, la carta assume un ruolo quasi sacrale, “un rifugio dove l'invisibile può affacciarsi”. Le opere si articolano in tre grandi nuclei tematici – il dionisiaco, la genealogia del sole e il blu misterico – che costruiscono un percorso cromatico e simbolico di grande potenza emotiva.

La tavolozza, ridotta e assoluta, si apre in due direzioni: il rosso, che accende la scena e la ritualità; il blu, meditativo e profondo, che espande il pensiero.
L’equilibrio tra questi poli impedisce alla china di scivolare in un puro esercizio di stile, dotandola invece di una vibrazione interiore quasi rituale.

 

Da Palermo a Roma: la nascita di un percorso

L’emozione suscitata da NVMINA richiama quella già provata mesi prima a Palermo, alla Galleria Artètika di Esmeralda Magistrelli, con la mostra La Rovina degli Dèi (30 maggio – 6 giugno 2025), nell’ambito della Settimana delle Culture. Quell’esposizione ha costituito il primo passo di un progetto concettuale che oggi appare perfettamente definito.

In Sicilia Di Paola affrontava già figure archetipiche come Narciso, Medusa, Didone e Pan, rivelando una padronanza sorprendente dell’inchiostro di china e una maturità stilistica rara in un artista così giovane. Le sue opere, nutrite dalla memoria dell’antica Lilibeo (Marsala), non citano i classici: li vivono e li trasfigurano. Il segno, netto ma libero, sembra riportare alla luce un sacro dimenticato, ancora latente nell’immaginario contemporaneo.

La performance dell’attrice Giovanna Corrao – un monologo dedicato a Medusa – amplificò l’intensità dell’evento, trasformando il mito in un simbolo attualissimo di fragilità e forza.

 

L’artista come vaticinatore: il segno tra memoria e metamorfosi

Sergio Di Paola non è soltanto un virtuoso tecnico: è un indagatore del profondo, un vaticinatore silenzioso. Come sottolinea il curatore Gigi Vinci, la sua non è una narrazione didascalica, ma un atto di anamnesi che svela la “mostruosità” latente nell’umano. La sua grammatica visiva, sospesa tra mito, esoterismo e psicologia, affonda nella formazione classica dell’artista, arricchita da un percorso interiore intensissimo.

Un ruolo fondamentale lo ha avuto il grave incidente stradale del 2019, che segnò per Di Paola un periodo di sospensione e insieme di metamorfosi: da quella esperienza è scaturito un segno più puro, essenziale e rivelatore. Le sue figure, scolpite dalla china, emergono come divinità spogliate e silenziose, testimoni di una caduta del divino che coincide con la fragilità dell’uomo contemporaneo, sempre più potente e sempre più vulnerabile.

 

Visitando le due mostre che segnano questo percorso – da Palermo a Roma – si ha la sensazione di trovarsi di fronte a un artista capace di avvicinare mondi separati: il visibile e l’invisibile, il classico e il moderno, il mito e la psiche. Il suo tratto, fatto di nero e colature, sembra graffiare la superficie per liberare ciò che resta nascosto nella mente profonda. Un’arte che, nella sua essenzialità e nella sua tensione verso l’assoluto, trova nel Romanticismo più sublime la sua vera culla estetica.