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06/12/2025 06:00:00

Rifiuti in Sicilia, la Corte dei Conti boccia trent’anni di gestione: “Sistema caotico"

Nel nuovo referto dedicato al ciclo dei rifiuti in Sicilia, la Corte dei Conti fotografa un sistema che, dopo decenni di emergenze e gestioni commissariali, continua a muoversi senza una vera direzione. Le parole utilizzate dai magistrati contabili sono severe: il settore è segnato da «gravi carenze programmatorie, organizzative, gestionali, informative e attuative», lacune che si ripercuotono su ogni livello, dal controllo delle attività all’impiego delle risorse pubbliche.

Il giudizio più duro riguarda proprio la mancanza di pianificazione. Secondo la Corte, la rete impiantistica siciliana – quella che dovrebbe far funzionare l’intero ciclo – rischia di non vedere mai la luce. E non per motivi tecnici, ma per un problema strutturale: negli ultimi venticinque anni, i commissari nominati per fronteggiare l’emergenza avevano tra gli obiettivi principali la realizzazione degli impianti. Obiettivi che, scrivono i giudici, non sono stati raggiunti «anche per la mancanza di una visione di carattere generale».

L’analisi non si ferma qui. I magistrati denunciano una situazione paradossale: la documentazione sulle gestioni commissariali è talmente carente da non consentire alla Corte di ricostruire con precisione quali impianti siano stati realizzati con i fondi assegnati e quali siano oggi realmente in funzione. Una lacuna giudicata «grave e ingiustificabile».
A complicare ulteriormente il quadro c’è una sorta di commistione permanente tra gestione commissariale e gestione ordinaria, “mai coordinate in un quadro unitario”.

In questo contesto, la Corte chiede al governo regionale un impegno concreto: trasmettere relazioni complete, aggiornare il Piano rifiuti, chiarire quali impianti pubblici e privati siano operativi e in quali condizioni, spiegare come verranno dimensionati termovalorizzatori e discariche, fornire dati sui rifiuti trasferiti fuori regione e sui relativi costi aggiuntivi.
È una richiesta di trasparenza e ricostruzione del quadro completo, perché – sottolineano i giudici – senza una base informativa attendibile qualsiasi riforma è destinata a fallire prima ancora di iniziare.

 

La replica della Regione: “Nessun freno, è un invito a migliorare”

Da Palazzo d’Orleans si cerca di raffreddare il caso. La Regione, pur riconoscendo la portata del documento, sottolinea che non si tratta di un controllo “bloccante” come quello esercitato, ad esempio, sulla delibera CIPESS del Ponte sullo Stretto.
Questo referto – afferma l’amministrazione – rientra invece nel controllo collaborativo e offre spunti che la struttura commissariale intende recepire nella fase attuativa. Il governo Schifani rivendica di aver avviato una riorganizzazione del sistema e ribadisce che la costruzione dei due termovalorizzatori procede nella fase di progettazione. L’obiettivo dichiarato è sempre lo stesso: chiudere definitivamente la lunga stagione dell’emergenza siciliana.

Una posizione difensiva, ma anche un tentativo di rassicurare cittadini e amministratori locali dopo l’ennesimo rilievo negativo.

 

M5S all’attacco: “Schifani come Attila. Dove passa lui non cresce più nulla”

Di tutt’altro tenore il commento del Movimento 5 Stelle, che interpreta il referto della Corte come una condanna politica del governo regionale.

Il capogruppo all’Ars, Antonio De Luca, va giù pesante: «Schifani come Attila, dove passa lui non cresce più nulla. Quando andrà a casa sarà sempre troppo tardi».
Per i pentastellati il documento della Corte non è un semplice richiamo, ma «l’ennesima certificazione del fallimento» di una gestione che ha lasciato la Sicilia «in un’emergenza continua».

Il M5S critica con forza la scelta dei termovalorizzatori, ritenuti insufficienti e privi di basi tecniche solide: mancano certezze su tempi, dimensioni, costi e capacità effettiva degli impianti. Senza un sistema completo di prevenzione, riciclo e differenziata – osserva il Movimento – gli inceneritori rischiano di diventare «soltanto un altro costo per cittadini e Comuni».

Per De Luca, la Corte descrive «un sistema allo sbando, senza visione, competenze né trasparenza», dove le politiche di prevenzione «sono rimaste sulla carta» e i piani «sono vecchi, contraddittori e poco credibili».
Il risultato? Costi altissimi, trasferimenti continui fuori regione, incapacità di introdurre una tariffazione puntuale e impianti essenziali che non sono mai stati realizzati.

Il capogruppo chiude con una stoccata: se un giorno gli inceneritori dovessero davvero essere costruiti, «Schifani bruci come prima cosa il costosissimo attestato di custode dell’ambiente che si è autoattribuito a spese dei siciliani».

 

Un sistema fermo da decenni, e una Regione che deve decidere

Il messaggio della Corte dei Conti, al netto del linguaggio istituzionale, è chiaro: la Sicilia non può più permettersi improvvisazioni.
Senza pianificazione, senza impianti, senza dati certi e senza una struttura amministrativa capace di monitorare e programmare, qualsiasi riforma rischia di essere solo un annuncio.

Il governo regionale rivendica i passi avanti compiuti; l’opposizione denuncia il fallimento totale.
In mezzo, ci sono i cittadini siciliani, che continuano a pagare costi più alti, subire disservizi e convivere con un ciclo dei rifiuti che da trent’anni non riesce a diventare davvero un sistema.