Cinque anni fa, dopo la sindacatura di Alberto Di Girolamo, Marsala sembrava – per il 56,85% degli elettori, pari a 23.488 voti – un “deserto dei tartari”. Non quello del romanzo di Buzzati, ma una città da ricostruire, socialmente ed economicamente. In quel vuoto molti videro in Massimo Grillo la “manna che scende dal cielo”. Una scelta che lasciò macerie politiche nell’opposizione: il PD e Marsala Coraggiosa nemmeno raggiunsero il quorum del 5% per entrare a Sala delle Lapidi. Eppure Linda Licari, consigliera uscente e assessora designata della lista civica, ottenne 890 voti, seconda solo al campione di preferenze Enzo Sturiano, con 1.043 voti.
Ma la “manna” – non il protagonista della serie girata a Màkari – si è rivelata più difficile da digerire per i cittadini. Hanno visto avviarsi la rigenerazione del lungomare, da Capo Boeo alla Salinella; l’inaugurazione di piazza Unità d’Italia prevista per il 18 dicembre; il restyling di via Scipione l’Africano, piazza Mameli, l’ippodromo. Tutte scelte politiche legittime, certo. Ma nel frattempo la città chiedeva – e continua a chiedere – semplicemente la normale amministrazione.
Più sicurezza, una viabilità adeguata, strade percorribili senza trasformarsi ogni giorno in una gimkana. Una lotta efficace ai rifiuti: perché se la raccolta differenziata ha raggiunto il 78%, il merito è dei cittadini, nonostante l’abbandono illegale sia ancora un problema irrisolto. Una rete idrica funzionante, un trasporto pubblico locale dignitoso. La piscina comunale che da anni è un cantiere permanente. Il decoro urbano, il verde pubblico, le periferie dimenticate, lo scorrimento veloce che funziona a singhiozzo.
Poi ci sono le grandi opere. Il porto, infrastruttura cruciale per qualsiasi sviluppo, è rimasto un’occasione mancata. Perché non è stato messo al centro dell’agenda fin dal primo giorno? Perché richiedere un finanziamento per la progettazione – attraverso il fondo di rotazione – e poi restituirlo? Tempo perso, ancora una volta.
In compenso si punta alla realizzazione di un teatro all’aperto da ottocento posti. Un paradosso, in una città che non riesce a riempire il Teatro Impero nemmeno per uno spettacolo di Massini con biglietti a 20 euro in platea e 10 in galleria. Al Teatro Sollima, gratuitamente, spesso non si riesce a portare pubblico. Con un solo cinema rimasto in città, il quadro culturale è sociologicamente impietoso.
Marsala, piaccia o no, ha bisogno di una rivoluzione culturale, non di opere monumentali senza pubblico. Una rivoluzione che abbia come stella cometa la res publica: la cura della cosa pubblica, l’idea che una città si costruisce con servizi, attenzione, responsabilità. Non con slogan, non con inaugurazioni, ma con la quotidiana, indispensabile normalità.
Vittorio Alfieri