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16/12/2025 02:10:00

Invalido al 100%, ma senza accompagnamento: la battaglia di Giuseppe Pasqualetto

Invalido al 100 per cento, con gravi limitazioni certificate da strutture pubbliche, ma senza l’indennità di accompagnamento. È la storia di Giuseppe Pasqualetto, 62 anni, ex agente di commercio di Caltanissetta, che da oltre quindici anni combatte una battaglia silenziosa contro la burocrazia dello Stato.

Nel 2009 la sua vita cambia radicalmente: un’emorragia cerebrale lo lascia in coma vegetativo per 90 giorni. Seguiranno 365 giorni di ricovero, una sindrome di Lyell, un blocco renale, mesi di catetere vescicale e l’uso prolungato del pannolone, che ancora oggi è necessario durante la notte. Una lunga sequenza di eventi clinici che hanno compromesso in modo permanente la sua autonomia.

Lo Stato gli riconosce l’invalidità totale e una pensione mensile di 747,84 euro – aumentata rispetto ai circa 300 euro percepiti prima del 2020 – ma continua a negargli l’indennità di accompagnamento, poco più di 500 euro al mese, che rappresenterebbe per lui una minima possibilità di sollievo economico.

Eppure le condizioni sono nero su bianco. Pasqualetto è in possesso di certificazioni ADL (1/6) e IADL (1/8), rilasciate da una struttura pubblica: parametri che indicano una gravissima compromissione delle attività quotidiane e strumentali della vita. Ha disfagia per i liquidi, un equilibrio fortemente instabile, incontinenza notturna, tremori agli arti superiori e dolori cronici diffusi. Per bere utilizza una cannuccia, viene aiutato dai familiari per mangiare e vestirsi, si sposta con un deambulatore e non ha più la patente di guida.

Nonostante tutto questo, l’accompagnamento continua a essere negato. Pasqualetto ci ha provato “decine di volte”, anche in tribunale. L’unico risultato ottenuto è stato il passaggio da una valutazione definitiva a una revisione periodica: visite, accertamenti, attese. Ma non il riconoscimento economico.

Una vicenda che solleva interrogativi pesanti: come può una persona dichiarata invalida al 100 per cento, con parametri clinici così compromessi, non essere considerata bisognosa di accompagnamento? E quanto pesa, in questi casi, una valutazione che sembra ignorare la realtà quotidiana della disabilità?

«Mi rivolgo alla vostra sensibilità», scrive Pasqualetto, che oggi vive con una pensione che copre a malapena le spese essenziali, mentre la sua autonomia è ridotta al minimo.

La sua non è solo una storia personale, ma il riflesso di un sistema che spesso trasforma il diritto all’assistenza in una maratona giudiziaria ed amministrativa, dove a pagare il prezzo più alto sono le persone più fragili.