Sanità al bivio: la maggioranza apre alla riforma del Servizio sanitario nazionale
Al dibattito di Atreju dedicato alla sanità, ministri e governatori di maggioranza hanno trovato un punto di convergenza: il Servizio sanitario nazionale resta un modello di eccellenza riconosciuto a livello internazionale, ma per affrontare le sfide future è necessario riformarne l’impianto, a partire dalla legge istitutiva del 1978. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la sanità territoriale e superare lo scontro ideologico tra pubblico e privato, in nome di un sistema più moderno ed efficiente.
Il confronto si è svolto nel corso del tavolo “Trasparenza ed efficienza: più valore alla nostra sanità”, organizzato ad Atreju, la manifestazione di Fratelli d’Italia a Castel Sant’Angelo. Al centro della discussione sono emerse le principali criticità del sistema: liste d’attesa, carenza di personale in alcune specialità, disuguaglianze regionali e la necessità di ripensare l’organizzazione dell’assistenza sul territorio.
Schillaci: “Un modello invidiato che va modernizzato”
Ad aprire i lavori è stato il ministro della Salute Orazio Schillaci, che ha difeso il Servizio sanitario nazionale dalle critiche, parlando di una “narrazione penalizzante” portata avanti dalla sinistra. “Ogni volta che sono all’estero, dal G20 alla Cina, il modello italiano viene indicato come esempio da imitare”, ha dichiarato il ministro, ricordando l’aspettativa di vita di 84,1 anni – seconda al mondo – e l’aumento delle risorse, pari a 7,4 miliardi di euro in più nel 2024.
Sulla carenza di medici, Schillaci ha ridimensionato l’allarme: “Dal 2019 al 2023 il numero dei medici è aumentato dell’1,1%. Viene raccontata una cosa che non è vera”. Il nodo reale, secondo il ministro, è la fuga dei giovani professionisti all’estero, legata non solo agli stipendi ma a un sistema “troppo burocratizzato e con poche possibilità di carriera”. Un problema che si riflette anche nelle disuguaglianze territoriali: “Non è accettabile che l’aspettativa di vita dipenda dalla Regione in cui si nasce”.
I governatori: riformare la legge del ’78 e puntare sul territorio
A chiedere apertamente una revisione normativa è stato il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca: “È arrivato il momento di mettere mano sia al contratto collettivo nazionale dei medici sia alla legge 833 del 1978, nata 50 anni fa e non più adatta ai tempi”. Una posizione condivisa dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, secondo cui non è possibile mantenere l’universalismo “con una legge che fotografava una società completamente diversa”.
Gemmato ha indicato come presidio chiave le farmacie di prossimità, pubbliche e private convenzionate, da valorizzare come primo punto di assistenza sanitaria sul territorio.
Liste d’attesa e trasparenza
Il tema delle liste d’attesa ha animato un altro passaggio del dibattito. Il presidente della Puglia Antonio Decaro ha indicato come priorità l’istituzione di un centro unico di prenotazione e l’estensione degli orari di apertura delle
strutture pubbliche e private convenzionate, anche nelle ore serali e nei fine settimana. Decaro ha denunciato le forti difformità territoriali, citando il ricorso alle cosiddette “pre-liste”, che finiscono per occultare i tempi reali di attesa.
Pubblico e privato: stop allo scontro ideologico
Sul rapporto tra pubblico e privato è intervenuto il presidente della Calabria Roberto Occhiuto, che ha criticato la “guerra ideologica” degli ultimi anni. Secondo Occhiuto, questo scontro ha contribuito a rendere meno attrattivo il lavoro nel sistema pubblico, spingendo molti medici alle dimissioni. Da qui la necessità di rendere nuovamente competitivo il servizio sanitario pubblico. Il governatore ha anche rivendicato la scelta di assumere medici cubani per fronteggiare l’emergenza: “Oggi sono bravissimi e perfettamente integrati”.
Una riforma che entra nel vivo
Il quadro emerso ad Atreju è quello di una maggioranza che rivendica l’eccellenza del Servizio sanitario nazionale, ma ne riconosce limiti e rigidità. La strada indicata è quella di una riorganizzazione profonda: più sanità territoriale, una razionalizzazione dell’offerta ospedaliera e un aggiornamento delle regole che governano il lavoro medico. Il dibattito sulla riforma della sanità, dopo anni di rinvii, sembra ormai entrato nel vivo.
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