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17/12/2025 06:00:00

Fondi della Chiesa e soldi pubblici: la Corte dei conti apre il processo all’ex vescovo...

Comincia oggi davanti alla Corte dei conti della Regione Siciliana il giudizio di responsabilità contabile a carico dell’ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè e della diocesi trapanese. Al centro del procedimento c’è un presunto danno erariale di 403 mila euro ai danni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, legato alla gestione dei fondi dell’otto per mille destinati alla Chiesa cattolica.

 

La presidente della sezione giurisdizionale, Anna Luisa Carra, ha fissato l’udienza per il 17 dicembre. È un nuovo capitolo di una vicenda lunga e complessa, che negli anni ha attraversato il piano canonico, quello penale e ora quello contabile, con Trapani ancora una volta chiamata a fare i conti con una delle pagine più controverse della sua storia ecclesiastica recente.

 

La citazione a giudizio arriva dopo la chiusura del processo penale che aveva visto Miccichè imputato per peculato. Secondo l’accusa, tra il 2007 e il 2012, l’allora vescovo avrebbe distratto oltre 400 mila euro provenienti dall’otto per mille, destinati alle attività istituzionali della diocesi, facendoli confluire su un conto corrente gestito in maniera discrezionale e privo di adeguata rendicontazione. Un conto che, secondo i pm, sarebbe stato utilizzato come una sorta di “bancomat” per spese non riconducibili alle finalità previste dalla legge.

 

In sede penale, il procedimento si era chiuso senza una condanna definitiva. In primo grado, infatti, Miccichè era stato assolto per alcuni capi di imputazione, mentre altri erano stati dichiarati prescritti, nonostante la richiesta della Procura di una condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione. Ma l’assenza di una condanna penale non ha impedito l’avvio dell’azione davanti alla Corte dei conti.

 

Per la Procura contabile siciliana, guidata da Pino Zingale, la questione centrale non è la responsabilità penale, bensì l’uso di risorse pubbliche. I fondi dell’otto per mille, si legge nell’atto di citazione, devono essere impiegati esclusivamente per gli scopi tassativamente indicati dal legislatore. Qualsiasi utilizzo per finalità diverse, soprattutto se estranee all’interesse pubblico, è ritenuto incompatibile con la normativa. In questo quadro, il comportamento attribuito all’ex vescovo viene descritto come “dolosamente preordinato a sottrarre risorse dell’otto per mille dalle finalità cui erano predestinate per appropriarsene a beneficio suo e dei propri familiari”.

 

Nel giudizio contabile non è coinvolto solo Miccichè a titolo personale, ma anche la diocesi di Trapani, chiamata a rispondere in solido dell’eventuale danno erariale. I giudici dovranno stabilire se vi sia stata una lesione concreta per le finanze pubbliche e se sussistano i presupposti per la condanna alla restituzione delle somme.

 

La vicenda affonda le radici nel 2012, quando Papa Benedetto XVI rimosse Miccichè dalla guida della diocesi di Trapani, al termine di una visita apostolica disposta dalla Santa Sede. All’epoca, la decisione arrivò in un clima di forti tensioni interne al clero trapanese e di crescenti interrogativi sulla gestione amministrativa della diocesi.

 

Ora, a distanza di anni, il caso torna al centro dell’attenzione con un processo che, pur muovendosi su un terreno diverso da quello penale, potrebbe avere conseguenze rilevanti sia per l’ex presule sia per l’ente ecclesiastico. 

L’udienza  di oggi segna l’inizio di una fase decisiva: sarà la Corte dei conti a valutare se dietro l’uso di quei fondi vi sia stato un danno per lo Stato e chi, eventualmente, dovrà risponderne.