Trapani, case ovunque ma vivere è instabile: cosa raccontano affitti, redditi e sfratti
Trapani è una città piena di cartelli “affittasi” e “vendesi”, eppure sempre più persone fanno fatica a restare sotto un tetto. È questo il paradosso che emerge leggendo insieme i dati ufficiali su casa, redditi e welfare. I numeri non raccontano una città senza immobili, ma una città dove l’abitare è diventato instabile, perché poggia su basi sociali fragili.
Secondo i dati comparativi della Qualità della vita del Sole 24 Ore, elaborati su fonti ISTAT, Agenzia delle Entrate e Ministeri, Trapani si colloca ai primi posti nazionali per canoni di locazione relativamente bassi e sopra la media per spazio abitativo disponibile. In altre parole: le case ci sono e, in media, non costano quanto nelle grandi città. I cartelli alle finestre lo confermano.
Ma questi stessi dati spiegano anche perché quegli appartamenti restano vuoti o cambiano continuamente inquilino. Il nodo non è il prezzo in sé, è il rapporto tra affitti e redditi. A Trapani una famiglia arriva a spendere fino al 40% del proprio reddito per casa e bollette, una soglia che l’ISTAT e la Banca d’Italia indicano come sovraccarico abitativo. Basta un lavoro precario, una riduzione delle ore, una spesa imprevista, e l’equilibrio salta.
Qui entra in gioco il secondo livello dei dati. Trapani è 93ª su 107 province per qualità della vita generale (Sole 24 Ore) e presenta criticità profonde lungo tutto il ciclo di vita. I dati sull’infanzia collocano la provincia 106ª su 107 per servizi ai bambini: poche mense scolastiche, pochi servizi per l’infanzia, competenze di base tra le più basse d’Italia (fonti: ISTAT, Ministero dell’Istruzione). Questo significa famiglie costrette a supplire con risorse proprie, aumentando la pressione economica sull’abitare.
La situazione non migliora crescendo. Tra i giovani, Trapani è 86ª per disoccupazione giovanile e 100ª per trasformazioni a tempo indeterminato (Sole 24 Ore su dati ISTAT e Ministero del Lavoro). Anche con affitti relativamente accessibili, senza redditi stabili non si costruisce autonomia abitativa. Le case restano sul mercato, ma le persone non riescono a entrarci o a restarci a lungo.
Il quadro si chiude con gli anziani. Trapani è ultima in Italia per qualità della vita nella terza età (107ª su 107), con spesa sociale tra le più basse, pochi servizi e pensioni modeste (fonti: ISTAT, Ministero della Salute, Openpolis). Molti anziani restano in abitazioni difficili da mantenere, spesso sole, spesso inefficienti, con costi che crescono più del reddito.
Letti insieme, questi numeri raccontano una verità precisa: la povertà abitativa a Trapani non nasce dalla mancanza di case, ma dalla fragilità diffusa dei redditi e dei servizi. I cartelli “affittasi” e “vendesi” sono il segnale visibile di un mercato che non incontra la domanda reale, perché chi avrebbe bisogno di una casa non ha le condizioni per sostenerla nel tempo.
Sfratti e risposte possibili
È qui che arrivano gli sfratti, ultimo anello della catena. Nel 2024 se ne contano 230, mentre 400 famiglie hanno chiesto il bonus affitti (fonti: Prefettura, Comune di Trapani, sindacati inquilini). Numeri che non parlano di emergenze improvvise, ma di difficoltà non intercettate prima.
Su questo fronte si muovono alcune soluzioni. Il Sicet e il Comune di Trapani lavorano su un accordo territoriale per promuovere i contratti a canone concordato, che consentono affitti più bassi agli inquilini e agevolazioni fiscali ai proprietari. Lo IACP, dal canto suo, punta sulla riqualificazione degli alloggi popolari e su una gestione più mirata del patrimonio pubblico. Strumenti che esistono, ma che funzionano solo se inseriti in una strategia più ampia.
Perché i dati, alla fine, dicono una cosa semplice: Trapani non è povera perché non ha case. È povera perché non riesce a trasformare risorse immobiliari, fondi pubblici e welfare in stabilità abitativa. E finché questo non cambia, i cartelli resteranno alle finestre e la povertà continuerà a entrare dalle porte.
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