La movida non può essere governata con l’improvvisazione. E soprattutto non può vivere in un vuoto normativo permanente. È un messaggio netto quello che arriva dal TAR Sicilia – Palermo, che con una sentenza destinata a far discutere ha dichiarato illegittima l’inerzia del Comune di Trapani nella gestione dell’inquinamento acustico legato alla vita notturna del centro storico.
Il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso promosso dai cittadini riuniti nel Comitato Centro Storico di Trapani, imponendo all’amministrazione comunale di provvedere entro 180 giorni all’adozione degli strumenti previsti dalla legge nazionale. Una decisione che va ben oltre il caso locale e che riguarda, in realtà, molte città italiane alle prese con lo stesso problema.
Non un conflitto tra residenti e locali, ma una questione di regole
La sentenza chiarisce un punto fondamentale: non si tratta di una guerra tra chi vive e chi lavora, tra residenti e attività economiche, ma di un problema di legalità amministrativa. Il TAR ribadisce che la gestione di un fenomeno strutturale come la movida non può essere affidata a ordinanze contingibili e urgenti, rinnovate di anno in anno, senza una pianificazione stabile.
Secondo i giudici, il Comune non può continuare a rinviare l’adozione degli strumenti obbligatori, previsti dalla normativa sull’inquinamento acustico, perché in gioco ci sono diritti fondamentali: salute, riposo, qualità della vita urbana.
Cosa dovrà fare ora il Comune di Trapani
La sentenza è molto chiara anche sul piano operativo. Il TAR impone al Comune di Trapani di colmare un vuoto normativo che dura da anni, disponendo:
- l’adozione del Piano di zonizzazione acustica;
- l’approvazione di un Regolamento comunale per la tutela dall’inquinamento acustico;
- l’adeguamento del Regolamento di igiene e sanità o di polizia municipale alle norme vigenti in materia di rumore.
Atti dovuti, sottolinea il Tribunale, che non possono essere sostituiti da misure temporanee né rinviati ulteriormente.
Il Comitato: “Le città si governano con regole chiare”
Il ricorso è nato dall’iniziativa di cittadini del centro storico – residenti, operatori economici e titolari di strutture ricettive – stanchi di una situazione diventata cronica.
«Questa sentenza non è una vittoria contro qualcuno – ha dichiarato Alberto Catania, presidente del Comitato Centro Storico – ma il riconoscimento di un principio semplice: le città si governano con regole chiare. Senza pianificazione, i conflitti si aggravano e i diritti restano sospesi».
Una posizione che mira a riportare il dibattito su un piano meno ideologico e più concreto: regole certe, valide per tutti.
I legali: “Un precedente che parla a molte città”
Gli avvocati Donato D’Angelo ed Elisabetta Abelardi, che hanno assistito il Comitato, sottolineano la portata generale della pronuncia.
Secondo i legali, il TAR ha ribadito che l’inerzia amministrativa in presenza di obblighi normativi è illegittima e che piani e regolamenti non sono facoltativi, ma strumenti indispensabili di governo del territorio.
Un orientamento che si rafforza anche altrove
La sentenza di Trapani si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato. Nei giorni scorsi, il TAR Campania di Napoli ha riconosciuto che l’eccesso di rumore notturno legato alla movida può incidere sulla salute dei residenti. A Milano, il Comune è stato condannato a risarcire circa 250 mila euro ai cittadini del quartiere Porta Venezia per la mancata tutela dal rumore.
Il messaggio che arriva dai tribunali è sempre lo stesso: la vivibilità urbana è una responsabilità pubblica.
Sei mesi per voltare pagina
Adesso il Comune di Trapani ha sei mesi di tempo per intervenire. Non si tratta solo di adempiere a un obbligo formale, ma di decidere se affrontare davvero un nodo che da anni divide la città.
La sentenza del TAR pone una questione politica prima ancora che amministrativa: governare la convivenza urbana significa scegliere le regole, non evitarle. E rinviare, ancora una volta, non è più un’opzione.