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27/04/2012 10:01:53

Scrive Antonino Contiliano: ai giovani un assessorato per i beni comuni

 

di Antonino Contiliano                                                                                                                                 

Neanche un’idea culturale ed economico-politica alternativa, e nemmeno un’ipotesi di rilancio di ripubblicizzazione dei servizi, centralità dell’economia socializzata e reddito minimo assicurato contro la dittatura dei debiti sovrani e la tassazione (diretta e indiretta) che colpisce il livello di vita dei più. Solo vaghezze pubblicitarie e spots di propaganda a favore di una personale magia amministrativa e provvide manne dal cielo con parole screditate. Sovrano solo il vuoto propositivo! Ignorati i giovani, i cittadini e i movimenti come nuovo soggetto politico protagonista. Tranne un fugace cenno alla crescita della disoccupazione (Anna Maria Angileri) e un dovuto richiamo all’uso dei beni confiscati alla mafia, quanto a quello della “democrazia partecipata” (Peppe Gandolfo), l’incontro degli aspiranti Sindaci “spin doctors” con i giovani di Marsala, per le elezioni municipali 2012, è un vero trionfo del già visto: liberismo, personalizzazione della politica (“io, il Sindaco che...), concorrenza senza regole e depubblicizzazione continua in ogni direzione. Per l’economia marsalese e il suo futuro, specie quello dei giovani, è ancora tempo di perdite e malessere!  Nessuna sfida per un radicale cambiamento nello stile di vita personale e comunitario delle soggettività individuali e collettive!

È il modello della Grecia che insieme a molti altri stati è già macerie. L’Italia non sta meglio, è in ginocchio; e gli aspiranti dirigenti marsalesi, forse, hanno scambiato la fenice con lo struzzo e gli allucinogeni. Èil fatiscente e veto personalismo cui si riduce la politica e l’antisociale difesa del mercato liberistico che infiora certi  aspiranti Sindaci danarosi e advertising; una falsa retorica del pubblico privatizzato, del terrore del rating, dello spread e del crack delle borse. Èancora il fare e l’arraffare dei procuratori del capitale e dei mercati cioè che suppongono, ma di cui  tacciano a bella posta.

Tacciono della logica devastante del profitto privato, della falsità dei meriti individuali (e assistiti), della ricapitalizzazione delle banche e dei tassi d’interesse che strozzano il rilancio dell’economia produttiva (reale e socialmente inclusiva), delle guerre delle monete, della deterritorializzazione del lavoro e della sua precarietà coltivata o della robottizzazione della produzione che risparmia lavoro vivo. Lo sfruttamento intensivo e pervasivo che incrementa disoccupazione, povertà e suicidi di tante persone che non ce la fanno più a campare con dignità e senza umiliazioni. Tacciono delle crisi delle deflazioni (minore denaro in circolo), inflazione (più denaro  ma svalutato), delle disoccupazioni, dei licenziamenti,  della recessione e dell’impoverimento; ma di una recessione e di un impoverimento che sono paradossali. Recessione e povertà cioè per eccesso di creatività (in genere) piegata al valore di mercato, al volere dei finanziatori e nel circuito della produttività automatizzata, ovvero una modalità che produce merci in eccesso e profitti e ricchezza bloccati. La merce rimane invenduta per sottrazione di liquidità generale e per espulsione della piena occupazione diffusa, mentre dall’altro lato il denaro rimane concentrato nelle banche, nelle mani dei mercati finanziari, delle speculazioni legalizzate e dei loro agenti che sfuggono a qualsiasi elezione e controllo democratico. Povertà e  recessione sono così prodotti dell’eccesso di ricchezza e del predominio del denaro monopolizzato e autoreferenziale. Il credito, a sua volta, alle famiglie e ai giovani, più che alle piccole e medie imprese dell’economia reale o dei bisogni sociali, viene elargito sotto garanzia di ritorno maggiorato e a consumo anticipato per guadagni futuribili. Ma il futuro per le masse invece è vuoto di guadagni,  segno di servitù obbligata e smorzato di qualsiasi sfida di riconversione.

Èil pomeriggio di un sabato di questo incerto primaverile Aprile 2012; e siamo nell’Aula Magna dell’Ist. Agrario “A. Damiani” di Marsala. Qui la Consulta giovanile marsalese ha incontrato gli aspiranti Sindaci (sei – 6 – candidati) in lista per il governo della Città e in concorrenza fra loro per le vicine elezioni amministrative di maggio 2012.

È incredibile e intollerabile! Ai giovani lilibetani si offre la ciarla e la beffa delle opportunità basate sui meriti individuali, e il territorio con le sue potenzialità (terra, acqua, aria, arte, cultura, storia, etc.) come una riserva di caccia per la mercificazione e suo contenitore diversificato. Luogo di parcheggi e parco giochi dove la gioventù, tra noia e assistenza, sosterebbe in attesa dell’entrata in paradiso o della fuga dei cervelli in competizione con migranti e clandestini. In una società dell’economia finanziarizzata e mercificata  – che  desocializza, spoliticizza la stessa democrazia rappresentativa e vende beni e servizi pubblici a vantaggio dell’ingrasso dei profitti privati – non ci sono pari opportunità per tutti. Marsala è diventa ricca di sportelli bancari, centri commerciali, smerci vari, notti bianche e altri prelievi a carico delle famiglie e dei contribuenti. Il deficit di ricchezza e cultura non è certo rimpiazzabile dal turismo “culturale” mercificato e da un’economia non destinata ai bisogni reali. Le opportunità sono per chi già le ha per eredità di classe. Per gli altri è consumo usa e getta o l’asservimento clientelare. Il diritto giusto (non averne nessuno in esclusiva) è parola che sporca e non agevola le relazioni della selezione e dell’esclusione. Allora, presupposto per vero e scontato che agisce la stessa struttura concettuale, tacitamente si lascia funzionare acriticamente la vecchia macina ideologica del “dominium”: il bene è del suo “proprietario” (individualismo) e il territorio è del suo “sovrano” (patrimonialismo).

E questo, i candidati Sindaci della borghesia egemone, che camuffano il “gran bene che ti/ci voglio/vogliamo”, lo sanno perfettamente! Le opportunità, se ci sono, non sono certo per tutti; sono solo per quelli che già hanno i beni di famiglia e il Sindaco di “classe” che li protegge.

Il futuro dei/ai giovani, così, è rubato, e non gli è preparato neanche paternalisticamente. Sarebbe obbligo invece metterne a lavoro direttamente (nessuno escluso) energie e inventività finalizzate all’interesse generale della collettività pubblica e comune. Ma nulla loro è stato detto, e con loro discusso, che l’economia oggi è quella dell’immateriale, della conoscenza, dell’informazione e della comunicazione come forza di cooperazione produttiva socializzata; nulla sul fatto che questa forza creativa sociale è tuttavia espropriata dalla finanziarizzazione del capitale bancario venatorio. Il modello che mira al profitto e alla rendita con l’esclusione del sociale sfruttando ogni forza viva dell’ambiente e del lavoro vivo fino all’osso; e ciò in vista solo del risparmio sistemico di lavoro (automatizzazione esponenziale). Cosa che, come è evidente, non produce lavoro e occupazione ma crisi incrociate e complesse che aumentano:  disoccupazione, inflazione, recessione, prezzi e tariffe, violenza e guerra tra poveri, terrorismo del debito (sovrano, pubblico, privato, etc.), austerity e pareggio del bilancio socializzando le perdite e privatizzando i guadagni. Una crisi in cui non pagano i soggetti delle scelte liberistiche – che hanno innescato la favola della ricchezza per tutti nello sviluppo competitivo e diseguale di tutti contro l’ambiente e di tutti contro tutti – ma la stragrande maggioranza delle persone (in ogni dove).

Dalla crisi ci si può riparare, però, solo cambiando modello di economia politica e comportamenti. In vero, però, sembra,  che i candidati Sindaci (alla moda!) di Marsala, ai giovani della Consulta marsalese, continuino a caldeggiare la politica dell’esclusione e dell’antidemocrazia: la politica della non eguaglianza, della non libera autonomia, della non equità e, soprattutto, della nessuna speranza che ravvivi la teoria e la pratica dei fondamentali valori e principi della Costituzione repubblicana italiana. Il benessere di ciascuno e la pace sociale, la cura e la tutela dell’ambiente come salda ricchezza collettiva o beni pubblici e comuni (materiali e immateriali) della Città, non trovano le loro parole. A caccia, i più esposti, di un pugno di dollari (pardon: voti), non ne parlano!

E invece, per i giovani e la ripresa generale, ci vorrebbe il coraggio di imbroccare l’economia dei ‘beni comuni’ (Marsala ne ha un ricco patrimonio – naturale e storico –) e della “decrescita” come scelta culturale e pratica di economia e critica politica che rieduchi all’interesse generale. Solo nel comune, infatti, c’è  lo spiraglio della ripresa e del rilancio a tutto tondo per il benessere della collettività generale e dei diritti fondamentali e universali di vecchia e nuova generazione. E ciò a Marsala come altrove, e in circolarità virtuosa espansa.

I Diritti Universali di “Madre Terra” e della biodiversità sono altrettanto beni comuni e di valore di gran lunga superiore alla proprietà “pubblica” e “privata”. I luoghi dei beni comuni, della creatività cooperativa sociale e della biodiversità hanno altre temperature. Quii fiumi, i laghi, i ghiacciai, il mare, le spiagge, gli scogli, le attività, etc., come in tanti altri altrove, “hanno il diritto a vivere in un ambiente sano”. Se “Il XX secolo è stato il secolo dei diritti umani, innanzi tutto con l'approvazione dei diritti civili e politici nel 1948, ed in secondo luogo con l'approvazione dei diritti economici, sociali e culturali nel 1966. Adesso il XXI secolo deve diventare il secolo dei diritti della Madre Terra e di tutti gli esseri viventi(Evo Morales, Presidente della Bolivia).

E il comune e, con questo, l’economia dei beni comuni  non vanno avanti né culturalmente né politicamente se, a dispetto della realtà storica del presente che ha dato vita al “comunismo del capitale”, allo smantellamento del welfare stateper darlo ai ricchi e allo scatenamento della guerra di tutti contro tutti, non si seppelliscono definitivamente gli specchietti per allodole che hanno reso possibili queste devastanti allucinazioni e le depredazioni che tutti sanno.

E come dell’idea e della progettualità del ‘comune’ e dell’economia politica dei ‘beni comuni’, nessuno odore e parola ha macchiato il “verbo” degli aspiranti Sindaci marsalesi, così è stato pure per  l’ipotesi di un possibile ASSESSORATO AI BENI COMUNI della Città affidato direttamente all’elaborazione, gestione e controllo dei giovani, o giocando – magari a mezzo servizio – tra democrazia diretta e rappresentativa (nel caso, questa, fosse ancora in vita!).  E per il loro nascere e affermarsi cultura politica di controtendenza economico-sociale partecipativa, certo non ci si può servire ancora delle consorterie in concorrenza tra elettoralismo plebiscitario e liberistica monetizzazione. Di contro Il Comune di Napoli, dopo la vittoria referendaria (giugno 2011) dell’acqua bene comune, ha modificato (dove richiesto) il proprio Statuto conformemente al diritto e alla giurisprudenza dei beni comuni. E qui? Chi o cosa si aspetta ancora!