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01/12/2012 03:46:24

XX Battaglione Eritreo, di Indro Montanelli

Erano gli anni ruggenti del fascismo, quelli del consenso. A parte le minoranze, gli italiani erano fascisti. Il Duce e il re stavano dando loro la nuova colonia.
L'autore si era sempre opposto alla ripubblicazione di questo libro, diventato presto introvabile. A undici anni dalla sua morte viene riproposto a cura di Angelo Del Boca per i tipi della Rizzoli. E' uno dei primi libri dell'autore, quello che gli aprì le porte al giornalismo. Lo lesse Ugo Ojetti, e ne scrisse una favorevole recensione sul Corriere della Sera. Vendette trentamila copie, che allora non erano bazzecole. Il successo fu dovuto allo stile scarno e non ampolloso o retorico, come allora si usava. Ma in maggior misura fu dovuto, penso, al fatto che era buono per la propaganda del regime. Arruolatosi volontario, Montanelli, partì per l'Africa. Nel libro, ringrazia il Gran Babbo (Mussolini) che gli dava la possibilità di fare quest' avventura, dopo tanti anni passati a scuola e sui libri. Comandò una compagnia del XX Battaglione eritreo. Tra una marcia e l'altra verso Addis Abeba trovò il tempo di scrivere a pezzi, a volte slegati, il suo racconto. Fuori di lui c'erano gli accampamenti, i trasferimenti, la boscaglia, i preparativi della battaglia, il nemico che arretrava Dentro di lui c'era la convinzione di compiere un'impresa giusta, per dare all'Italia il suo posto fra le grandi nazioni. Col senno del poi, si può dure che gli italiani andavano alla conquista dell'Eritrea quando il mondo coloniale cominciava a declinare.
Montanelli dopo meno di un anno di prima linea fu ferito, e mandato a curarsi nelle retrovie. Suo padre, Sestilio, preside di liceo, era allora in Africa per dirigere un corso di aggiornamento. Dopo un altro anno tornarono in patria. Comincia a questo punto la vera e propria carriera giornalistica di Indro. Fu inviato in Spagna al seguito delle truppe italiane che appoggiavano Franco contro i repubblicani. Mandò al Messaggero un pezzo sulla battaglia di Santander, che ha quest'incipit: " "È stata una lunga passeggiata militare con un solo nemico: il caldo." La cosa non passò inosservata. Tornato in Italia, fu radiato dall'Ordine dei giornalisti per decisione di Mussolini, che voleva che si pensasse che l'avanzata italiana era stata fortemente contrastata. Gli fu anche tolta la tessera del partito, ma non fece nulla per riaverla. Lavorare in Italia per lui diventava difficile. Per fortuna ebbe per amico Bottai, gerarca fascista, che gli procurò un incarico di lettore italiano in Estonia nell'Università di Tartu, poi lo fece nominare direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Tallin, la capitale. Intanto gli umori degli italiani verso il regime cominciavano a mutare di pari passo con la partecipazione alla guerra di Spagna, con l'emanazione delle leggi razziali e con l'ingresso nella Seconda Guerra Mondiale. Ma Montanelli faceva già la fronda. L'entusiasmo per il Duce era svanito da un pezzo.


Leonardo Agate
 



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