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28/12/2014 06:45:00

Top News 2014. La caccia a Messina Denaro, i processi, l'antimafia in crisi...

 I politici indagati per le spese pazze all’Ars. Le dimissioni del sindaco di Marsala Giulia Adamo. I fatti di cronaca, le sparatorie in centro a Marsala, le morti tragiche sulle strade trapanesi. Il porto e i blitz antimafia in provincia di Trapani. Sono alcune delle principali notizie di questo 2014 che sta per finire.

Un anno di sequestri, processi, blitz nella lotta alla mafia, sempre serrata in provincia di Trapani. Sempre con un unico obbiettivo: la cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro. La primula rossa di Castelvetrano è un fantasma da 21 anni. Negli ultimi anni sono state tantissime le operazioni che hanno fatto terra bruciata attorno al boss, con arresti eccellenti dei suoi fiancheggiatori, con sequestri e confische di beni e aziende a lui riconducibili.
L’ultima operazione è Eden 2, scattata tra le province di Trapani e Palermo, che ha portato in cella 16 persone ritenute appartenenti al cerchio magico del boss. A fare i suoi interessi a Palermo, il nipote, Girolamo Bellomo. Tra gli arrestati anche il consigliere comunale di Castelvetrano Lillo Giambalvo, quello che andava a picchiare i ladruncoli che avevano rubato a casa della madre di Messina Denaro. Eden 2 è il seguito di Eden 1, un’operazione scattata a fine 2013 che tra gli altri ha portato in cella la sorella di Matteo Messina Denaro, Patrizia. Ed è in corso il processo su quell’operazione che fu la prima a unire le forze dell’ordine nella caccia al boss. Il cerchio si stringe, con colpi mirati e tecniche nuove degli inquirenti che adesso sono sempre più fiduciosi sulla cattura del super latitante. In Eden è stato anche arrestato Lorenzo Cimarosa, cugino di Diabolik, che ha cominciato a parlare, a collaborare con gli inquirenti. E molte delle sue dichiarazioni sono state utili per tracciare alcune dinamiche della mafia di Castelvetrano messa sotto chiave nell’ultimo blitz del 19 novembre scorso.
Un anno in cui sono stati sequestrati beni per svariati milioni di euro. Aziende, macchinari, beni, e conti correnti sono stati bloccati in quanto ritenuti proventi di attività illecita e riconducibili all’azione imprenditoriale del boss. L’ultimo sequestro è arrivato pochi giorni fa, 20 milioni di euro di beni e aziende sequestrate a soggetti coinvolti nell’operazione antimafia Eden. Il tutto ha svelato l’interessamento della cosca per l’olio d’oliva del Belice, con due aziende messe sotto sequestro. E ancora la Direzione Investigativa Antimafia ha confiscato beni intestati alla sorella, Anna Patrizia ( ed al marito Vincenzo Panicola entrambi detenuti per associazione mafiosa.
Il provvedimento di confisca segue il decreto di sequestro, che era stato emesso a carico di Panicola nel Gennaio 2013. La proposta di applicazione della misura di prevenzione nei confronti di Panicola era stata avanzata dal Procuratore della Repubblica di Palermo, sulla base delle indagini patrimoniali svolte dalla Sezione Operativa D.I.A. di Trapani.
L’obbiettivo è quello di togliere il terreno sotto i piedi del boss. Togliere tutto l’immenso patrimonio accumulato, colpendo anche quegli imprenditori che avrebbero agito con le spalle coperte dalle cosche. Come Domenico e Pietro Funaro, padre e figlio, trapanesi originari di Santa Ninfa, che sono stati raggiunti da un provvedimento di sequestro preventivo di beni per 25 milioni di euro emesso dal Tribunale di Trapani. Ma nell’indagine, la figura cardine sembra essere Pietro Funaro, ex vicepresidente regionale dell’Ance Sicilia, e rappresentante del sindacato degli imprenditori edili di Confindustria in provincia di Trapani. Il provvedimento toglie il coperchio nell’ennesimo intreccio tra mafia, imprenditoria e politica. Con un’operazione che segue il lungo filo rosso, fatto di turbative d’asta e appalti truccati, che arriva dall’epoca di don Ciccio Pace a Trapani.
Beni e aziende operanti nel settore del trasporto merci su gomma sono stati sequestrati agli eredi congiunti di Ignazio Miceli, di Marsala, pluripregiudicato, imprenditore operante nel settore dei trasporti alimentari, deceduto nel 2010. Sulla stessa linea il sequestro di beni per circa 2 milioni di euro effettuato dalla Direzione investigativa antimafia a Carmelo Gagliano, 48 anni di Marsala, imprenditore nel settore dei trasporti. Gagliano da anni è sotto la lente della Dia nelle inchieste sugli intrecci tra mafia e camorra per il controllo del mercato ortofrutticolo.
E’ stato anche sequestrato dalla Guardia di finanza un complesso turistico di Scopello del valore di 40 milioni e riconducibile a un imprenditore di 65 anni condannato nel 1998 per associazione mafiosa come esponente della cosca di Castellammare del Golfo. Si tratta di Antonino Palmeri, 65 anni. Poi nelle scorse settimane è arrivato un maxi sequestro di 450 milioni di euro a Calcedonio Di Giovanni, imprenditore di Monreale con tanti interessi in provincia di Trapani. Secondo quanto sostenuto dalla DIA, la scalata imprenditoriale di Di Giovanni sarebbe stata“indissolubilmente intrecciata con i destini delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo”. Tra i beni milionari ci sono anche un centinaio di case nel villaggio turistico di Campobello di Mazara Kartibubbo in cui, secondo gli investigatori, sarebbe emerso “il collegamento di Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, ossia Vito Roberto Palazzolo”. Gli affari di Di Giovanni arrivano anche a Petrosino, alla zona di Torrazza.
Dai sequestri ai processi di mafia. E’ in corso quello sull’operazione Eden 2. Si sta tenendo poi il processo dei processi, quello sulla trattativa Stato-mafia che in questi mesi è stato seguito soprattutto per la deposizione del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Altri processi si sono conclusi con sentenze importanti. Il processo sull’operazione Campus Belli, che nel 2011 aveva portato in carcere 17 persone tra Campobello e Castelvetrano, si è concluso con l’assoluzione di Ciro Caravà, ex sindaco di Campobello, arrestato nel blitz. La Cassazione ha poi confermato la condanna a 3 anni e 8 mesi per David Costa, politico ex deputato regionale, per voto di scambio politico-mafioso, ma la pena residua che dovrà scontare si è ridotta a 2 mesi che non verrà espiata.
E’ finito con nove condanne e sei assoluzioni il processo di primo grado a Santa Maria Capua Vetere sul cartello tra mafia siciliana e casalesi per monopolizzare il trasporto su gomma tra Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e nei mercati ortofrutticoli di mezza Italia.
Alla sbarra elementi di spicco delle organizzazioni criminali campane e siciliane. Gaetano Riina, fratello minore del capo di Cosa Nostra, condannato 6 anni di carcere; Francesco "Cicciariello" Schiavone, cugino omonimo di "Sandokan" (12 anni e 9 mesi); il figlio di "Cicciariello", Paolo Schiavone, per la prima volta condannato (10 anni e 3 mesi) e altri ex elementi di spicco di importanti famiglie di camorra come i clan Mallardo e Licciardi. Coinvolti nell’inchiesta anche i fratelli Antonio e Massimo Sfraga, da Marsala, già condannati con il rito abbreviato in secondo grado dalla quinta sezione della Corte d’appello di Napoli confermando la condanna a tre anni di carcere che il 27 gennaio 2012 il gup partenopeo Antonio Cairo ha inflitto, per illecita concorrenza con minaccia o violenza in concorso, ai fratelli Antonio e Massimo Sfraga, di 47 e 40 anni, ex ras locali nel settore del trasporto dell’ortofrutta verso i mercati campani e laziali.
Ma il processo più importante dell’anno in provincia di Trapani è quello che si è chiuso nel capoluogo e che ha visto un Tribunale emettere per la prima volta una verità giudiziaria sull’uccisione del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, avvenuta il 26 settembre 1988 a Lenzi, Trapani. I due imputati Vincenzo Virga, capomafia trapanese, e Vito Mazzara, killer della famiglia, sono stati condannati entrambi all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Trapani nella storica sentenza del 15 maggio 2014 dopo tre giorni di camera di consiglio. Un processo durato tre anni, una sentenza molto attesa in un territorio che vive di segnali. Dove l’antimafia, quella di impegno e sacrificio intesa da Rostagno, sta sbiadendo. Con le associazioni antimafia che si perdono in liti sterili, in protagonismi senza effetti. Con una classe politica che non ha credibilità nella lotta al crimine organizzato, come ha dimostrato nel consiglio comunale aperto a Castelvetrano. Un’antimafia che in provincia di Trapani, quest’anno, ha perso un grande punto di riferimento, un esempio per tutti, come il Prefetto Fulvio Sodano. L'ex Prefetto di Trapani era nato nel 1946 e la sua esperienza nel nostro capoluogo era cominciata nel 2000, dietro mandato del Governo Amato.
A Trapani si è speso particolarmente in questioni riguardanti i beni confiscati alla mafia e, a questo proposito, il 26 luglio 2003 ha stipulato la "Carta degli impegni libera terra Trapani", documento che consente di velocizzare le procedure di confisca dei beni ai mafiosi e di incidere tangibilmente sull'impoverimento del loro patrimonio. L'11 luglio 2003 fu trasferito e nominato dal Governo Berlusconi prefetto di Agrigento. Si dimise nel 2005 perchè gravemente ammalato.
Per l'importanza del suo operato, ha ricevuto la cittadinanza onoraria da tutti i Comuni più importanti della Provincia, tranne che da Trapani. In città la richiesta di cittadinanza onoraria ha dovuto aspettare otto anni prima di essere evasa dal consiglio comunale, e solo grazie all'impegno di un comitato spontaneo di cittadini guidati dalla giovane Rosaria Bonello il punto fu messo all'ordine del giorno del consiglio. Ma il Prefetto, stanco delle continue resistenze politiche, rifiutò di ricevere l'onorificenza. Sodano fu il l prefetto che a Trapani impedì alla mafia trapanese di dare l’assalto ai beni confiscati, e si ritrovò improvvisamente trasferito nell’estate del 2003 da Trapani ad Agrigento mentre sbloccava la assegnazione di una serie di beni confiscati. Il suo ultimo atto fu salvaguardare la Calcestruzzi Ericina, che Cosa nostra, con la complicità di pubblici funzionari, stava cercando di far fallire per poi riacquistare.
Pur gravemente ammalato, impossibilitato a muoversi e a parlare, usando un particolare computer che utilizzava muovendo gli occhi sulle lettere, faceva sentire la sua voce: “Ho analizzato le batoste subite, l’isolamento nei momenti critici da parte di chi per logica di potere non mi ha supportato e fu allora che compresi che lo Stato non sempre stava dalla parte dello Stato”.