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22/01/2015 06:15:00

Messina Denaro comanda la mafia a Palermo. Anzi, no. Anzi: boh...

 Tra tutti i misteri che avvolgono Matteo Messina Denaro, boss mafioso di Castelvetrano latitante dal 1993, uno, forse il secondo per importanza (il primo è, ovviamente: dove sei, Matteo?) riguarda il suo grado di influenza su Palermo, città non sua. Tra gli investigatori, e in procura, ci sono da sempre due correnti di pensiero. La prima dice che Messina Denaro è il capo della mafia belicina, ma non ha alcuna influenza su Palermo, dove è "sintuto", cioè ascoltato, per la sua autorevolezze e per i rapporti stretti della famiglia con i Corleonesi di Riina, ma non c'è altro. Non organizza famiglie, non fa affari, era intimo con i Graviano, ma non ha nè la forza - è un latitante - nè l'autorevolezza di dare ordini. Una seconda corrente di pensiero, invece, tende a sovradimensionare la figura di Messina Denaro: è il capo di tutto, ci dicono, non si muove foglia che Matteo non voglia, non solo a Castelvetrano, ma in tutta la Sicilia. A rinsaldare questa tesi ci pensa ora l'ennesimo pentito, Vito Galatolo. Matteo Messina Denaro non avrebbe concesso alcuna autonomia alle famiglie palermitane: anzi, gli attuali capi-cosca sarebbero suoi referenti. Di più: sarebbe stata la primula rossa ad ordire l’attentato contro il pm Antonio Di Matteo: sono le clamorose rivelazioni del pentito Vito Galatolo, boss dell’Acquasanta e responsabile di Resuttana per conto del criminale latitante. Tra gli altri elementi portati alla luce da Galatolo c’è l’ascesa nella criminalità organizzata di esponenti già carcerati, quasi che le sbarre non fossero un problema: è il caso di Ino Corso, eletto a capomandamento, e di Nino Sacco, “coinquilino di cella” di Salvatore Messina Denaro, fratello di Matteo. 

Sul rapporto tra Matteo (il boss) e Di Matteo (il giudice) ci sarebbero da chiarire alcuni aspetti. Quale sarebbe il motivo per cui il boss odia così tanto il magistrato? Le indagini e il processo sulla Trattativa? Nulla di più lontano. E allora? Forse questo sarebbe un mistero da capire, perchè l'influenza delle indagini di Di Matteo sulla cosca dei Messina Denaro è nullo. In questo senso, nella lista dei nemici, Messina Denaro dovrebbe mettere altri: gli investigatori e i pm che più da vicino si occupano  in maniera diretta di lui. Perchè nessuno si pone questa domanda?

Forse, ma qui si scivola nella dietrologia, perchè a molti - anche a parecchi giornalisti - conviene ingigantire la tara criminale di Messina Denaro, e quindi farlo boss dei boss, che trama con il potere politico, ancora oggi, e che sta dietro ogni mistero d'Italia. 

E quindi, se Galatolo, pentito, dice che dietro gli affari del clan di Palermo c'è Messina Denaro perchè non credergli? "C'è Matteo Messina Denaro dietro la nomina dei vertici dei mandamenti mafiosi di Palermo". Ne è sicuro Vito Galatolo, il boss dell'Acquasanta . E ha raccontato che Messina Denaro non solo avrebbe ordinato di organizzare l'attentato al pubblico ministero Antonino Di Matteo, ma avrebbe pure piazzato gli uomini alla guida di tre importanti mandamenti della città: Resuttana, Santa Maria del Gesù e Brancaccio. Nella riunione in cui si discusse di fare saltare in aria il magistrato, Mimmo Biondino gli comunicò le scelte del latitante. “Tu lo sai che noi avremmo il piacere che fossi tu al mandamento di Resuttana”, disse Biondino, anziano boss di San Lorenzo. “No, gli ho detto, non mi interessa - ha messo a verbale Galatolo - e lui mi dice vedi che è Matteo che lo manda a dire, Messina Denaro...”. C'è anche una lettera, che tira fuori Biondino, e nella lettera c'è l'ordine di Matteo, firmata "vostro fratello Matteo". Una cosa insolita, per Messina Denaro. Non si è firmato mai così. Il pentito Galatolo dice che la lettera lui l'ha vista ed era proprio sua. Ma, ovviamente, nessuno oltre a lui l'ha vista. E il mistero continua.