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20/03/2016 06:04:00

Bulgarella: "Lascio tutto. Travolto dall'accanimento dei magistrati"

 Andrea Bulgarella, l'imprenditore di Trapani ma con base operativa a Pisa, coinvolto in un'inchiesta della Procura antimafia su suoi presunti rapporti con la mafia trapanese, annuncia in un'intervista al settimanale Panorama :«Da giugno lascerò l'impresa ai miei dipendenti. Venderò tutto, se sarà necessario, per completare le costruzioni da finire. Lascio la Toscana e Pisa: la città non mi ha difeso. Lo fa soltanto adesso, dopo i provvedimenti del Tribunale del Riesame e le parole della Cassazione».

E' quello di Bulgarella uno sfogo che si conclude con l'annuncio di volersi ritirare in solitudine. Indagato per truffa e riciclaggio, con l'aggravante mafiosa, Bulgarella il 5 ottobre scorso ha subìto una serie di sequestri documentali disposti dalla Dda di Firenze sulla base delle informative redatte dai carabinieri del Ros. L'accusa era di essere un riciclatore dei soldi del superboss Matteo Messina Denaro e di aver avuto favori dal numero due di Unicredit, Fabrizio Palenzona, per ristrutturare un debito di 60 milioni che le sue società avevano con la banca. Progetto poi non andato a buon fine. Tra le contestazioni anche di aver avuto trattamenti di riguardo dalla Banca di Cascina.
Prima il Tribunale del Riesame di Firenze e poi la Procura della Cassazione (nelle prossime settimane si pronuncerà la Suprema Corte sul ricorso contro il dissequestro dei documenti disposto dal Riesame) hanno definito l'ipotesi accusatoria per i fronti Unicredit e Messina Denaro «talmente in contrasto con le emergenze procedimentali da non poter essere neanche ipotizzata in astratto»:  una demolizione dalle fondamenta degli scenari, tra Unicredit e mafia, in cui era stato collocato Bulgarella. In parallelo è stato confermato il sequestro per il filone della Banca di Cascina. L'amarezza del costruttore «sfregiato a vita per l'accanimento dei magistrati» è una riflessione anche del rapporto tra indagato, giornali e meccanismi giudiziari. «Quando finirà questa mia storia giudiziaria, voglio costituire una fondazione per le vittime della cattiva giustizia, soprattutto per gli imprenditori travolti da un errore giudiziario». Chiosa finale: «Quell'indagine è come un tatuaggio: non si cancella. Per questo ho deciso: a giugno lascio l'impresa ai miei dipendenti».

Nell’inchiesta della Dda di Firenze, avviata nel 2013 e diretta dai sostituti procuratori Alessandro Crini e Angela Pietroiusti, il costruttore siciliano che a Pisa ha fatto fortuna, è indagato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita con l’aggravante mafiosa e in concorso l’impiego di denaro di provenienza illecita.