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28/06/2016 06:00:00

Marsala, storie di ordinaria disuguaglianza: il falegname e le cure che non può fare

 Ha ceduto di schianto, giorni fa, la zanzariera della finestra del bagno: sbarrava l’accesso ad eventuali e sgraditi ‘ospiti’, provenienti dalla terrazza condominiale. Così ho telefonato al mio falegname di fiducia: un anziano signore che vive nel centro storico di Marsala e va in giro, per viuzze e piazzette, con una ‘Graziella’ d’antan. L’indomani, però – all’aibb’e ddiu – è venuto a piedi, il mio fragile ‘Mastro Geppetto’, per le relative misure: metro professional in una mano e nell’altra..una stampella(?!). Mentre armeggiava, ho chiesto lumi:“Ho problemi ad un ginocchio: accumpagnatu ri me niputi, app’à gghiri tri voti a Salemi, ogni vota una ‘gnizioni (centu euro ‘a botta). Pì falla tunna,‘u dutturi m’assegnau puru una cura: a fici, ma.. fino a un certo punto”.

“Sig. Favara, vossia, ammia, m’avà scusari: ma chi ven’a dire ‘fino a un certo punto’? La cura si segue finché il medico non decide di sospenderla. Non rientra nei poteri del paziente, decidere alcunché su qualsivoglia prescrizione: dunque, perché mai l’ha sospesa?” “Semplice, mi mancan‘i picciuli pi’ miricinali: unn’è ch’unni vogghiu, è ch’unni pozzu.. accattari!”(ed è magra consolazione, per Favara, apprendere che,con lui, di italiani che rinunciano a curarsi, secondo il Censis, ce ne sono altri 11 milioni). Quando è tornato per ultimare il lavoro – sempre ’a piragna, con ‘Briciola’, la sua cagnetta, che lo segue dappertutto abbaiando a perdifiato contro chiunque, a suo insindacabile giudizio, si avvicini un po' troppo al malconcio ma venerato padrone – ho chiesto al Sig. Favara quanto dovessi ancora aggiungere all’anticipo già versato. Lui, guardandomi fisso negli occhi, con un misto di tristezza e vergogna, mi ha così risposto: “Professù, cu chiddri chi mi resi l’atra vota, fussimu già ‘a paci. Anzi, ‘un saccio si ci n' avissi a dare eo a lei. Ma..chi ci a ddire, facissi lei..si mi po’ ddari quaicche cosa pi fari a spisa...’U Signuri, c’ù paga!”. Ecco perché, piuttosto che pretenderne la revisione, ci si dovrebbe interrogare sulle ragioni per cui le classi dirigenti di questo sventurato Paese –Governo e Opposizione Sindacati e Confindustria, Partiti e Movimenti – abbiano deciso – pur colmandola di lodi sperticate – di tradire, invece che attuare la nostra Carta Costituzionale. Oggi, i Governi “esecutivi”, proni ai diktat di una ristretta oligarchia finanziaria internazionale (nel Report 2013 gli analisti della Banca d’Affari J. P. Morgan hanno esternato tutta l’insofferenza della grande finanza globalizzata per le Costituzioni Democratiche del Secondo Dopoguerra) completano il lavoro: inabissandoci ogni giorno di più nel gorgo di un’inedita, spettrale Democratura. Che autorizza gli Stati,non solo a rinunciare, de facto, a quote sempre più consistenti di sovranità, ma anche a subordinare il rispetto dei Diritti Fondamentali dei cittadini alle “compatibilità di bilancio” imposte dal suddetto, onnipotente summit (al centro, peraltro, del pregevole film di Roberto Andò “Le Confessioni”). Per questo, è imperdibile l’occasione offerta dal Referendum sulle modifiche costituzionali: non solo per scolpire un “NO”a caratteri cubitali sulle velleità di “Renzino da Rignano”, ma per ricordare a tutti che sarebbe bastato applicare, in parte almeno, i principi della nostra Costituzione, per vivere in un Paese meno ingiusto e diseguale, meno corporativo e neo-medievale, meno lacerato tra chi ha troppo e chi niente.

G. Nino Rosolia