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16/11/2016 06:05:00

Agostino Licari: "Le ragioni del No di Rosolia al referendum che non mi convincono"

Ogni volta che sul vostro giornale viene pubblicato un articolo di Nino Rosolia, la prima tentazione è quella di andarmelo a leggere subito. Soprattutto perché le sue opinioni e le sue considerazioni sono sempre interessanti e meritevoli di attenzione. Così è stato per il suo ultimo intervento sul referendum del 12 novembre scorso. Devo dire che interessante e meritevole d’attenzione non vuol dire essere d’accordo su tutto. Per esempio non sono d’accordo sul fatto che la riforma costituzionale per la stragrande maggioranza della gente, “non gliene pò fregà de meno”, perché assillata da altre priorità: (salute, sicurezza, lavoro, disoccupazione giovanile, tasse, evasione fiscale, pensioni, eccetera). Non sono d’accordo con lui prima di tutto perché non mi piace schierarmi con i “benaltristi”, con coloro cioè che dicono: visto che ci sono tante cose da fare è meglio rinviare. In sostanza, la teoria che una volta si chiamava la teoria dei due tempi. Quanto ai numeri e alle percentuali, alla luce delle elezioni americane, sarei più cauto nello stabilire a priori gli orientamenti della gente. Ma questo è un esercizio al quale nessuno vuole rinunciare, che può, in certi casi, tornare utile se e fino a quando sulle impressioni e i numeri non si voglia costruire un ragionamento e una presa di posizione definitiva.
Questo non toglie che quello del mio amico e compagno Nino Rosolia non sia un ragionamento ricco e articolato. In controtendenza però, perché più che del contenuto egli preferisce parlare del metodo e delle procedure, da lui considerate discutibili, con cui si è arrivati ad indire il referendum confermativo sulla riforma costituzionale, che avrà luogo il prossimo 4 dicembre. Io credo che sia legittimo parlare di “legittimità” di chi la proposta di riforma l’ha prodotta, delle procedure adoperate per approvarla, della coerenza con i principi costituzionali, della richiesta di revisione del quesito referendario avanzata dal costituzionalista, Valerio Onida al Tribunale di Milano, dei vari ricorsi intentati per invalidarlo, tutti puntualmente respinti. Ma poi, piaccia o non piaccia, bisogna attenerci alle decisioni giurisdizionali a cominciare da quelle della Consulta che ha dichiarato, per il principio di continuità, che le istituzioni, nel caso specifico il Parlamento eletto con il Porcellum che, sia pure dichiarato di dubbia legittimità, può, senza limiti, svolgere la sua piena attività legislativa.
Circa le previsioni degli effetti dell’esito del SI e del NO, che si faranno sentire dopo il referendum, esse fanno parte della campagna referendaria: chi per evidenziare le ragioni del SI, che vuole la riforma perché necessaria per cambiare il nostro Paese e chi porta avanti le ragioni del NO per prospettare invece se nel caso dovesse passare la riforma sarebbe una iattura e persino un vulnus per il nostro stesso sistema democratico.
Io, come ho avuto modo di dichiarare al congresso del Pd, voto SI perché sono convinto che per salvaguardare e valorizzare i principi fondamentali e attuare i diritti e i doveri contenuti nella Prima parte della nostra Carta costituzionale, è necessario riformare la Seconda parte, l’Ordinamento della Repubblica, così come previsto dai nostri costituenti, soprattutto per quanto riguarda il superamento del cosiddetto bipolarismo paritario, il rapporto Stato – Regioni, la riduzione del numero dei senatori, il Senato delle autonomie, per citare alcuni punti della riforma che sono stati condivisi da maggioranza e opposizione, anche di quella parte che ora si dichiara contraria.
Sono convinto che se prevalgono le ragioni del SI, l’Italia potrà dirsi di aver fatto un passo in avanti importante lungo la strada delle riforme. Viceversa, se vince il fronte del NO tutto resta come prima. Una volta superati i prescritti passaggi formali, è tempo di soffermarsi sui contenuti della riforma costituzionale che, dopo più di un trentennio di tentativi falliti, finalmente potrà andare in porto. Sappiamo tutti, a cominciare dall’amico e compagno Nino Rosolia, che la vittoria del SI non è il raggiungimento di un fine ultimo ma l’ottenimento di uno strumento essenziale di modernità e di progresso. Se dovesse vincere il NO si rimarrebbe fermi e lo sguardo rivolto all’indietro e questo, secondo me, l’Italia non se lo può permettere.

Agostino Licari