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09/03/2017 08:15:00

Marsala, sorella dell’imprenditore Michele Licata assolta da lesioni personali colpose

  E’ decisamente più fortunato, rispetto a quanto accade al fratello Michele, l’approccio con la giustizia dell’imprenditrice Vincenza Licata. Difesa dall’avvocato Ignazio Bilardello, la sorella dell’ex imprenditore leader del settore ristorazione-alberghiero ha, infatti, incassato un’altra assoluzione. Stavolta, è stata assolta (“il fatto non sussiste”) dal giudice monocratico Bruno Vivona dall’accusa di lesioni personali colpose gravi e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Enza Licata era finita sotto processo nella sua qualità di amministratore della ditta “Bisi Baidhà” a seguito di un infortunio di cui, il 29 marzo 2011, a Campobello di Mazara, rimase vittima un suo dipendente: Filippo Interisano. Questi subì la frattura scomposta di tibia e perone sinistro cadendo da una scala a pioli mentre ripuliva dalle erbacce il tronco di una palma. “Una sentenza dovuta – commenta l’avvocato Ignazio Bilardello – alla luce delle risultanze emerse nel corso dell’istruttoria dibattimentale. L’attrezzatura messa a disposizione del lavoratore era idonea ai fini della salute e della sicurezza e adeguata al lavoro da svolgere.Tanto è vero che lo stesso pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste”.

Assolto anche Sandro Barretti, 50 anni, marsalese, imputato in concorso con la Licata con l’accusa di non aver vigilato sull’osservanza da parte del lavoratore delle disposizioni dell’azienda in materia di sicurezza sul lavoro.

Lo scorso novembre, invece, Enza Licata è stata assolta dal giudice Iole Moricca dall’accusa di calunnia. Secondo l’accusa, l’imprenditrice, anche in quel caso in qualità di amministratrice della società “Bisi Baidha”, avrebbe denunciato “falsamente” lo smarrimento di quattro assegni bancari a sua firma dell’importo di 10.700. Simulando così, secondo gli inquirenti, le “tracce del reato di ricettazione” a carico di Nicolò Di Giovanni, che mise l’assegno all’incasso alla banca Monte dei Paschi di Siena. Nel processo fu individuata come “parte offesa” la mazarese Paola Giacalone, amministratrice unica della “Sicilittica”. I fatti contestati erano relativi all’aprile 2012. A coordinare l’indagine della polizia era stato il sostituto procuratore Nicola Scalabrini, lo stesso magistrato che ha diretto le prime fasi dell’indagine della Guardia di finanza sfociata nel crollo dell’impero economico del “gruppo Licata”.