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14/06/2018 10:15:00

Gli arresti per il nuovo stadio della Roma. Tremano i Cinque Stelle

 Nove persone sono state arrestate nell’inchiesta che riguarda il progetto del nuovo stadio della Roma, da costruire a Tor di Valle. Il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo ipotizza un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di condotte corruttive e a tutta un’altra serie di reati contro la Pubblica amministrazione.

In cella sono finiti l’imprenditore Luca Parnasi, proprietario della società Eurnova che sta realizzando lo stadio, e cinque suoi collaboratori. Ai domiciliari sono stati spediti Luca Lanzalone, attuale presidente di Acea e molto vicino al M5s, il vicepresidente del Consiglio regionale Adriano Palozzi (Forza Italia), l’ex assessore regionale all’Urbanistica Michele Civita (Pd).

Indagati poi il capogruppo del M5s in Campidoglio, Paolo Ferrara, il capogruppo di Fi in Campidoglio, Davide Bordoni, e Mauro Vaglio, presidente dell’ordine degli avvocati di Roma. L’As Roma, come precisato dal procuratore Ielo, «non c’entra nulla con l’inchiesta». Intanto, dopo gli arresti di ieri, il progetto dello stadio – un investimento da almeno un miliardo di euro – sembra destinato a fermarsi.

«Il futuro della città è passato dalle mani pubbliche a quelle private. Non si tratta più di piccoli appalti, come nel caso di Mafia capitale, ma di un progetto enorme. Dopo l’arresto di Raffaele Marra, 16 dicembre 2016, la sindaca viene commissariata da due fedelissimi di Luigi Di Maio, Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede. Subito dopo la Befana arriva anche Lanzalone che diventa il consulente della sindaca sullo stadio. Badi bene, della sindaca, non dell’amministrazione. Non ha un ruolo codificato eppure prende in mano la situazione e smentisce quello che avevo costruito con i tecnici dell’Urbanistica. È allora che decido di lasciare, al di là di come poi sono andate le cose» racconta Paolo Berdini, già assessore capitolino all’Urbanistica, che lasciò la giunta Raggi proprio perché giudicava la faccenda dello stadio una speculazione enorme).


Così Parnasi tentava di corrompere i politici
Luca Parnasi avrebbe provato a corrompere politici e pubblici ufficiali con soldi in contanti, assunzioni di parenti, fatture per operazioni inesistenti e consulenze fittizie. «Spenderò qualche soldo per le elezioni… c’ho già la lista dei partiti…  si tratta di un investimento sul futuro», dice - intercettato - ai suoi collaboratori, come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare. Parnasi avrebbe poi promesso al pd Michele Civita, ex assessore della giunta Zingaretti, l’assunzione del figlio presso una società del gruppo. In cambio Civita si sarebbe messo al servizio dell’imprenditore. Nel tentativo «di ottenere i favori del mondo 5 Stelle», Parnasi avviò «l’attività di promozione in favore del candidato alla Regione, Roberta Lombardi», scrive il gip Maria Paola Tomaselli. Nelle carte dell’indagine viene citata anche l’associazione «Più Voci» considerata vicina alla Lega alla quale Parnasi, tramite una sua società, avrebbe devoluto 250 mila euro. Inoltre, secondo i pm, ci sarebbe stato un tentativo di «esportare la corruzione oltre i confini romani». Il gruppo Parnasi avrebbe tentato di offrire una casa all’assessore del comune di Milano Pierfrancesco Maran, che avrebbe risposto: «Mi spiace ma qui non si usa».