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20/07/2018 13:00:00

Di Maio e Salvini, nervi sempre più tesi: vogliono le dimissioni del Ministro Tria

Forti contrasti tra il ministro Tria e i due vicepremier, specialmente Di Maio, il quale non accetta la candidatura di Scannapieco al vertice di Cassa depositi e prestiti, dato che Scannapieco sarebbe troppo compromesso con l’establishment di un tempo, proprio quello contro cui i grillini ritengono di aver vinto le elezioni.

Per trovare un punto d’accordo, il premier Conte ha convocato un vertice a tre a Palazzo Chigi, ma né Di Maio né Salvini si sono presentati ed è finita con un faccia a faccia di due ore tra Conte e Tria.

Secondo il Corriere della Sera Tria, a cui compete per legge la nomina, avrebbe detto: «O si accetta lo schema Tria o si cambia Tria». Il ministro è fortemente sostenuto da Mattarella e da Mario Draghi.

Di Maio, descritto come «furente», avrebbe reclamato la natura politica e non tecnica del governo. Salvini, molto serafico, ha invece mostrato di cadere dalle nuvole: «Non sapevo niente né della convocazione del vertice né della sua sconvocazione». Sarebbe però d’accordo, «se Luigi vuole», a chiedere le dimissioni di Tria.

Scrive Repubblica: «La credibilità di Conte come primo ministro non ha guadagnato punti».  Il contrasto ha conseguenze su tutte le nomine, comprese quelle relative alla Rai: non si decide niente e si rinvia. «L’impressione è che si proceda alla cieca, volendo delegittimare i “tecnici” — i nemici di sempre, la Quinta Colonna da cui guardarsi — senza però avere nella manica una soluzione politica che sia convincente e non meramente velleitaria» scrive sempre Repubblica.

 La Stampa parla apertamente di possibile crisi di governo, riferendo una frase di Di Maio: «Non abbiamo paura delle elezioni».

I dipendenti della Rai hanno eletto Riccardo Laganà loro rappresentante in cda.
 
Boeri attacca Di Maio
Il calo degli occupati a seguito del cosiddetto Decreto dignità era già atteso dallo stesso ministero del Lavoro guidato da Luigi Di Maio. L’ha detto il presidente dell’Inps, Tito Boeri, in audizione alla Camera, in risposta alle polemiche che hanno colpito l’istituto di previdenza. L’Inps ha previsto, a causa delle restrizioni sui contratti a termine, la perdita di ottomila posti di lavoro per i prossimi dieci anni. Boeri ha attaccato direttamente il governo: «L’esecutivo che mi ha nominato non mi ha mai chiesto di giurare fedeltà al suo programma, né io avrei mai accettato di farlo. Chiedo lo stesso rispetto istituzionale a questo esecutivo, non tanto per me stesso, quanto per la carica che ricopro. Ciò che non posso neanche prendere in considerazione sono le richieste di dimissioni online e le minacce da parte di chi dovrebbe presiedere alla mia sicurezza personale». (Immediata è arrivata la replica di Salvini: «Minacce a Boeri? Ma quando mai? È attaccato alla poltrona»). La richiesta di relazione tecnica per il decreto dignità – ha spiegato poi Boeri – è arrivata il 2 luglio e l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro ha richiesto di «stimare la platea dei lavoratori coinvolti al fine di quantificare il minor gettito contributivo derivante dalla contrazione del lavoro a tempo determinato». Boeri quindi ha aggiunto: «Le stime dell’Inps possono apparire addirittura ottimistiche se si tiene conto che ai lavori in somministrazione vengono estese tutte le restrizioni stabilite dal decreto per i contratti a tempo determinato». Infine «affermare che le relazioni tecniche esprimono un giudizio politico», come ha fatto il ministro Di Maio, significa «perdere sempre più contatto con la crosta terrestre, mettersi in orbite lontane dal nostro pianeta». In serata fonti vicine al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, hanno parlato di «toni inaccettabili e di espressioni fuori luogo».
 
Salvini ha querelato Saviano
Salvini ha querelato Saviano, giustificando la mossa - inusuale per un politico e per un ministro - con questo tweet: «Accetto ogni critica, ma non permetto a nessuno di dire che io aiuto la mafia, una merda che combatto con tutte le mie forze, o di dire che sono felice se muore un bambino. Quando è troppo, è troppo». Sia il Corriere che Repubblica (indignata perché il querelato «è conosciuto in tutto il mondo per il suo impegno civile contro la criminalità organizzata») sono impressionati dal fatto che le quattro pagine della querela siano scritte su carta intestata del Viminale. Saviano ha twittato a sua volta: «Tocca agli uomini di buona volontà prendersi per mano e resistere all’avanzata dell’autoritarismo, anche di quello che, per fare più paura, usa la carta intestata di un ministero, impegnando l’intero governo contro uno scrittore. E sono sicuro che in questo “governo del non cambiamento” nessuno fiaterà, aggrappati come sono tutti al potere. Io non ho paura».