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12/03/2019 21:36:00

Trapani, le guerre nel Pd: Pellegrino all'attacco di Faraone dopo il caso Ruggirello

 Peppe Pellegrino, consigliere comunale a Trapani, è stato eletto all’ Assemblea nazionale del Pd grazie alla mozione Nicola Zingaretti. A distanza di qualche giorno dalla sua elezione chiede che all’interno del partito si apra una discussione sulla questione morale.

Per chi pensasse che finite le primarie nazionali si aprisse la fase del vogliamoci tutti bene, solo di facciata, ha sbagliato i calcoli. La delusione è servita dietro l’angolo, il richiamo all’unità e ai toni abbassati è stato solo un modo come un altro per tornare ad attaccare, senza esclusioni di colpi.

Pellegrino, vicino al deputato regionale Baldo Gucciardi, attacca Davide Faraone, segretario regionale dem, sostenendo che è stato lo stesso a volere l’allargamento del partito e quindi l’ingresso di Articolo 4.

Il consigliere comunale di Trapani dimentica di raccontare che il passaggio fu voluto, tanto da esserne garante, da Marco Minniti. Occhi puntati e sentenze emesse, non in Tribunale, per l’operazione Scrigno che ha visto coinvolto e arrestato l’ex deputato del Pd Paolo Ruggirello.

Articolo 4 fece ingresso nel Pd non solo con Ruggirello ma con altri componenti quali Luca Sammartino, deputato regionale Pd, e Valeria Sudano, senatrice dem. Né l’uno né l’altra sono mai stati raggiunti da avvisi di garanzia, sostenere che dentro al Pd il marcio sia stato portato dall’allargamento del partito equivale a negare la storia politica, a mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi.

Nelle mani della giustizia finirono degli esponenti “puri” del Pd, da Mirello Crisafulli a Nino Papania fino a Francantonio Genovese solo per citare i siciliani, se poi ci si volesse spostare in altre regioni ecco che in Campania spunta Vincenzo De Luca con altrettanti guai con la giustizia.

La questione morale non può valere solo per alcuni mentre per altri si sorvola, non si ricorda, ovvero opportunamente si tace.

E oggi, alla luce del nuovo corso zingarettiano, a cui molti degli amministratori locali si aggrappano per un posto al sole, ecco che non c’è conseguenzialità nelle scelte di coalizione per le amministrative del 28 aprile prossimo.

Alle comunali il patto con pezzi di Forza Italia si rende inevitabile se si vuole mettere la bandiera della vittoria, il simbolo del Pd, grazie alla classe dirigente che finora c’è stata, non è più votato né votabile.

Così a Bagheria il Pd sosterrà Filippo Tripoli il candidato di Saverio Romano, a Gela Lucio Greco, candidato di Angelino Alfano, accordi chiusi nella maggior parte dei casi proprio dagli zingarettiani.

Pellegrino, invece, sostiene che tutta la responsabilità sia di Faraone che si “E’ autoproclamato segretario regionale spaccando il partito”. La verità politica è a metà: la competitor Teresa Piccione si è ritirata, non ha voluto giocare la partita e quindi la vittoria è stata servita. Le dichiarazioni di guerra, di non unità, sono arrivate dall’altro fronte.

Il neo eletto all’Assemblea nazionale sostiene che è tutto da rifare, a cominciare dal congresso regionale, portando il partito alle origine con due priorità: lotta alla mafia e selezione di una dirigenza al di sopra di ogni sospetto.

Le guerre non sono finite, l’appello all’unità prevede un passo indietro dei renziani in favore dei notabili del partito, gli stessi che in anni e anni hanno sempre fatto e disfatto come meglio credevano, tanto da portare il partito a percentuali sotto il 20% nazionale. Per governare bisogna vincere e per vincere c’è bisogno dei voti, quelli puliti, quelli di frontiera, di chi vive tra la gente e non pontifica a mezzo stampa.