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19/05/2019 06:00:00

Con la cultura non si mangia? Falso! Ne parliamo oggi a 38° Parallelo

 di Marco Marino

 

Oggi si chiude la terza edizione del festival 38° Parallelo - Tra libri e cantine dedicata al tema dei rammendi, tra visioni e paesaggi. L’ultima conversazione è stamattina, alle 10.30, al Museo Archeologico Lilibeo - Baglio Anselmi con Paola Dubini, professoressa di Management all’Università Bocconi di Milano, che presenterà il suo nuovo saggio Con la cultura non si mangia. Falso! (Laterza, 2018) assieme a Martina Ferracane e Francesco Giambrone.

 

Quante volte abbiamo sentito o ripetuto frasi come «La poesia non ne dà pane»; «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne possa sognare la tua filosofia» eccetera eccetera, volendo sottolineare tenacemente che il lavoro è lavoro, e produce, crea reddito, invece l’arte la poesia la filosofia sono attività accessorie, marginali, talvolta intese come una noiosa perdita di tempo per la spedita corsa verso il progresso. Ma è possibile sconfessare questo terribile luogo comune ovvero che la Cultura, nella società del XXI Secolo, continui a essere un fardello e non un’opportunità di crescita economica? Che non sia solo cibo per l’anima? È possibile pensare che la Cultura sia capace di creare un’economia felice laddove si costruisca a partire da essa un progetto di sviluppo per la nostra comunità?

 

Sono solo alcuni degli interrogativi a cui si risponderà stamane, altri li abbiamo anticipati in un’esclusiva intervista a Paola Dubini per i lettori di Tp24.

 

Per quale ragione è così radicato il pensiero che il lavoro culturale non sia un lavoro produttivo, che non riesca a rendere altro che cibo per lo spirito?

 

Per tanti motivi, ne cito tre.

 

1. Perchè non è sempre riconosciuto o visibile. Prendiamo l'Opera, che è una produzione culturale complessa. Vediamo il direttore, i solisti, sappiamo chi è il compositore, ma il successo di una rappresentazione deriva dalla sommatoria di molte competenze iperspecializzate. Se crolla una parrucca in scena o se il sipario non cala o se il clarinetto stecca è un disastro, no? Mozart era considerato poco più che un servo, e anche moltissimi artisti per i quali facciamo la coda nei musei più prestigiosi del mondo.

 

2. Perchè è remunerato in modo polarizzato fra pochissimi autori cantanti registi produttori che attirano una quota elevatissima di attenzione e risorse e tantissimi che ne ricevono pochissima. Se guardiamo a qualsiasi classifica dei "top ten", che siano visitatori dei musei o visualizzazioni di blogger, o preferenze per i luoghi del cuore FAI, la differenza fra il numero 1 e il numero 10 è molto grande. E se pensiamo ai concorsi di musica classica, di danza eccetera, c'è solo un vincitore, al massimo tre, ma c'è pochissima differenza in termini di competenza fra il numero 1 e il numero 20.

 

3. Perchè non ci si sofferma abbastanza a pensare all'economia dei prodotti culturali. Un bestseller, per definizione, fattura molto, ma non è detto che sia più redditizio in percentuale di un buon titolo di catalogo che vende per tanti anni.

 

 

Nell'ultimo anno quanto ha investito il nuovo governo in Cultura?

 

Nella finanziaria 2019 le risorse di competenza del MIBAC sono circa lo 0,28% del totale della spesa dello Stato, con una previsione allo 0,21% nel 2021.

 

In Europa il pregiudizio, divenuto ormai luogo comune, del "con la cultura non si mangia" è diffuso e consolidato come nel Belpaese?

 

È in corso di definizione il budget per la cultura da parte della comunità europea per il periodo 2020 - 2027: staremo a vedere.

Per quanto riguarda la spesa in cultura e intrattenimento, la media della spesa da parte dei governi è di circa 1,45% della spesa complessiva, e la media della spesa delle famiglie è di circa l'1,65%. Esistono però differenze notevoli fra i diversi paesi. Un altro dato interessante è rappresentato dall'impatto della crisi del 2008 sulle scelte di allocazione della spesa da parte dei governi. II dato medio per i paesi europei si è mantenuto stabile nel tempo, ma i paesi del Sud Europa hanno diminuito l'incidenza delle spese in cultura progressivamente dal 2009 al 2017, distaccandosi in modo significativo dalla media UE.