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03/09/2020 07:57:00

38 anni fa la mafia uccideva il generale Dalla Chiesa, la moglie e l'agente di scorta

Oggi 3 settembre 2020 ricorre il 38° anniversario del terribile agguato mafioso di via Isidoro Carini a Palermo in cui venne ucciso il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Dalla Chiesa era arrivato a Palermo da appena 100 giorni.

Inviato dallo Stato per cercare di cambiare le cose nel capoluogo siciliano e di mettere ordine al caos. Alle ore 21:15 del 3 settembre la A112 sulla quale viaggiava il prefetto, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, fu affiancata in via Isidoro Carini a Palermo da una BMW, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47, che uccisero il Generale e la moglie. Stessa sorte per il poliziotto, deceduto a Palermo il 15 settembre 1982 per le ferite riportate nell'attacco mafioso.

Un eccidio fatto da Cosa nostra quando ancora per lo Stato la mafia non esisteva. Il 3 di settembre del 1982 non era stato ancora introdotto il reato di mafia nel nostro ordinamento. Ciò avverrà solo qualche giorno più tardi. L'articolo 416 bis, entrerà in vigore nel codice penale solo il 13 Settembre. 

Questa mattina a Palermo ci sarà una messa e una cerimonia, come ogni anno, sul luogo della strage. Sarà presente il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese,  oltre al comandante generale dei Carabinieri Giovanni Nistri. Non ci sarano, invece, nessuno dei tre figli, a Palermo. A darne conferma all'Adnkronos è il figlio Nando Dalla Chiesa. "Io, purtroppo, non potrò esserci perché sono bloccato a Milano dove stanno per iniziare le lezioni all'università, mia sorella Rita sarà a Roma e mia sorella Simona a Catanzaro".

"Oggi il decoro delle istituzioni troppo spesso sembra dimenticato. Le istituzioni non sono un giocattolo. Mio padre avrebbe sgridato, se fosse stato vivo, diversi esponenti istituzionali. E non parlo solo di politici. Quest'anno abbiamo visto tanti spettacoli inverecondi..". E' l'atto di accusa di Nando Dalla Chiesa.

"Sono tanti gli insegnamenti che ha dato mio padre - racconta Nando Dalla Chiesa in una intervista all'Adnkronos - tante cose portano a valorizzare sempre di più il contributo che ha dato mio padre. Gli insegnamenti sono tanti. E, come in questi casi, bisogna saperli riprendere e farne tesoro, dal punto di vista dell'atteggiamento verso le istituzioni, dal punto di vista delle capacità investigative, della lettura che ha dato del fenomeno mafioso".

"Oggi spesso il decoro delle istituzioni sembra dimenticato - aggiunge - serve più decoro. Da parte di tutti. Perché la gente ci creda, lo ripeto, da parte di tutti". "Poi, c'è chi per educazione e per ruolo, tende a saperlo di più e chi di meno. Le istituzioni non sono un giocattolo, sono una cosa per cui si dà anche la vita", dice.

Per la strage di via Carini furono condannati i vertici di Cosa nostra Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci e i killer Raffaele Ganci, Giuseppe Lucchese, Vincenzo Galatolo, Nino Madonia, Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci. La sentenza restituì alle famiglie delle vittime una verità parziale, ammettendo:

"Si può senz'altro convenire con chi sostiene che persistano ampie zone d'ombra, concernenti sia le modalità con le quali il generale è stato mandato in Sicilia a fronteggiare il fenomeno mafioso, sia la coesistenza di specifici interessi, all'interno delle stesse istituzioni, all'eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del generale". Carlo Alberto dalla Chiesa era diventato, dunque, un personaggio scomodo non solo per la mafia, ma anche per una parte della politica.