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31/01/2022 06:00:00

Bugie, parole, carriere. Come si scioglie un Comune per mafia / 8 

Siamo arrivati all'ultima puntata della nostra lunga inchiesta che racconta come si sia arrivati allo scioglimento per mafia del Comune di Pachino, e come, su questo provvedimento, alcuni hanno costruito le loro fortune.

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 “Ma questo (Borrometi, n.d.r.), ma che cazzo di (p.i.) è, ma perché non si ammazza, ma fallo ammazzare, ma che cazzo ti interessa”: non sapremo mai cosa intendesse realmente dire Salvatore Giuliano a Giuseppe Vizzini rispetto eventuali azioni ai danni di Borrometi. Si trattava di un “attentato omicidiario ordito da Cosa nostra per uccidere il giovane giornalista” come sostenuto (con un italiano ottocentesco) dall’ex sen. Beppe Lumia e dalla massa in preda all’isteria dell’antimafia da stadio, o voleva essere un invito, brusco, a Giuseppe Vizzini di lasciarlo perdere? Noi possiamo solo dire che Salvatore Giuliano e Giuseppe Vizzini non saranno mai imputati per l’ipotesi dell’autobomba, data invece per scontata da Borrometi, certezza che il Procuratore Carmelo Zuccaro liquiderà come “un’interpretazione del giornalista, tutt’altro che campata in aria ma comunque non suffragata da altri riscontri” in una relazione del 5 dicembre 2019 inviata alla Commissione Regionale Antimafia presieduta dall’on. Claudio Fava. 

Tutti pendevano dalle labbra di Borrometi e nessuno osava verificare che le sue narrazioni circa i fatti in cui vestiva i panni della vittima, o per capire se le cronache giudiziarie da lui riportate, corrispondessero al vero.

Anche l’ex sindaco di Pachino, Roberto Bruno, si è lasciato convincere dalle sue ricostruzioni schierandosi a difesa del giornalista e organizzando una marcia per la legalità a ridosso delle pubblicazioni delle intercettazioni di Giuliano e Vizzini, eventoriportato su LaSpia a firma di tale Giancarlo Spoto.

Anche la FNSI (di cui Borrometi sarà consigliere dal mese di febbraio 2019), il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, l’UsigRai e Articolo21 (di cui era Presidente in carica) s’intestavano la difesa a oltranza del giornalista minacciato dal boss, stando alla sua versione, e organizzavano una conferenza stampa: “«Ammazzate Borrometi». Domani, mercoledì 11 aprile conferenza stampa in FNSI”. 

È chiaro che l’Ordine dei Giornalisti non avesse nemmeno letto l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Giuseppe Vizzini, dei suoi figli Andrea e Simone e di Giovanni Aprile (verso il quale tra l'altro l'ordinanza verrà annullata da Riesame, e sarà rimesso in libertà ...) in relazione all’attentato con autobomba all’avvocato Quattropani. E infatti scriverà: 

«Per queste (nuove) minacce quattro persone sono state arrestate oggi in un’operazione ordinata dalla Gip di Catania Giuliana Sammartino. Sindacato, Consiglio Nazionale Ordine dei giornalisti, Articolo21 e Usigrai sono al fianco di Paolo Borrometi (...) “Fallo ammazzare, ma che c…. ci interessa”. A dare l’ordine di uccidere è il boss di Cosa nostra della provincia di Siracusa, Salvatore Giuliano a un altro boss di spicco, Giuseppe Vizzini, e l’obiettivo è Paolo Borrometi, direttore del sito d’inchiesta ‘LaSpia.it’, collaboratore dell’Agi e presidente di Articolo 21». 

Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti si accorgerà dell’errore solamente due anni dopo, e cioè con la richiesta di rettifica inoltrata dall’avv. Giuseppe Gurrieri, legale di Salvatore Giuliano che ricordiamo essere del tutto estraneo alla vicenda che ha interessato l’avv. Quattropani, e in considerazione del fatto che l’ordinanza non prevedeva, come detto, alcuna imputazione relativamente a un presunto attentato omicidiario nei confronti di Paolo Borrometi. Sul sito dell’Ordine il comunicato è stato cancellato.

Intanto, grazie a questi eventi, le luci della ribalta investiranno Borrometi e le sue attività professionali segnando due importanti tappe per la sua carriera: la collaborazione con TV2000 sotto la direzione di Vincenzo Morgante, già direttore del TG3 Sicilia e la vicedirezione di AGI, agenzia stampa in capo a ENI.

 

Borromenti era parte già parte attiva in un'altra realtà del movimento antimafia, quanto componente del gruppo stampa (mentre il padre, l’avv. Antonio Borrometi scomparso di recente, era nel pool legale): la Fondazione Antonino Caponnetto, presieduta da Salvatore Calleri, già Assessore Regionale all’energia e dei servizi di pubblica utilità su nomina dell’ex Presidente della Regione Rosario Crocetta, consigliere delegato della Regione Sicilia insieme a Mario Michele Giarrusso che, contestualmente, è anche referente della Commissione Antimafia all’interno della fondazione. Presidente onorario è Giuseppe Antoci, ex Presidente del Parco dei Nebrodi vittima di un attentato sul quale la Commissione Regione Antimafia ha avuto modo di approfondire i fatti con un’inchiesta nella quale sono emerse le insistenti volontà da parte dell’ex sen. Beppe Lumia nei confronti del sindaco di Cesarò, Salvatore Calì, di confermarne la matrice mafiosa agli organi di stampa. Fino a pochi mesi addietro, anche l’ex senatore figurava tra i componenti della Fondazione. 

A fare il punto sul senatore Beppe Lumia è il Presidente della Regione, Nello Musumeci in Commissione Regionale Antimafia:  «Dico subito che più che “sistema Montante” io lo chiamerei “sistema Lumia”. Il vero regista di quel “cerchio magico” a mio avviso era il senatore Lumia. Montante si occupava di mantenere i contatti col mondo imprenditoriale, perché il sistema era di potere ed economico. Basti pensare che in questi ultimi nove anni tutto ruota attorno alle scelte determinate da Lumia, il quale ha avuto l’abilità di assumere una posizione defilata, proprio per non richiamare le attenzioni sul suo ruolo che, invece, era un ruolo assolutamente di primo piano. Lumia aveva il compito dell’arruolamento. […] Non è un caso che nel Palazzo del potere per eccellenza, nell’ultima stanza in fondo al corridoio, ci fosse il regista, il senatore Lumia. Confindustria ha governato la Sicilia dal 2009, da quando Lumia diventa il regista del cambio di maggioranza, sì, del ribaltone, con il dottore Venturi (diventato assessore). La fine del governo Lombardo dovette rappresentare un duro colpo per l’immagine del senatore Lumia, che era stato il regista del ribaltone. Ecco perché ricorre subito alla candidatura di Crocetta. Gli fa rinunciare al posto di deputato europeo proprio perché Crocetta rappresenta l’elemento di novità. Quella operazione viene portata avanti da Lumia, da Montante e da Casini con il consenso di Bersani. Questo mi è stato detto dal dottore Montante in un incontro che abbiamo avuto».

Paolo Borrometi, Beppe Lumia, Mario Michele Giarrusso, Giuseppe Antoci sono i nomi di coloro i quali  hanno fatto maggiore leva per portare allo scioglimento per mafia il comune di Pachino.

Abbiamo avuto modo di vedere come le informazioni non verificate di un certo modo di fare giornalismo siano diventate il vero per l’opinione pubblica, spianando la strada a luminose carriere. Abbiamo accertato come inchieste giornalistiche abbiano insolitamente e curiosamente rivelato con largo anticipo quello che poi è stato il lavoro svolto dagli inquirenti. Ma per quanto riguarda Pachino, la sentenza in primo grado del Tribunale di Siracusa ha visto assolvere l’ex consigliere Salvatore Spataro, accusato di avere portato la mafia in consiglio comunale. 

Riassumendo brevemente, nella prima parte di questa inchiesta vi abbiamo detto chi e spiegato come è stato possibile sciogliere per mafia il comune di Pachino anche se la mafia proprio non c’era. Manca il movente, cioè il perché: quali interessi hanno spinto questa manovra? Chi è stato a guadagnarci? Domande che forse avranno risposta, forse no. Nel fratemmpo restano tante chiacchiere, carriere fulminanti costruite sulle macerie di una comunità, e un grande senso di disorientamento.

Tra le tante cose dette, chiudiamo, dunque, citando una dichiarazione rilasciata dall’on. Claudio Fava nel 2020 al giornale La Sicilia: «Serve la costruzione di un nuovo alfabeto. Se domani si incontra un giornalista che dice “Io faccio il giornalista antimafia” bisogna farlo accomodare fuori. È una ritualità che produce carriere e toglie informazione».

FINE