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11/09/2022 06:00:00

Antimafia e veleni: Borrometi imputato. L'Ordine dei giornalisti parte civile? 

 Il Tribunale di Ragusa chiama a rispondere del reato di diffamazione aggravato dal mezzo stampa il noto giornalista Paolo Borrometi a seguito dell’esposto presentato dagli onorevoli  Claudio Fava, Rossana Cannata, Nicola D'Agostino, Gaetano Galvagno, Luisa Lanteri, Margherita La Rocca e Giuseppe Zitelli, componenti della Commissione Regionale Antimafia rappresentati dall’avv. Walter Rapisarda. 

Nel corso delle audizioni sullo scioglimento per mafia del Comune di Scicli, su precisa richiesta di chiarimenti circa la mancata pubblicazione del manifesto che si contrapponeva allo scioglimento, Borrometi affermava di averlo pubblicato a suo tempo, cioè nel 2015, senza però mai produrne prova. Una volta pubblicata la relazione della Commissione Regionale Antimafia che evidenziava la mancata pubblicazione del documento, il giornalista scriveva su Facebook: 

“Mi si accusa di non avere pubblicato l’appello pro Scicli contro lo scioglimento. Falso, Falsissimo (…) provate a mettere su Google ‘appello contro lo scioglimento di Scicli’, vedrete che vi apparirà la pubblicazione del 15 marzo 2015 da me - ribadisco - pubblicato. Ed invece nella relazione di dice “Borrometi non lo ha pubblicato”… “Perché nella relazione della Commissione presieduta da Fava si dice questa cosa palesemente non vera”. 

Per la Procura di Ragusa "la pubblicazione dell'articolo, invero, risultava intervenuta sul sito on line La Spia tra le 17.59 del 26 febbraio 2020, ovvero al termine dell'audizione di Borrometi davanti la commissione parlamentare, e le 19.47 del 27 febbraio 2020, e non il 15 marzo del 2015”.

In termini calcistici potremmo azzardare un: “Commissione Regionale Antimafia 1 - Borrometi 0, palla al centro”. Trattandosi di cronaca giudiziaria e non sedendo tra gli spalti delle tifoserie ultras, i principi contenuti all’art. 27 della Costituzione, a cominciare dalla presunzione di innocenza fino all’ultimo grado di giudizio, valgono dal più truce dei criminali al giornalista con la carriera più luminosa del firmamento nazionale a seguito delle sue inchieste.

Il 28 settembre 2020, lo stesso Borrometi faceva sapere ai suoi followers che pochi giorni prima era stato sentito dal Consiglio di Disciplina dei giornalisti al quale avrebbe fornito prova documentale incontrovertibile che il famoso appello contro lo scioglimento di Scicli era stato pubblicato il 15 marzo 2015. “Il sito, appena prima della mia audizione in Commissione antimafia regionale siciliana, ha subìto un gravissimo hackeraggio (anzi molto di più e ancora in corso) finalizzato a far credere che io avessi retrodatato quella pubblicazione. Quindi che fossi un imbroglione”, scriveva in un post. 

TP24 ha provato a raggiungere il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti Roberto Gueli con chiamata diretta e tramite messaggistica e si è attivato per dare risposte circa il procedimento disciplinare a carico di Borrometi e, una volta studiato il caso, farà sapere se l’Ordine dei Giornalisti si costituirà o meno parte civile. 

Il legale di Paolo Borrometi, l’avv. Fabio Repici rispedisce al mittente, ovvero all’ on Fava e alla maggioranza dei componenti della commissione regionale antimafia la causa del “deficit della sua onorabilità”. Inoltre, con una nota affidata all’AGI la cui vicedirezione è guidata dal suo assistito, fa sapere della “deposizione di un testimone che aveva effettivamente letto nel 2015 sul sito di Borrometi l'articolo che nel 2020 secondo la Commissione antimafia regionale non era mai stato pubblicato”. L’avv. Repici insiste sull’innocenza del giornalista vittima di hackeraggio e punta il dito contro i magistrati che hanno disposto l’imputazione: “Al Consiglio superiore della magistratura sottoporrò i fatti sopra descritti perché si valuti se l'emissione del decreto di citazione a giudizio, davanti alle risultanze del fascicolo, possa rientrare nel campo delle valutazioni discrezionali che un pubblico ministero compie al termine delle indagini preliminari o se invece ci siano elementi per ritenere inadeguata l'azione del dr. D'Anna come capo di un ufficio requirente e della dr.ssa Monego come pubblico ministero". Quanto al processo, Repici sottolinea che "il Tribunale di Ragusa prenderà atto non dell'assenza di prove a carico di Borrometi ma della sussistenza di prove che dimostrano l'assoluta falsità dei fatti contestati al giornalista.     Magari - aggiunge - sarà l'occasione per identificare i responsabili della criminosa attività di hackeraggio compiuta ai danni di Paolo Borrometi. Insomma, magari dopo questo processo inutile e ingiusto, seppure attraverso vie contorte, si celebrerà un processo nei confronti di qualcuno che si è reso responsabile di una ignominiosa campagna di discredito di un giornalista integerrimo, vittima di un eclatante caso di character assassination che dura da qualche anno con una virulenza davvero senza pari".

Interessante, dunque, sarà per noi seguire anche questo processo che vede Borrometi imputato al Tribunale di Ragusa che si svolgerà davanti al giudice togato, la dottoressa Antonella Frizilio.