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23/10/2022 06:00:00

Se anche il Frecciabianca dice addio alla Sicilia 

 Forse è un omaggio a Paolo Conte, alla fine. A quella canzone, la più celebre della storia della musica italiana, Azzurro, dove c’è un treno dei desideri che all’incontrario va.

E Azzurro ha più di 50 anni, è stata pubblicata nel 1968. E allora in Sicilia c’erano i binari unici, le linee ferroviarie non elettrificate, le stazioni fatiscenti, i treni più lenti d’Italia. Da allora, non è cambiato molto.


E il treno dei desideri, all’incontrario, va. Il treno dei desideri è il Frecciabianca. Quello che per il resto d’Italia è banalità, in Sicilia venne annunciato come la fine del mondo. E così fu tutto un grande spellarsi di mani, e saluti festanti al capotreno, che scene così neanche al cinegiornale, quando, una anno fa, arrivò in Sicilia, il Frecciabianca, fiore all’occhiello delle ex Ferrovie dello Stato.

L’obiettivo, sempre quello: rendere più vicina l’isola al continente, cioè l’Italia. Collegamenti veloci da Palermo a Catania, da Palermo a Messina, e poi via, via, su verso Napoli, Roma e oltre.


Un anno dopo, il Frecciabianca non c’è più. Il treno che desideravano tutti, ha fatto il suo ultimo viaggio via dalla Sicilia, per non tornare più. Si torna agli Intercity, ai cari vecchi treni regionali.

Ufficialmente il motivo è semplice: non lo prendeva nessuno. Un’operazione totalmente in perdita, fanno sapere da Trenitalia. Valli a capire, sti siciliani. Prima vogliono i treni veloci, poi non li prendono. Biglietti troppo cari, rispondono le varie organizzazioni di pendolari, le associazioni dei consumatori, con un disastro sui tempi: ritardi cronici, attese eterne per l’attraversamento dello Stretto di Messina. Insomma, non conveniva a nessuno, da ogni punto di vista.

La tratta Palermo-Catania, o Palermo-Messina costava molto di più del regionale, ma faceva risparmiare, alla fine, solo pochi minuti, dato che la rete non consente velocità maggiori.

È l’ennesima batosta su un sistema, quello dei trasporti, che non conosce pace. L’ultima fotografia è il “Libro bianco su trasporti ed infrastrutture in Sicilia”, presentato da Unioncamere e Uniontrasporti. I numeri sono impietosi: «Una rete viaria con appena il 5 per cento di autostrade e un sistema ferroviario per l’84 per cento a singolo binario non permettono a cittadini e imprese di muoversi su un territorio così vasto, in maniera veloce ed efficiente», si legge nella relazione.

Nel 2022, in Sicilia, per andare da Trapani a Catania (340 km) con il treno, si impiegano nove ore. I binari sono gli stessi di un secolo fa. Palermo-Catania, invece, tre ore e spicci. Fino al 2015 il tempo era di cinque ore.

Per potenziare la tratta è dovuto cadere un viadotto autostradale, quello dell’Hymera, al centro della Sicilia, nel 2015. Con l’autostrada spaccata in due, il treno rimaneva l’unica soluzione per collegare le due città più importanti della Sicilia. E magicamente il tempo scese a 2 ore e 40. Come? Bastò rimodulare gli orari, razionalizzare coincidenze e fermate.

A causa di una frana, che da dieci anni nessuno riesce a rimuovere, poi, il treno da Palermo a Trapani fa il giro della provincia. Tempo totale: 2 ore e 17 minuti. Nell’orario del 1985, la distanza Palermo-Trapani veniva percorsa in un’ora e 55 minuti.

L’ultima trovata per aggirare il problema è l’aereo. La compagnia aerea AeroItalia ha annunciato il volo Trapani-Catania. Si comincia il 30 Ottobre. Il volo dura 50 minuti. In cielo non c’è il binario unico.

Giacomo Di Girolamo