Quantcast
×
 
 
21/02/2023 06:00:00

  Ruby ter: basta con questa indecenza, i processi sono troppo lunghi

Le olgettine di Arcore andavano ascoltate in quanto imputate e non testimomi. Avrebbero potuto mentire, perché la legge lo consente. Convinte di dover dire la verità per legge, l'hanno detta. E vi pare un cavillo questo? Questa è sostanza! Ecco perché:

Il diritto di mentire da parte dell'imputato è un dato acquisito per il nostro ordinamento giuridico, e tanto si evince da evidenti e chiari riferimenti normativi costituzionali e non.

Se infatti, il diritto di difesa, è, secondo il dettato dell' art. 24 Cost., inviolabile, ne discende che I' imputato ha il diritto di difendersi nel modo che ritiene più opportuno e con le modalità che reputa più convenienti. Se l'imputato, al fine di resistere all'accusa che gli viene mossa, decide di effettuare una ricostruzione della sua condotta difforme dal vero, questo suo atteggiamento rientra a pieno titolo nel suo inviolabile diritto di difesa.

A questo si aggiunga che, le regole che governano l'istruzione dibattimentale, non prevedono, per l'imputato, al momento in cui deve sottoporsi all'esame ex art. 503 cpp, l'obbligo del giuramento previsto per i testimoni ed i consulenti.

L'imputato non viene avvertito di tale obbligo, non viene avvertito delle responsabilità previste dalla legge penale per chi depone il falso o è reticente,e non giura. Ne consegue che non avendo un obbligo di dire la verità, l'ordinamento gli concede la possibilità di mentire.

Se a questo si aggiunge che, dicendo la verità, metti nei guai il tuo stesso benefattore, la persona che si è presa cura di te, facendoti traslocare dalla strada dentro palazzi lussuosi e confortevoli, solo una sciocca irriconoscente si ostinerebbe a raccontare la verità, diciamolo.

Questa assoluzione mi ricorda impropriamente quella della Trattativa Stato-Mafia, anche in quel caso si provò che i fatti avvennero, solo che: il fatto non costituiva reato, diversamente da ora dove il fatto non sussiste. Nell'articolo che dedicai alla vicenda riuscii persino a esorcizzare il dramma grazie al soccorso della lingua siciliana: un c'è niente, e tutto torna a posto. Questa volta però, non basterebbe il bravo Marco Paolini con la sua lavagna per spiegare in modo chiaro e logico come sia stato possibile condannare ben tre persone: Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora, che avrebbero contribuito alla creazione di un sistema prostitutivo nel corso delle presunte serate a luci rosse ad Arcore. Certo, sicuramente Paolini sarebbe in grado di chiarire la regolarità di ogni passaggio giuridico senza vizi di forma che ha consentito di emettere una condanna, ma non sarebbe in grado, a mio dire, di farne un racconto davvero avvincente. Per questa assoluzione vedrei meglio una bella arringa di Cetto La Qualunque, grande esperto di processi e pilo. Il solo capace di perorare la causa del processo breve, perché diciamolo, la vera indecenza in Italia consiste nella durata di un processo.

 

Consigli per la lettura, giusto per bilanciare il registro e tornare a parlare di letteratura: Il processo di Kafka, anche in questo caso il povero protagonista, Josef K. subisce una vicenda giudiziaria ingiusta, persecutoria, surreale e quel che peggio non ha neppure una pletora di avvocati pronti a battersi in sua difesa. Una storia senza lieto fine quella del signor K. A differenza della nostra qui non muore nessuno, a parte la verità.

Katia Regina