Dal 2014, oltre 26.000 persone sono morte nel Mar Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste europee. L’ultima strage è avvenuta all’alba del 26 Febbraio: decine di corpi sono stati trascinati dalle onde del mare in tempesta sulla spiaggia di Steccato di Cutro, in Calabria, dopo il naufragio di un peschereccio partito da Smirne, in Turchia, con circa 200 persone a bordo.I cadaveri che continuano ad affiorare sulle coste del Mediterraneo mostrano con orrore il fallimento delle politiche migratorie europee che si stanno accartocciando su sé stesse, e invocano un cambiamento urgente. La creazione di muri e confini, la militarizzazione e l’esternalizzazione del controllo delle frontiere a discapito dei diritti umani, la criminalizzazione delle ONG e i tentativi di svuotare il Mediterraneo da chi salva vite stanno presentando il conto in vite umane perse.
La migrazione attraverso il Mediterraneo è una questione complessa e multiforme che coinvolge vari fattori, tra cui conflitti armati, instabilità politica, mancanza di opportunità economiche e povertà, nonché restrizioni sull'immigrazione legale in molti paesi europei. Molti migranti sono costretti a intraprendere viaggi pericolosi e illegali attraverso il Mediterraneo a causa di tali fattori.
Inoltre, le organizzazioni criminali coinvolte nel traffico di esseri umani spesso approfittano delle vulnerabilità dei migranti e mettono in pericolo le loro vite con mezzi di trasporto pericolosi e sovraffollati. Le navi delle ONG che operano nel Mediterraneo hanno svolto un ruolo importante nel salvare vite umane, ma le autorità europee hanno spesso limitato le loro attività, il che ha aumentato i rischi per i migranti.
Sono trascorsi quasi dieci anni da quando circa 600 persone persero la vita in due naufragi, il 3 e l’11 Ottobre 2013 al largo di Lampedusa. In quello dell’11 persero la vita almeno 60 minori, tanto che venne definita “la strage dei bambini”. Dal 2016, il 3 ottobre è stata istituita Giornata della memoria e dell’accoglienza, a monito che tali tragedie non si ripetessero.
In meno di due mesi, dall’inizio dell’anno, i morti di frontiera nel Mediterraneo sono già oltre 220. Oltre 2.400 persone migranti sono scomparse nel Mediterraneo nel 2022: più di sei morti al giorno se si volesse fare una media. E questi numeri raccontano solo delle morti accertate, impossibile quantificare le vittime dei “naufragi fantasma” difficili da documentare.
A fronte di queste tragedie e di fronte alla conta delle morti in crescita nel Mediterraneo non può che risultare stridente l’ultimo decreto legge del governo Italiano in tema di immigrazione (1/2023) approvato il 23 Febbraio. Il decreto, a cui il Consiglio d’Europa ha contestato il rischio di violazione di diritti fondamentali dei migranti, ha introdotto nuove regole per il salvataggio dei migranti in mare effettuati dalle ONG, riducendo la possibilità di salvataggi multipli e introducendo sanzioni e provvedimenti amministrativi in caso di violazioni. Proprio due giorni prima del tragico naufragio al largo di Steccato di Cutro, il prefetto di Ancona aveva infatti imposto venti giorni di fermo amministrativo alla nave di ricerca e soccorso di Medici Senza Frontiere (MSF). Scelta che appare per lo meno infausta, considerando che la nave di MSF, da sola, ha portato in salvo più di 5.700 vite in meno di due anni di attività. Venti giorni di assenza dal mare potrebbero significare altre morti nel Mediterraneo centrale.
Per affrontare efficacemente il problema delle morti nel Mediterraneo, è necessario adottare un approccio globale che includa una maggiore cooperazione tra i paesi per risolvere i conflitti e promuovere la stabilità politica, nonché politiche più efficaci per la gestione dell'immigrazione e la prevenzione del traffico di esseri umani. Inoltre, è fondamentale rispettare il diritto internazionale e i diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo, nonché garantire loro accesso a procedure di asilo e protezione efficaci e sicure.
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