Violazioni nei confronti dei detenuti del Pagliarelli. Cimiotta: "Il ministro non risponde"
“La risposta è un continuo arrampicarsi sugli specchi. Il ministro cerca di spostare l'attenzione su problemi organizzativi, quando invece il fulcro della questione riguarda diritti inviolabili, come la difesa”.
E’ questo il commento dell’avvocato marsalese Vito Daniele Cimiotta alla risposta del ministro della Giustizia Carlo Nordio all’interrogazione parlamentare presentata dall’onorevole Roberto Giachetti (Italia Viva) che, citando Tp24, e in particolare un articolo pubblicato lo scorso 4 luglio, solleva il caso delle dichiarazioni del legale marsalese, che ha denunciato la “limitazione del diritto di difesa di un suo assistito al quale – spiega il deputato – è stato imposto di specificare i motivi specifici che lo hanno indotto ad avanzare la richiesta di colloquio telefonico con il suo difensore”. “In pratica – continuava Giachetti nella sua interrogazione, affermando di fare sempre riferimento all’articolo di Tp24 – se il detenuto vuole parlare al telefono con l’avvocato, deve anche dire di cosa parleranno”.
Giachetti continuava evidenziando che l’avvocato Cimiotta aveva anche inviato una segnalazione a “Nessuno tocchi Caino” parlando di “grave violazione del diritto di difesa e di quello alla privacy si sta palesando al carcere Pagliarelli di Palermo”.
Ma il problema non sarebbe soltanto al Pagliarelli. Il deputato interrogante ha, infatti, aggiunto di averne parlato con Rita Bernardini, presidente di Nessuno tocchi Caino, e che questa gli ha riferito che “la prassi di dover motivare la richiesta di colloquio telefonico con il difensore è diffusa in molti istituti penitenziari”. A Nordio è stato, quindi, chiesto se fosse a conoscenza di ciò e che iniziative intendeva intraprendere “per garantire pienamente alle persone detenute il diritto di difesa”.
Per l’avvocato Cimiotta, però, il ministro della Giustizia nella risposta all’interrogazione ha sostanzialmente svicolato, non rispondendo nel merito. “Ad ogni buon conto – continua il legale marsalese – Nordio ammette che la prassi è quella di dare priorità ad una esigenza piuttosto che ad un'altra. Nella sostanza si demanda agli organi dell'istituto penitenziario una certa discrezionalità, che, a parere del sottoscritto non ha modo esistere. Chiedere al detenuto il motivo della telefonata al proprio difensore è, già di per se, una grave violazione”.
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