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30/05/2025 15:47:00

Muore a 16 anni, aveva ritrovato la sua mamma dopo dieci anni

 Una storia di dolore, coraggio e amore si è tragicamente conclusa ieri al centro grandi ustioni dell’ospedale Civico di Palermo. A. aveva solo sedici anni, ma la sua breve vita era già stata segnata da ferite profonde, fisiche e dell’anima. Era arrivata sola, senza un nome né una storia ufficiale, dopo essere sbarcata a Lampedusa dalla Libia, dove aveva vissuto un inferno durato anni.

La giovane era stata accolta dal sistema di accoglienza e integrazione del Comune di Palermo. È stato lì che, grazie alla tenacia degli operatori, è iniziato un difficile percorso di ricostruzione della sua identità. Dietro il suo sguardo spezzato, si nascondeva una storia tremenda: rapita insieme a una cugina nel suo paese d’origine, aveva subito un anno e mezzo di torture e privazioni nei centri di detenzione libici. La cugina non ce l’ha fatta: è morta nel deserto. Lei, invece, è riuscita ad arrivare fino al Mediterraneo.

Ma il viaggio verso la salvezza si è trasformato in un altro incubo. Durante la traversata, un’esplosione a bordo del barcone ha ucciso le altre quattro ragazze con cui viaggiava e le ha provocato ustioni gravissime. Portava con sé soltanto un paio di orecchini e un numero di telefono, unico legame con la vita di prima. Quegli oggetti sono stati fondamentali per rintracciare uno zio residente a Londra, e da lì la madre, che da due anni non aveva notizie della figlia.

Grazie a una complessa rete di cooperazione tra enti, tra cui il Cresm (Centro ricerche economiche e sociali per il Meridione), la donna è riuscita ad arrivare a Palermo venti giorni fa. Madre e figlia si sono ritrovate in un abbraccio che ha commosso medici, operatori e volontari. Un incontro definito da chi era presente “pieno di vita, di dolore, ma anche di senso”. Un fragile riscatto, nel mezzo della sofferenza.

Purtroppo, nonostante le cure e l’amore ritrovato, il corpo martoriato della ragazza non ha retto. I medici del Civico, che la chiamavano affettuosamente “la piccola e dolce paziente”, hanno fatto tutto il possibile. Ma le condizioni cliniche erano disperate.