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14/06/2025 06:00:00

Case abusive sul mare. Ora i sindaci non hanno più scuse: devono demolire. E a Marsala...

La sentenza della Corte Costituzionale è chiara, definitiva, inequivocabile: le case abusive costruite entro 150 metri dal mare in Sicilia vanno demolite. Nessuna possibilità di sanatoria, nessuna scappatoia normativa. 

 

Con il verdetto n. 72/2025, depositato lo scorso 23 maggio, la Consulta ha chiuso ogni spiraglio lasciato aperto per decenni da una politica complice, ambigua e spesso connivente con chi ha deturpato chilometri e chilometri di costa in Sicilia con ecomostri sul mare.

Adesso i Comuni e i sindaci non hanno più scuse. Non possono più illudere i proprietari con promesse elettorali o tentativi di condono. Non possono più prendere tempo. È finita l’era dei “vedremo”, dei “c’è un disegno di legge”, dei “aspettiamo la norma”. Ora c’è solo da agire: demolire gli ecomostri che feriscono il paesaggio costiero siciliano.

 

Una vittoria per legalità e ambiente

La Corte ha ribadito il divieto assoluto di costruzione entro i 150 metri dalla battigia, in vigore dal 1976, applicabile anche ai privati. Ha respinto le eccezioni del CGARS e confermato che nessuna sanatoria può legittimare abusi edilizi in quella fascia costiera. L’ultimo tentativo è stato fatto un anno fa, quando FdI ha provato ad inserire nel testo sulla riforma urbanistica, in discussione all’Ars, l’ennesima sanatoria delle case costruite a meno di 150 metri dal mare. Un tentativo fallito. 

In questi anni, inoltre, migliaia di ricorsi e battaglie legali (e politiche) si sono affrontate su una vicenda che interessa decine di migliaia di immobili abusivi. 

Soddisfatte le associazioni ambientaliste. Per Legambiente si tratta di «una grande vittoria per la legalità e l’ambiente». Ora, come sottolinea il presidente Tommaso Castronovo, «si proceda rapidamente alla demolizione degli immobili».

 

Ma i Comuni sono in ritardo

Ma se la legge parla chiaro, i Comuni arrancano. Spesso hanno le armi spuntate, perchè, effettivamente procedere con le demolizioni non è semplice. Non solo per le pressioni politiche, ma per tutta una serie di lungaggini e procedure burocratiche che fanno allungare i tempi. E’ ovvio, come prevede la legge, ad esempio, che per procedere con gli abbattimenti si debbano aspettare sentenze definitive e la conclusione di iter che durano molti anni. Poi il Comune deve avere i soldi in cassa per demolire gli ecomostri. Soldi che poi si farebbe ridare dagli autori dell’abuso, ma anche qui spesso non è semplice. La via più semplice è quella di convincere gli abusivi a demolire per conto loro, avrebbero la possibilità di risparmiare. Ma non tutti vogliono demolire con le proprie mani le villette sul mare. In più c’è la politica, quella più a contatto con il territorio. Sindaci e amministratori, nella maggior parte dei casi, non sono felici di dare il via alle ruspe. Anche perchè in ogni comune ci sono decine, se non centinaia, di costruzioni da buttare giù.


 

Il caso Marsala

Marsala è una delle città più colpite dall’abusivismo costiero. E per anni immobilismo amministrativo e calcoli politici hanno fatto godere gli abusivi. La costa tra gli anni 80 e 90 è stata letteralmente invasa da edifici abusivi, eppure le demolizioni procedono a rilento, nonostante i fondi già assegnati.

Nel 2023 Marsala ha ottenuto 300 mila euro dal Ministero delle Infrastrutture per la demolizione di 11 case abusive, nell’ambito di un bando nazionale. Ma quei soldi sono ancora inutilizzati: i bandi sono stati espletati, i lavori aggiudicati, ma  non sono mai partiti  perché si attendeva la sentenza della Corte.  

Il problema però è anche organizzativo, e profondamente politico. Ad esempio al Comune funzionari chiave dell’ufficio abusivismo edilizio nei mesi scorsi sono stati inspiegabilmente trasferiti in altri settori. Al loro posto, personale da formare, con minore esperienza e competenze. Un chiaro segnale: depotenziare l’ufficio che dovrebbe pianificare le demolizioni e allungare i tempi.

 

Nel frattempo, le ruspe restano ferme, e gli abusivi continuano a godersi ville e villette a pochi metri dal mare. 

La sensazione è che ci si riempie la bocca con nuovi progetti e promesse per recuperare delle aree, con la campagna elettorale continua del sindaco Grillo sui cantieri aperti in città, e poi si faccia poco per tutelare e dare un chiaro segnale ambientale demolendo le case abusive. Le elezioni si avvicinano e in questi quasi cinque anni di amministrazione Grillo non ci sono state prese di posizione chiare. 

Eppure i numeri sono importanti. A Marsala ci sono centinaia di case abusive entro i 150 metri dal mare e migliaia fascicoli aperti per abusi edilizi. Le demolizioni eseguite negli ultimi anni – un centinaio – sono avvenute quasi tutte su iniziativa volontaria dei proprietari, per evitare le spese coatte.

 

Ora i sindaci sono con le spalle al muro

La sentenza della Consulta ha tolto ogni alibi anche ai sindaci di Castelvetrano, Campobello, Erice, Mazara, dove la situazione è simile, se non più grave di quella marsalese. Vedi Triscina e Tre Fontane, a Castelvetrano e Campobello, borgate costiere quasi totalmente abusive. La politica regionale, di ogni colore, ha strizzato l’occhio agli abusivi per decenni. Ma ora le scappatoie non ci sono più.

O si demolisce, o si è complici dell’illegalità. E i cittadini, soprattutto quelli che rispettano le regole, meritano di vedere applicata la legge e restituiti alla collettività quegli spazi costieri che da troppo tempo sono ostaggio del cemento selvaggio.