In scena a Marsala il “Dramma scozzese” secondo Massimo Pastore
di Katia Regina
Parlerò di questo spettacolo senza mai nominarlo, un po' per rispetto nei confronti degli ambienti teatrali molto superstiziosi, ma un po' anche per timore, non si sa mai. La maledizione che accompagna il dramma scozzese ha radici lontane, sin dalla sua prima rappresentazione: incidenti sul palco, morti e disgrazie fino a disordini e catastrofi naturali, avvenuti nei secoli durante le messe in scena. Massimo Pastore, regista dello spettacolo liberamente ispirato all'opera in questione, evidentemente non teme questo genere di sventure, purtuttavia ha evitato alcuni passaggi dell'opera che, pare, potrebbero essere riconducibili alla maledizione stessa: niente duelli, nessun rituale delle streghe fedele al testo originale, e soprattutto nessun timore di fallimenti finanziari per coprire la produzione di uno spettacolo. I suoi spettacoli non hanno mai avuto la pretesa di incassare più denaro di quanto non ne sia stato speso per metterli in scena.
E dopo questa necessaria premessa vorrei provare a rispondere alla domanda che qualcuno potrebbe porsi, non conoscendo l'opera. Di cosa parla il dramma scozzese di Shakespeare? Ebbene, in estrema sintesi si può dire che esplora la corruzione del potere e la fragilità dell'animo umano di fronte alle tentazioni più oscure. Ma, a differenza dell'eroe tragico greco che conserva, in qualche modo, una certa nobiltà d'animo, il nostro sceglie arbitrariamente di compiere il male senza rispondere a un difetto fatale preesistente. La corruzione interna che lo governa si fa scudo del vaticino delle streghe per giustificare un omicidio che nulla ha a che vedere col destino.
E come sempre succede, fin dalle Sacre Scritture, per corrompere un uomo e incitarlo a commettere il male serve una donna. La Lady del dramma scozzese incarna tutto il male da compiere e, peggio ancora, anche solo da immaginare:
"L'orrore del reale è nulla rispetto all'idea dell'orrore"
Ora, io non sono per la cancel culture indiscriminata e soprattutto quando si parla di opere di tale portata, ma un po' mi fa rosicare questa cosa. La scelta registica di Massimo Pastore è stata affilata quanto le lame immaginate in scena. Una selezione di versi sciolti estratti fedelmente dall'opera del Bardo è stata utilizzata. D'altronde, in nessun altro modo si sarebbe potuto esprimere la forza delle parole usate dalla Lady per convincere il generale, suo marito, a commettere il delitto che aveva giurato di compiere:
"Ho allattato, e so quanto è tenero amare il bambino che mi succhia il latte: eppure, mentre mi sorrideva in faccia, gli avrei strappato il capezzolo dalle gengive senza ossa e gli avrei spappolato il cervello, se avessi giurato come tu hai giurato per questo."
"L'orrore del reale è nulla rispetto all'idea dell'orrore” risuona nelle orecchie di chi ascolta: una frase il cui significato profondo si rivela in tutta la sua potenza solo quando il cervello dello spettatore ascolta l'orrore descritto in questi versi.
L'ambientazione creata da Massimo Pastore è ciò che lo spettatore si porta a casa insieme alle inquietudini: niente di gotico, come vorrebbe l'opera, persino le streghe sono deliziose, gli echi delle loro risate trasmettono allegria fluorescente, come le luci. Straordinaria intuizione registica quella di far svolgere il dramma dentro a un bordello raffinato, di classe, di quelli dove si ascolta la malinconia dei brani francesi della "Chanson Réaliste".
Il mio climax si è manifestato in un momento preciso della rappresentazione, quando a un certo punto mi sono sentita parte io stessa dello spettacolo, complice di quanto stava per accadere in scena; ho avvertito il desiderio di alzarmi e gridare al protagonista maschile di non commettere quell'omicidio, di non ascoltare quella voce ottenebrante del male. Troppe volte assistiamo al compiersi degli orrori contro innocenti senza fiatare, spettatori di genocidi e pulizie etniche comodamente seduti sui nostri divani. Qualcuno avrebbe dovuto fermare, almeno nella finzione, il compiersi di un altro assassinio, ma non ho avuto il coraggio di farlo, neanche stavolta.
E poi i finali, sì, oltre a quello stabilito nel dramma, Massimo Pastore sceglie di rompere la quarta parete per offrire un ulteriore momento artistico solo apparentemente più lieve, ironico. Mi verrebbe da dire che si porta avanti il lavoro, ossia, prima ancora che siano altri a dire che non se ne può più delle sue rappresentazioni balata, pesanti come macigni. Se lo dice da solo, anzi lo fa dire a un attore che si finge esasperato da tanta pesantezza.
Ancora una volta il Teatro Abusivo di Marsala diretto da Massimo Pastore si conferma un laboratorio straordinario per esplorare l'arte performativa teatrale, due menzioni speciali per Giovanni Lamia e Laura Cavasino, protagonisti del dramma messo in scena al Centrale Music Hall, aggiungo a proposito della location che il rammarico per la conversione della storica sala cinematografica in locale discoteca l'ho avvertito meno in questo caso. E anzi rilancio suggerendo che una cosa non dovrebbe escludere l'altra, lasciamo che l'arte contamini gli spazi del disimpegno, le energie buone restano nei luoghi, e chissà...
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