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27/06/2025 17:30:00

 Gaza: per Save the Children i punti per gli aiuti sono trappole mortali

“Nessun bambino dovrebbe essere ucciso alla ricerca di cibo.” Con queste parole drammatiche Save the Children lancia un allarme urgente sulle condizioni disumane nei punti di distribuzione degli aiuti alimentari nella Striscia di Gaza, definiti “vere e proprie trappole mortali”.

Secondo i dati raccolti dall’Organizzazione internazionale, presente da oltre un secolo nei contesti più critici del pianeta, i bambini sono stati uccisi o feriti in più della metà degli attacchi mortali avvenuti nei siti di consegna degli aiuti umanitari nella Striscia, da quando la Gaza Humanitarian Foundation (GHF) ha avviato le operazioni quattro settimane fa.

Dal 27 maggio 2025, data d'inizio della raccolta dati, sono stati documentati almeno 19 attacchi letali presso i centri di distribuzione: in 10 di questi, le vittime includevano bambini. Secondo l’OHCHR (Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani), oltre 500 palestinesi sono stati uccisi e più di 3.000 feriti dalle forze israeliane nel tentativo di accedere agli aiuti — sia nei punti del GHF che lungo i percorsi verso convogli umanitari gestiti da ONU e ONG.

La situazione, riferisce Save the Children, è talmente disperata che alcune famiglie, prive di adulti in grado di muoversi, mandano i bambini a recuperare il cibo, esponendoli al rischio concreto di essere colpiti. Gli operatori sul campo raccontano scene agghiaccianti: uomini lasciati morire tra la folla in fuga, bambini terrorizzati, famiglie costrette a scegliere tra la fame e la possibilità concreta di morire nel tentativo di ottenere un sacco di farina.

"Quello che sta accadendo qui è a dir poco ripugnante", ha dichiarato Ahmad Alhendawi, Direttore regionale di Save the Children per il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Europa orientale. “Questa non è un’operazione umanitaria, è una trappola mortale. Costringere i civili in zone recintate per poi essere uccisi a colpi di arma da fuoco è l’opposto dell’umanitario, è disumano.”

Alhendawi denuncia anche l’assenza di alternative sicure per la distribuzione e accusa gli attori del conflitto di "armare gli aiuti e la fame", trasformando la crisi umanitaria in uno strumento di guerra. Chiede con forza che venga ripristinato il funzionamento del sistema internazionale degli aiuti, basato su principi di neutralità, sicurezza e accesso umanitario garantito.

Nonostante le immense necessità, l'accesso agli aiuti rimane bloccato dal perdurante assedio imposto da Israele, che limita severamente l’ingresso di beni essenziali a Gaza. Le Nazioni Unite parlano apertamente di “scarsità artificiosa”, creata deliberatamente da restrizioni politiche e militari.

Oltre al rischio diretto di morte o ferimento, le Nazioni Unite segnalano altri pericoli nei siti di distribuzione, come la separazione dei minori dai propri genitori nel caos.

Save the Children continua a operare nonostante le difficoltà, con un centro sanitario a Deir Al-Balah e altri servizi vitali, tra cui supporto psicosociale, distribuzione di acqua potabile, centri educativi temporanei e attività ludiche sicure per i bambini. Tuttavia, dall’interruzione della tregua del 18 marzo, anche queste operazioni sono diventate estremamente complesse e rischiose.

L’appello finale di Save the Children è chiaro: fermare questa spirale di morte, ripristinare il diritto internazionale umanitario e permettere alle organizzazioni competenti di portare aiuto in sicurezza e con dignità. In un conflitto dove la fame è usata come arma e l’infanzia diventa bersaglio, la comunità internazionale ha il dovere morale e legale di intervenire.



Native | 01/10/2025
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