Non si ferma l’opposizione ambientalista al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Le associazioni Legambiente, Lipu e WWF Italia hanno annunciato un nuovo ricorso al TAR del Lazio contro il parere favorevole n. 72 emesso lo scorso 21 maggio dalla Commissione VIA-VAS e contro la delibera del Consiglio dei ministri del 9 aprile relativa alla cosiddetta Relazione IROPI.
"Un’opera insostenibile", definiscono così il Ponte sullo Stretto le tre associazioni, che sottolineano i pesanti impatti ambientali e paesaggistici del progetto, il rischio sismico elevato e i costi destinati a lievitare oltre gli attuali 13,5 miliardi di euro. “Un’offesa – affermano – a tutti gli italiani che ogni giorno affrontano le inefficienze di un sistema dei trasporti inadeguato”.
I motivi del nuovo ricorso
I legali delle associazioni – Daniela Ciancimino, Elio Guarnaccia, Enrico Mantovani e Aurora Notarianni – puntano il dito contro un parere, quello della Commissione VIA-VAS, definito "virtuale" e non fondato su una valutazione tecnica completa. Il nodo principale riguarda la procedura di terzo livello della Valutazione d’Incidenza Ambientale (VIncA), necessaria in caso di impatti certi e non mitigabili su aree tutelate.
Secondo le associazioni, non sono state rispettate le tre condizioni previste per procedere con una valutazione positiva in deroga: Assenza di alternative al progetto proposto; Motivazioni imperative di interesse pubblico prevalente (IROPI); Compensazioni ambientali reali ed efficaci.
“Nessuna di queste condizioni – sostengono – è stata adeguatamente dimostrata. Le alternative esistono, sono state studiate fino al 2022 e ammesse negli stessi documenti ministeriali. L’IROPI del Governo Meloni è una semplice dichiarazione politica, non un documento tecnico”.
Compensazioni insufficienti e valutazioni contraddittorie
Il secondo parere della Commissione contraddice quello del novembre 2024 (parere n. 19), che aveva espresso una valutazione negativa per numerose aree vincolate e fissato 62 prescrizioni, molte delle quali richiedevano studi e monitoraggi di almeno un anno. Nessuno di questi approfondimenti, denunciano le associazioni, è stato completato.
“La Commissione – affermano – ha ignorato le sue stesse prescrizioni e ha espresso un parere favorevole basato su compensazioni ambientali che non ha nemmeno potuto verificare con dati concreti”.
Il nodo sismico e la faglia di Cannitello
Tra i temi più critici sollevati nel ricorso, vi è quello sismico, ritenuto centrale nella valutazione della fattibilità dell’opera. In particolare, viene segnalata l’immediata prossimità del pilone calabrese del ponte alla faglia attiva di Cannitello, zona considerata ad alto rischio geologico.
Secondo le associazioni, manca ancora uno studio sismico indipendente, approfondito e corredato da test specifici. L’ISPRA stessa, in un documento ottenuto tramite accesso agli atti, ha evidenziato l’incertezza sulla localizzazione e l’attività di molte faglie dell’area, riconoscendo la plausibilità che alcune di esse siano ancora attive e potenzialmente capaci di generare eventi sismici rilevanti.
Un’opera imposta senza trasparenza
Infine, Legambiente, Lipu e WWF criticano l’iter accelerato che ha portato all’approvazione del progetto con voto di fiducia in Parlamento, senza un reale confronto con i dati scientifici e senza tenere conto delle norme europee che impongono la verifica di soluzioni alternative.
“Il Ponte sullo Stretto non può diventare un totem ideologico”, concludono le associazioni, che ribadiscono la volontà di proseguire nelle sedi legali e pubbliche la loro battaglia contro un’infrastruttura ritenuta dannosa, costosa e inutile.