Sindaca Daniela Toscano, poche settimane fa il ministro Giuli ha fatto tappa ad Erice. La cultura come sviluppo di un territorio può essere una risorsa, ma anche uno strumento sociale. A cosa punta?
L’incontro con il ministro Giuli è stato importante non solo sul piano simbolico, ma anche operativo: ci ha permesso di consolidare una visione che coltiviamo da anni, cioè che la cultura sia indiscutibilmente uno degli assi portanti dello sviluppo economico e sociale di Erice. Non parliamo di eventi sporadici o di promozione turistica fine a sé stessa, ma di un progetto più ambizioso: fare di Erice un centro permanente di produzione culturale, scientifica, educativa. Ci stiamo provando con forza e determinazione da tempo con eventi di grande spessore culturale, con il consolidamento della Fondazione Erice Arte, la collaborazione con il Distretto Turistico della Sicilia Occidentale, la Fondazione Ettore Majorana, Mema Mediterranean Music Association e la Montagna del Signore, facendo anche leva sui nostri siti culturali, sull’opportunità che offre il nostro impianto funiviario, sulle eccellenze enogastronomiche, sui panorami e sulle unicità del nostro territorio. Sono tutti tasselli di un disegno più ampio. La cultura, quando è viva, inclusiva e di qualità, crea occupazione, attira investimenti e genera identità. Ed è anche un antidoto contro la marginalità, soprattutto per i giovani.
Facciamo un bilancio di questi lunghi anni di sua amministrazione e partiamo dalla raccolta differenziata. Percentuale e abbandono. Aumento della Tari. Lotta agli incivili e prossimi obiettivi?
Nel corso degli anni siamo riusciti a costruire un sistema di raccolta differenziata che oggi supera stabilmente il 70%, con picchi anche superiori in alcune frazioni. È un dato che ci colloca tra i comuni più virtuosi della Sicilia. Ma non basta guardare i numeri: ciò che conta è il cambio di mentalità. Quando abbiamo eliminato i cassonetti e introdotto il porta a porta, molti erano scettici, altri ostili. Ma oggi possiamo dire che quella scelta è stata giusta. Il rovescio della medaglia sono gli abbandoni con cui, purtroppo, ci confrontiamo quotidianamente. Abbiamo intensificato la videosorveglianza e avviato un’attività costante di controllo e sanzione, senza guardare in faccia nessuno, con l’ausilio del nucleo ambientale della Polizia municipale. Abbiamo presentato esposti, elevato centinaia di sanzioni, denunciato penalmente decine e decine di incivili. Non è una caccia al cittadino, ma un dovere verso chi rispetta le regole. L’aumento della Tari? È stato minimo, ma necessario. Ricordo a tutti che, a causa della chiusura dell’impianto di Trapani, siamo stati costretti per lunghi mesi a trasportare i nostri rifiuti fino a Catania. Non è ovvio che i costi siano aumentati vertiginosamente?
In molti hanno chiesto i cassonetti a San Giuliano. Quel territorio ha bisogno di non essere dimenticato. Ci sono azioni chiare per recuperare le frazioni?
Gli sforzi finora messi in campo, anche economici, non bastano. C’è una sacca di resistenza nel quartiere di San Giuliano che stenta a cambiare atteggiamento e ad adeguarsi alle regole. Ma io credo che non dobbiamo gettare la spugna e arrenderci all’inciviltà. Ho recentemente letto la proposta di qualche consigliere di opposizione, che reputo populistica e volta ad un consenso spicciolo, con cui si invita a reintrodurre i cassonetti solo a San Giuliano. Per me sarebbe una sconfitta. Non soltanto ci porterebbe indietro di 20 anni, ma creerebbe anche un’inaccettabile differenza di trattamento con gli altri cittadini che le regole le rispettano. Stiamo lavorando a delle soluzioni che ritengo fortemente d’impatto che non posso anticipare, ma che avremo modo di affrontare, posso garantirlo. Le frazioni? Il nostro impegno non si limita al centro storico e al centro urbano, ma a tutto il territorio. Le frazioni non devono sentirsi periferie, ma parte integrante di una città policentrica. E per farlo servono continuità e dialogo. Penso che nessuno possa negarlo.
Quando si amministra si sceglie anche a cosa dare priorità. Le sue quali sono?
Governare significa compiere delle scelte, spesso difficili, e non si può fare tutto contemporaneamente. Purtroppo i Comuni non sono più quelli di un tempo in cui i trasferimenti, statali e regionali, consentivano di coprire interamente tutte le spese e di pianificare il futuro con la massima serenità. Oggi è tutto diverso. Noi stiamo provando, con grandi difficoltà, a mantenere gli elevati standard che Erice ha sempre garantito: nuove opere pubbliche (Giardino dello Sport “Falcone e Borsellino”, due nuovi asili nido, campo San Nicola, palestra Porta Spada, mura elimo-puniche e tanto, tanto altro), attenzione all’impiantistica sportiva e scolastica (che è già di altissimo profilo), gestione finanziaria rigorosa e rispettosa delle scadenze imposte per l’approvazione dei relativi strumenti, digitalizzazione dei servizi, sostegno ai diversamente abili, agli anziani, ai bambini e ai meno abbienti, servizi agli studenti, attenzione all’associazionismo, monitoraggio dei finanziamenti e tanto altro. La qualità della vita si traduce in servizi concreti. Tutto questo, insieme, costruisce una città più giusta e con una prospettiva duratura.
Bilancio e casse comunali. A quanto ammonta oggi il disavanzo o l’avanzo di bilancio del Comune di Erice? Può dirci con chiarezza qual è lo stato reale delle casse comunali?
L’avanzo/disavanzo di amministrazione che ha messo in luce il rendiconto di gestione per l’annualità 2024, ammonta ad euro 18.894.310,84. Il fondo cassa al 31/12/2024 era di 10.129.979,27. Questi sono i numeri. Non abbiamo debiti fuori bilancio, e siamo tra i pochi comuni siciliani a rispettare le tempistiche di approvazione degli strumenti finanziari. Questo significa che i conti sono solidi, che c’è programmazione e che possiamo operare con serenità. Ma non che possiamo fare ciò che ci pare: dobbiamo dosare tutto con parsimonia e attenzione. Abbiamo scelto la responsabilità, anche quando questo ha significato rinunciare a spese facili o populiste. Una buona amministrazione, per me, comincia proprio da qui.
Ci sono fondi europei o regionali non utilizzati? Se sì, perché non si è riusciti ad attivarli?
Negli anni siamo riusciti a intercettare decine e decine di finanziamenti europei, nazionali e regionali, che ci hanno permesso di realizzare molte opere e di riqualificarne altre, rendendole più moderne e funzionali. Questo risultato è stato possibile grazie alla visione strategica dell’ex vicesindaco Gianni Mauro e al lavoro determinato e competente dei nostri uffici comunali. Ad oggi, non ho notizia di fondi ufficialmente “non utilizzati” nel senso di occasioni perse. È possibile che alcune somme risultino ancora non impegnate, ma si tratta spesso di iter in corso, bloccati o rallentati da procedure burocratiche molto complesse e non sempre dipendenti dalla volontà dell’amministrazione. Quello che posso affermare con convinzione è che la squadra tecnica costruita in questi anni – una macchina amministrativa ormai solida, preparata e riconosciuta – ha portato avanti un lavoro eccezionale. Il vero limite oggi è numerico: servirebbe potenziare gli uffici, avere più personale specializzato. Per questo chiediamo con forza un sostegno maggiore dallo Stato, non solo economico ma anche tecnico. I fondi ci sono, ma se non si costruisce un sistema che metta davvero i Comuni in condizione di progettare, partecipare e gestire, il rischio è che molte opportunità vadano perdute non per negligenza, ma per mancanza di strumenti.
Lei è l’unica donna sindaca dell’intera provincia di Trapani. Questo l’ha mai fatta sentire isolata nelle dinamiche istituzionali della provincia? Ha trovato reale collaborazione o sottile resistenza?
Essere l’unica donna in un tavolo di sindaci è, purtroppo, ancora oggi una condizione reale. E sì, capita di sentirsi più esposte, osservate, persino isolate. Non si tratta solo di una questione numerica, ma di un contesto culturale in cui spesso una donna è costretta a dimostrare il doppio per vedersi riconosciuta la stessa autorevolezza. Certe dinamiche, anche sottili – nel linguaggio, nei comportamenti, nei non detti – rivelano che il cammino verso una piena parità è ancora lungo. Detto questo, non ho mai fatto un passo indietro. Ho scelto di esserci con determinazione, senza cercare scorciatoie, ma facendo valere il mio ruolo attraverso il lavoro, la coerenza, i risultati. Non ho timore di dire la mia, di dialogare, né di confrontarmi apertamente anche in ambienti dove la presenza femminile è ancora residuale. Credo che questa attitudine mi abbia consentito, nel tempo, di conquistare rispetto. Non perché “sono una donna”, ma perché ho saputo agire da sindaca, con responsabilità e indipendenza. E questo, alla lunga, è ciò che conta davvero.
Cosa pensa serva concretamente per favorire in politica una presenza femminile più ampia e incisiva? Quote? Formazione? Cambiamento culturale?
Personalmente sono sempre stata piuttosto critica nei confronti delle cosiddette “quote rosa”. Non perché non ne comprenda le ragioni o la funzione riequilibratrice in un sistema storicamente sbilanciato – su questo sono pienamente d’accordo – ma perché credo che la presenza femminile in politica debba essere una conquista naturale, non un obbligo calato dall’alto. Imporre numeri, senza lavorare prima sui presupposti culturali e sociali, rischia di sminuire il valore delle competenze, e perfino di alimentare nuovi stereotipi. Quello che serve davvero è rimuovere gli ostacoli invisibili, quei limiti culturali e pratici che ancora oggi condizionano l’accesso delle donne agli spazi decisionali. Dobbiamo superare l’idea che una donna in politica sia un’eccezione, un caso particolare, e iniziare a riconoscerla per quello che è: un valore aggiunto. Credo molto nel tema della conciliazione tra tempi di vita e tempi della politica. Non è solo una questione organizzativa, ma di visione. Le donne spesso portano in politica una prospettiva più concreta, più aderente alla vita reale delle famiglie, più capace di comprendere complessità che troppo spesso vengono semplificate o ignorate. Per questo confido più in un cambiamento culturale che in una norma. Le regole aiutano, ma è la mentalità che deve cambiare.